Perché gli Usa si sono decisi a sbloccare gli aiuti per l’Ucraina?

Dopo mesi di stallo al Congresso Usa, gli aiuti militari e finanziari all'Ucraina sono stati infine sbloccati. La Russia intanto non sta a guardare e bombarda senza sosta

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Dopo mesi di stallo al Congresso Usa, gli aiuti militari e finanziari all’Ucraina sono stati infine sbloccati. Durante questo lasso di tempo in cui apparati e parlamentari americani si mostravano indecisi, la resistenza agli invasori russi si è logorata in maniera spaventosa, lasciando Kiev con pochi soldati e pochissimi mezzi rispetto alla Russia.

La decisione della Camera dei Rappresentanti statunitense deve ancora essere confermata dal Senato e firmata dal presidente Joe Biden, ma non dovrebbero esserci brutte sorprese o cambi di rotta al riguardo. Ma perché gli Stati Uniti si sono decisi proprio adesso a stanziare i fondi per Kiev?

I timori per una vittoria militare e politica russa

Ora l’Ucraina ci crede di nuovo. Dopo mesi di stallo, appelli inascoltati, porzioni di territorio conquistate dalle forze russe e migliaia di morti forse evitabili, l’approvazione del nuovo pacchetto di aiuti da 61 miliardi di dollari da parte della Camera Usa fa tirare un sospiro di sollievo a Volodymyr Zelensky. In attesa del voto del Senato, il presidente ucraino attende con trepidazione non solo gli indispensabili proiettili da 155 mm e i pezzi di artiglieria, ma anche i sistemi Patriot. Questi ultimi, in particolare, sono diventati davvero indispensabili se il Paese invaso vuole impedire a Mosca di sfondare il fronte difensivo ucraino e prendere città cruciali come Kharkiv e Odessa. Il presidente repubblicano della Camera, Mike Johnson, inizialmente ostile agli aiuti, ha cambiato idea affermando di non volersi “dalla parte sbagliata della storia”, che con l’ulteriore stallo del sostegno a Kiev avrebbe cioè portato alla vittoria russa. Una decisione che, va sottolineato, ha trovato d’accordo anche Donald Trump, fervente oppositore dell’impegno americano per armare e finanziare una guerra “degli europei”. L’ex presidente non ha infatti posto il suo veto, quando è stato interpellato da Johnson.

Lo sblocco degli aiuti non poteva più attendere oltre. L’amministrazione Biden si è resa conto che il sentimento popolare ucraino, che è ciò che conta davvero in un Paese, stava perdendo fiducia e convinzione nell’Occidente. La promessa di protezione appariva sempre più come un calcolo politico sulla pelle dei cittadini ucraini, che a quel punto avrebbero potuto vedere nella “vecchia madre Russia” la vera alternativa per la cessazione delle ostilità. Secondo alcuni sondaggi indipendenti, molti ucraini delle zone russofone del Paese avevano cominciato a pensare se non fosse meglio “tornare” sotto il Cremlino per salvare le loro vite e il loro futuro. Un pensiero diffuso soprattutto tra le famiglie che non vedono i loro cari, inviati al fronte, da due anni, con la nuova mobilitazione generale e la legge marziale che hanno impedito licenze, riposi, ritorno a casa e ricambio delle truppe. Al fronte, le unità ucraine sono apparse sempre più demoralizzate dall’incapacità di rispondere al fuoco di artiglieria russo, a causa della mancanza di munizioni. A complicare il tutto è intervenuto anche l’aiuto occidentale offerto a Israele contro il maxi attacco iraniano, visto dagli ucraini come la conferma di un maggiore interesse americano per il Medio Oriente e, di più, un autentico abbandono di Kiev al suo destino.

