Perché Travaglio pagherà migliaia di euro a Renzi

Stangata per il direttore de Il Fatto Quotidiano: dovrà pagare Matteo Renzi per una serie di articoli giudicati diffamatori. Al risarcimento a 5 cifre si aggiungono le spese legali e gli interessi

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Marco Travaglio è stato condannato a pagare oltre 80mila euro a Matteo Renzi a titolo di risarcimento danni per una serie di articoli giudicati diffamatori. La notizia è stata data da Renzi sul suo profilo Facebook e pubblicata da Il Riformista, testata diretta dallo stesso leader di Italia Viva.

Marco Travaglio condannato per diffamazione

Il direttore de Il Fatto Quotidiano dovrà inoltre farsi carico delle spese legali e degli interessi.

“Per anni ho subito in silenzio, sbagliando”, accusa Renzi su Facebook. “La condanna di oggi non azzera le sofferenze per il passato ma pone una domanda agli addetti ai lavori della comunicazione: come può un diffamatore seriale che ha una collezione record di condanne continuare a fare la morale agli altri tutti i giorni in TV? Mistero. Intanto un pensiero alla mia famiglia che ha dovuto subire il peso di tutte le infamie e a tutti gli amici che non ci hanno mai abbandonato”.

Il Riformista ha scritto che gli articoli che hanno spinto Renzi a fare querela per diffamazione sono 51 e quasi tutti a firma di Travaglio, ma non ha specificato quali siano. Sarebbero invece 14 i pezzi incriminati secondo altre testate che hanno avuto modo di visionare il dispositivo della sentenza.

Il giornalista già in passato era stato condannato due volte per avere diffamato Tiziano Renzi, padre del leader di Italia Viva.

Cosa ha scritto Travaglio su Renzi

Diversi gli epiteti rivolti all’ex presidente del Consiglio: “bullo”, “ducetto, “cazzaro”, “mollusco”, “disperato”, “caso umano”, “mitomane”, “stalker”, “cozza”, “criminale”.

La condanna “dimostra che davvero il tempo è galantuomo“, ha poi aggiunto Renzi in un post successivo. “La quantità di fango che ci hanno buttato addosso in questi anni, e che qualcuno continua a fare con attacchi personali, è senza precedenti. Hanno usato FakeNews e insulti per rendermi un mostro, ma non sono riusciti a spegnere la nostra passione politica. E io sono sempre qui. Carico come sempre, più di sempre. E ho una voglia matta di lottare per cambiare le cose, per trasmettere entusiasmo, per generare speranza…”

Il Corriere della Sera ha raccolto il commento di Lorenzo Pellegrini, avvocato di Renzi: “La sentenza è importante perché precisa come l’epiteto ‘bullo’, sebbene non autonomamente diffamatorio, se ripetuto costantemente lede addirittura l’identità personale e politica del soggetto offeso. Importante anche il riconoscimento delle cosiddette campagne diffamatorie, dove il senatore Renzi veniva costantemente accostato a indagini penali a cui era estraneo”.

Secondo il tribunale civile di Firenze ogni comportamento contestato è ascrivibile solo al direttore Marco Travaglio e alla Società editoriale il Fatto S.p.A. “in solido tra loro” poiché dovuto “alla linea editoriale del quotidiano, più che ai singoli autori degli articoli”. Per questo motivo due cronisti, citati in giudizio dall’ex premier, non sono stati condannati.

La sentenza di condanna per diffamazione verrà pubblicato per una volta su Il Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa, a caratteri doppi rispetto a quelli normali e per almeno tre giorni sulla versione cartacea de Il Fatto Quotidiano e sulla versione online IlFattoQuotidiano.it.

Matteo Renzi aveva chiesto 2 milioni

Renzi nella sua querela aveva chiesto 2 milioni di euro.

Lo scorso anno Travaglio e il suo giornale sono stati condannati, sempre per diffamazione, a risarcire l’allora presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Incassata la soddisfazione per la vittoria in tribunale, Matteo Renzi pensa alle elezioni europee della primavera 2024: la sua strategia è un accordo elettorale per oltrepassare la soglia del 3%.