Gianfranco Miccichè indagato per peculato e truffa: divieto di dimora a Cefalù

L'auto blu inguaia Gianfranco Miccichè: il rais del centrodestra siciliano è al centro di un'indagine per peculato, truffa aggravata ai danni dell’Ars e false attestazioni sulla presenza in servizio del suo autista

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

In Sicilia, e non solo, il nome di Gianfranco Miccichè ha un peso. Contro il deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana in quota Forza Italia, nonché ex presidente dell’Ars e ministro nell’era Berlusconi, il gip di Palermo ha disposto il divieto di dimora a Cefalù, rinomata località balneare. Sulla testa di Miccichè pesa un’indagine per peculato, truffa aggravata ai danni dell’Ars e false attestazioni sulla presenza in servizio di un dipendente pubblico.

Gianfranco Miccichè e l’uso dell’auto blu

Secondo l’ipotesi della procura, Micciché avrebbe utilizzato l’auto istituzionale per una serie di questioni private come trasportare il gatto dal veterinario. Avrebbe poi chiesto al suo autista di percorrere i 71 km che separano Cefalù da Palermo per portare una tanica di benzina a sua moglie che era rimasta in panne. L’auto blu sarebbe poi stata utilizzata, fra le altre cose, anche per farsi portare due teglie di pasta al forno il giorno del suo compleanno. E poi ancora, per viaggi privati e visite mediche.

Sarebbero decine e decine gli utilizzi indebiti dell’Audi istituzionale in uso a Gianfranco Miccichè nel periodo tra marzo e novembre del 2023.

Gli utilizzi indebiti dell’auto blu avrebbero portato nelle tasche del suo autista, Maurizio Messina, indennità per false missioni pari a 10.736 euro. I rimborsi per l’autista, di volta in volta, andavano da meno di 100 euro a quasi 400.

Il gip ha disposto il sequestro di 2.138 euro a carico di Gianfranco Miccichè: si tratta del costo dell’utilizzo improprio dell’auto.

Cosa ha portato all’indagine su Miccichè

Il filone su Miccichè è una costola di un’indagine più ampia su reati contro la pubblica amministrazione commessi da politici regionali siciliani.

Nel 2023 gli investigatori avevano già notato un utilizzo anomalo dell’auto blu da parte di Gianfranco Miccichè: il politico era stato visto recarsi a più riprese presso il ristorante di Villa Zito, per acquistare cocaina dal gestore, già arrestato per spaccio. Miccichè aveva inizialmente negato di fare uso di cocaina, ammettendo però di averlo fatto in passato. Successivamente aveva cambiato versione, ammettendone l’utilizzo.

Dopo l’indagine su Giovanni Toti e alcuni noti imprenditori liguri, arriva adesso un’altra tegola per il centrodestra a pochi giorni dalle elezioni Europee.

L’accusa della procura a Gianfranco Miccichè

Il gip scrive che Miccichè aveva “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura”. Il deputato avrebbe adibito il suo autista, dipendente dell’Assemblea Regionale Siciliana, “di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore”. Il gip sostiene che gli elementi raccolti “restituiscono un quadro a dir poco desolante, caratterizzato da un costante piegamento all’assolvimento di interessi del tutto privati di un bene in dotazione a una pubblica amministrazione e con una regolamentazione del suo utilizzo a destinazione pubblicistica”. Secondo il gip Micciché “serbando il tipico atteggiamento uti dominus“, cioè come se ne fosse il proprietario, “sulla vettura di servizio, si è di fatto appropriato della stessa non solo a suo piacimento del mezzo e del relativo autista per le più varie esigenze di carattere personale ma consentendo anche che ne disponessero un analoga maniera i suoi familiari (la moglie) e i suoi collaboratori domestici”.