Nel frattempo la macchina della propaganda del Cremlino lavorava ai fianchi e cavalcava questo comune sentire, cercando di sfiduciare il governo Zelensky e la causa ucraina agli occhi dei cittadini. Il che non gli ha però impedito, una volta approvato il pacchetto di aiuti, di scagliarsi verbalmente contro gli Usa esorcizzando il rinnovato impegno ed evocando la disfatta del Vietnam, mentre i bombardamenti proseguono senza tregua su tutto il territorio, da Zaporizhzhia a Odessa. L’intento di Mosca è infatti quello di approfittare della debolezza ucraina prima che arrivino le armi e i mezzi occidentali. Aspettiamoci dunque un inasprimento crescente degli attacchi sulle città ucraine. Zelensky lo sa e si è rivolto con rinnovato entusiasmo ai suoi cittadini il giorno dopo la notizia dello sblocco degli aiuti statunitensi. “L’Occidente non ci ha abbandonato”, tradotto: è agli Usa, alla Nato e all’Ue che dobbiamo continuare ad affidarci, senza pensare neanche un secondo di guardare a Vladimir Putin.

Gli aiuti Usa all’Ucraina basteranno a evitare la sconfitta?

La domanda è cruciale e, ovviamente, non ha una risposta certa. Secondo l’Istituto per lo studio della guerra (Isw), le forze di difesa ucraine saranno in grado di indebolire l’offensiva russa, a condizione però che gli aiuti militari statunitensi arrivino rapidamente. Il centro studi americano continua a ritenere che la resistenza agli invasori potrebbe subire ulteriori battute d’arresto nelle prossime settimane, in attesa degli armamenti occidentali che consentiranno di stabilizzare il fronte. Tuttavia, si legge nel rapporto degli analisti, “probabilmente i nuovi aiuti saranno in grado di indebolire l’attuale offensiva russa se l’assistenza statunitense riprenderà in modo tempestivo”.

Nel ringraziare gli Usa, il leader ucraino ha tuttavia ripetuto come un mantra che la resistenza e la vittoria ucraine passano per i cieli. “I Patriot possono essere definiti sistemi di difesa aerea solo se funzionano e salvano vite umane invece di restare immobili da qualche parte nelle basi di stoccaggio. I Patriot devono essere in mano agli ucraini in questo momento”, è l’appello lanciato da Zelensky sui social. Il Capo di Stato ucraino conta sul fatto che, quando arriveranno i nuovi armamenti, Kiev riuscirà potenzialmente a sfidare la superiorità aerea della Russia e operare sulle sue linee di rifornimento rallentando l’avanzata e contrattaccando.

Nei fatti è però ancora più difficile stabilire se le nuove forniture militari consentirebbero all’Ucraina addirittura una controffensiva. Francamente pare uno scenario assai improbabile, per non dire impossibile. Ciò che è certo è che i sistemi di difesa missilistici e gli armamenti a lungo raggio permetterebbero a Kiev di puntare meglio alla difesa dei centri strategici di Kharkiv e Odessa, nonché a esercitare una maggiore pressione nel Mar Nero e sulla Crimea, dove Kiev sembra invece mettere in difficoltà i russi. Nell’attesa degli aiuti, Zelensky calca la mano e cerca di rinnovare in cittadini e soldati il timore di un attacco finale russo. Secondo il presidente ucraino, Mosca vuole mobilitare 300mila combattenti entro il 1° giugno. Non solo: entro il 9 maggio, giorno in cui i russi celebrano la vittoria sul nazismo nella Seconda Guerra Mondiale, gli invasori puntano a occupare la cittadina di Chasiv Yar, nel Donetsk. “Recentemente sono stato nella regione e ho parlato con i combattenti. I combattenti non hanno l’equipaggiamento per combattere i droni da ricognizione russi, che correggono in modo accurato il fuoco dell’artiglieria russa, e c’è anche una carenza di proiettili. Mi aspetto che saremo in grado di resistere all’arrivo delle armi in tempo e saremo in grado di respingere il nemico. E poi distruggere i piani della Russia per una controffensiva su vasta scala a giugno”, ha sottolineato Zelensky.

La reazione della Russia

La decisione del Congresso statunitense non poteva non scatenare la reazione del Cremlino che, oltre a intensificare i raid sul Paese invaso, ha risposto con la consueta propaganda. Secondo il portavoce Dmitry Peskov, il nuovo pacchetto di aiuti americani “non cambierà la situazione sul campo di battaglia, ma porterà anzi a un aumento del numero dei morti ucraini”. Sulla stessa linea anche le dichiarazioni della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: “L’immersione sempre più profonda degli Stati Uniti in una guerra ibrida contro la Russia si tradurrà nello stesso clamoroso e umiliante fiasco avvenuto in Vietnam e Afghanistan“. E tuona: “In ogni caso, i tentativi febbrili volti a salvare il regime neonazista di Zelensky sono destinati al fallimento”.

