Le parole di Trump preoccupano: “La Russia attacchi i Paesi Nato che non spendono per la Difesa”

L’ex presidente degli Stati Uniti ha ammesso che incoraggerebbe la Russia a fare “quel diavolo che vuole” a qualsiasi Paese membro della Nato

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Donald Trump è amico da molti anni con Vladimir Putin e la cosa non è nascosta. Tuttavia, durante un comizio elettorale a Conway, nella Carolina del Sud, l’ex presidente degli Stati Uniti ha espresso apertamente il suo sostegno affinché la Russia possa agire liberamente contro qualsiasi Paese membro della Nato che non rispetti gli accordi di spesa per la difesa.

Durante il comizio, Trump ha rivelato che “uno dei presidenti di un grande Paese” gli ha chiesto se gli Stati Uniti avrebbero ancora garantito la difesa del Paese nel caso fosse stato invaso dalla Russia, anche se non avesse rispettato gli standard di spesa della Nato, ovvero il 2% del PIL per la difesa. La domanda era: “Se non paghiamo, ci proteggerete comunque?” Alla quale Trump ha risposto categoricamente: “Assolutamente no”. Ha aggiunto di aver detto al presidente in questione: “Se non paghi, sei un delinquente. Non ti proteggerò.” 

Le parole della Casa Bianca e di Stoltenberg

Le dichiarazioni di Donald Trump hanno suscitato una forte reazione alla Casa Bianca, che le ha definite “spaventose e sconvolgenti”, sottolineando gli sforzi del presidente Joe Biden nel rafforzare le alleanze internazionali. Il portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha dichiarato: “Il presidente Biden ha ripristinato le nostre alleanze e ci ha reso più forti nel mondo perché comprende che la prima responsabilità di ogni comandante in capo è quella di mantenere il popolo americano al sicuro e rimanere fedele ai valori che ci uniscono. Incoraggiare le invasioni dei nostri più stretti alleati da parte di regimi assassini è spaventoso e sconvolgente – e mette in pericolo la sicurezza nazionale americana, la stabilità globale e la nostra economia interna.”

La risposta alle dichiarazioni del candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti è stata fornita direttamente da Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato. Stoltenberg, ex primo ministro norvegese e alla guida della Nato dal 2014, ha sottolineato che l’Alleanza Atlantica rimane pronta e in grado di difendere tutti i suoi membri, e che ogni attacco contro la Nato sarà affrontato con una risposta forte e unita. In una nota, Stoltenberg ha affermato: “Ogni affermazione che suggerisca che gli alleati non difenderanno reciprocamente mina la nostra sicurezza, inclusa quella degli Stati Uniti, e mette in pericolo sia i soldati americani che quelli europei. Indipendentemente dall’esito delle elezioni presidenziali, mi aspetto che gli Stati Uniti rimangano un forte e impegnato alleato della Nato”.

Il mancato rispetto del target del 2%

Le dichiarazioni dell’ex presidente aumentano le preoccupazioni nelle cancellerie di molti Paesi occidentali, che stanno diventando sempre più rassegnati alla possibilità di un suo secondo mandato. Tuttavia, il contenuto del messaggio lanciato da Trump non sorprende più di tanto. In un altro evento della campagna elettorale poche settimane fa, il magnate ha ribadito la sua posizione non escludendo il ritiro degli Stati Uniti dalla Nato, sostenendo che gli alleati “devono trattarci in modo equo: hanno sfruttato il nostro Paese sul fronte commerciale, beneficiando della nostra protezione militare”.

Il candidato repubblicano non è il primo presidente degli Stati Uniti ad aver sollevato la questione del mancato rispetto del target del 2% del Pil nelle spese per la difesa da parte dei membri della Nato. Già George W. Bush e Barack Obama avevano infatti evidenziato questa problematica ai partner dell’Alleanza, soprattutto dopo l’occupazione russa della Crimea nel 2014. Tuttavia, è importante notare che né Bush né Obama avevano mai minacciato il ritiro degli Stati Uniti dalla Nato. È da sottolineare che nel 2014 solo tre Paesi membri dell’Alleanza avevano raggiunto l’obiettivo del 2% di spesa per la difesa, ma entro il 2022 questo numero è salito a sette.

Cos’è il burden sharing

Il tema del burden sharing, ossia la condivisione del peso degli impegni presi durante il Summit Nato dei Capi di Stato e di Governo tenutosi in Galles nel settembre 2014, rimane un argomento di grande attualità.

Il burden sharing prevede che entro il 2024 ogni Stato membro si sforzi di raggiungere tre obiettivi:

  • Destinare il 2% del proprio Pil alle spese per la difesa (“cash”).
  • Assegnare il 20% della propria spesa militare agli investimenti nella difesa.
  • Contribuire alle missioni, operazioni e altre attività della Nato.

Questi obiettivi sono stati stabiliti al fine di garantire una maggiore equità e solidarietà all’interno dell’Alleanza Nato, assicurando che tutti i membri contribuiscano in modo proporzionale e adeguato alla sicurezza collettiva.

L’ex presidente americano si riferisce all’impegno assunto dagli Stati membri della Nato nel corso del Summit Nato del 2014 a Galles. Durante quel summit, i membri dell’Alleanza avevano concordato di aumentare le loro spese per la difesa fino al raggiungimento dell’obiettivo del 2% rispetto al Pil. Questo impegno è stato ribadito a Varsavia nel 2016 con il cosiddetto “Defence Investment Pledge”. In altre parole, l’ex presidente americano sta sollevando la questione del rispetto di tali impegni da parte dei membri della Nato.

I Paesi Nato che Trump non difenderebbe: c’è anche l’Italia

Come spiega un documento della Camera dei deputati dello scorso ottobre, i Paesi che secondo le stime Nato riferite al 2023 hanno raggiunto questa soglia sono undici (su 31).

Oltre agli Stati Uniti (3,49%), sono in linea con l’obiettivo del 2% la Polonia (3,9%), la Grecia (3,01%), l’Estonia (2,73%), la Lituania (2,54%), la Finlandia (2,45%), la Romania (2,44%), l’Ungheria (2,43%), la Lettonia (2,27%), il Regno Unito (2,07%) e la Slovacchia (2,03%).

I Paesi che registrano le spese militari più basse in rapporto al Pil sono il Lussemburgo (0,72%), il Belgio (1,13%) e la Spagna (1,26%). Al di sotto del target del 2% e quindi inclusi nella “lista nera” di Trump ci sono anche la Turchia, la Slovenia, il Canada, l’Italia, il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Germania, la Danimarca, la Norvegia, i Paesi Bassi, l’Albania, la Croazia, la Bulgaria, la Macedonia del Nord, il Montenegro e la Francia. La Finlandia, sebbene sia un nuovo membro della Nato, si colloca appena al di sotto del 2% ma ha dichiarato l’intenzione di portare la spesa al 2,3%.

Secondo il rapporto Nato del 2023, l’Italia ha destinato l’1,46% del Pil alle spese militari. Nel 2022 questa percentuale era dell’1,51%, mentre nel 2020 era dell’1,59%. Il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa per il triennio 2023-2025 prevede una spesa di 29,7 miliardi di euro per il budget della Difesa nel 2023. Riguardo all’obiettivo del 2%, il documento stabilisce che l’obiettivo nazionale è raggiungere il 2% delle spese per la difesa sul PIL entro il 2028.