Replicando al crudo sarcasmo di Mosca, Zelensky afferma che l’Ucraina non diventerà “un secondo Afghanistan”. Secondo il presidente ucraino, gli Usa e i loro alleati “resteranno a fianco dell’Ucraina, proteggeranno gli ucraini e la democrazia nel mondo”.

Il ruolo dell’Ue e degli alleati negli aiuti all’Ucraina

Dopo aver gioito per l’approvazione degli aiuti all’Ucraina da parte del Congresso statunitense, “noi europei abbiamo ora il dovere di non abbassare la guardia”. Questa frase altamente significativa del nuovo ruolo attribuito all’Europa dagli stanchi Usa è stata pronunciata, al suo arrivo in Lussemburgo, dalla nuova ministra degli Esteri lettone, Baiba Braze. Secondo l’esponente di uno di quei Paesi Baltici ex-sovietici che rappresentano la vera avanguardia antirussa al confine europeo, gli alleati Ue “devono essere uniti non solo nella fornitura continua di assistenza militare all’Ucraina”, dalla quale “dipende la stessa stabilità globale”, ma anche nell’inasprimento del regime di sanzioni nei confronti di Russia e Bielorussia. In particolare l’Ue deve “rafforzare la lotta all’aggiramento delle sanzioni e a seguire l’esempio lettone e destinare una quota fissa del Pil al sostegno di Kiev”.

Alle parole di Braze hanno fatto eco quello del ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis. “Siamo felici per i nuovi fondi americani, ma dobbiamo già concentrarci sul domani e su come non far mancare nuovamente il sostegno militare all’Ucraina”. Il politico lituano ha in particolare sottolineato la necessità di aderire alle varie iniziative dei Paesi europei per la fornitura di droni, sistemi di difesa aerea e munizioni all’Ucraina e ha invitato all’adozione di severe sanzioni contro l’industria militare dell’Iran, colpevole di “agire con la suq capacità produttiva sui fronti ucraino e israeliano”.

Dopo lo sblocco degli aiuti americani, l’Ucraina guarda inoltre al Consiglio Esteri-Difesa Ue, dal quale non ci si aspettano decisioni concrete. Ma di fornitura di sistemi di difesa aerea comunque si parlerà, seppur al netto delle eterne divisioni interne tra i Paesi europei. Come dimostra la posizione dell’Ungheria espressa dal premier Viktor Orban: “Siamo a un passo dall’invio di truppe da parte dell’Occidente in Ucraina. Si tratta di un vortice di guerra che può trascinare l’Europa nel baratro. Bruxelles gioca col fuoco, ma Budapest ne resterà fuori”.

Ue e Nato pressano Grecia a Spagna per i sistemi di difesa all’Ucraina

La questione cruciale della fornitura dei sistemi di difesa aerea all’Ucraina scatena ovviamente il dibattito in Occidente su chi dovrà metterli a disposizione. Secondo il Financial Times, Grecia e Spagna “sono sotto forte pressione da parte dei loro alleati Ue e Nato affinché forniscano più sistemi di difesa aerea all’Ucraina”.

L’Ucraina ha già chiesto urgentemente agli alleati sette sistemi di difesa aerea, come i Patriots di fabbricazione statunitense o gli S-300 di fabbricazione sovietica, ma soltanto la Germania ha annunciato la fornitura a breve di un altro sistema Patriot. “Altri leader Ue hanno utilizzato un vertice a Bruxelles la scorsa settimana per sollecitare personalmente i primi ministri spagnolo e greco, Pedro Sanchez e Kyriakos Mitsotakis, a donare alcuni dei loro sistemi all’Ucraina”. Citando funzionari vicini al dossier, il Financial Times aggiunge che i due Paesi europei hanno a disposizione più di una decina di sistemi Patriot e varie unità S-300.