Secondo un recente rapporto pubblicato da Conflict Observatory, Vladimir Putin ha confinato più di 6.000 bambini ucraini in quelli che il suo governo ha ribattezzato “campi di rieducazione”. Si tratta di luoghi ufficialmente destinati all’indottrinamento dei più piccoli, l’ultimo orrore russo ai danni del popolo dell’Ucraina.
Putin trascina i bambini nei “campi di rieducazione” in Russia
Da diversi mesi a questa parte, purtroppo, ci siamo abituati a sentir parlare di guerra e di crimini commessi contro civili e innocenti. Questa volta, però, la notizia ha un sapore più amaro, perché coinvolge i più piccoli. Stando a quanto riportato nello studio finanziato dal Dipartimento di Stato USA e pubblicato dal Conflict Observatory – un hub centrale per acquisire, analizzare e rendere ampiamente disponibili le prove dei crimini di guerra perpetrati dalla Russia – dall’inizio del conflitto a oggi, bambini di età diversa (alcuni piccolissimi, di appena quattro mesi) sono stati portati in campi dislocati in tutta la Russia di Putin.
Su quello che succede esattamente all’interno di questi luoghi si sa ancora relativamente, non ci sono prove che i minori vengano inviati a combattere in prima linea, ma in alcuni casi i più grandi vengono addestrati a maneggiare attrezzature militari, guidare camion e sparare con armi da fuoco, afferma il rapporto. Il laboratorio di ricerca umanitaria (HRL) della Yale School of Public Health ha identificato 43 strutture coinvolte nella detenzione di bambini ucraini, nate a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022. Alcuni di questi campi sono raggruppati attorno al Mar Nero, mentre altri sono vicini alle principali città, tra cui Mosca e Kazan. Undici campi si trovano a circa 500 miglia dal confine con l’Ucraina.
L’ultimo orrore russo ai danni del popolo ucraino
Come si legge nel rapporto ufficiale, i campi di rieducazione sono “coordinati centralmente dal governo federale russo”. Da quello che è emerso, inoltre, molti bambini, dopo essere rimasti orfani o una volta evacuati dal fronte, sono stati portati con la forza nei campi (e molti altri continuano ad essere trasferiti in questi luoghi tutt’oggi).
Alcuni sono stati mandati in queste strutture addirittura col consenso dei genitori, perché spacciati spacciati per “campi ricreativi” e di accoglienza, dove i figli sarebbero potuti rimanere per un periodo di tempo concordato, ma poi non sono più tornati.
La maggior parte sono in realtà strutture in cui i bambini vengono portati per apparenti vacanze, oppure utilizzate per ospitare bambini destinati all’affido o all’adozione. Nella maggior parte dei campi, però, si stanno portando avanti “attività di rieducazione filo-russi”, con tanto di addestramento militare a il divieto di far ritornare i bambini dai genitori in Ucraina.
Se così venisse approvato e dimostrato anche in tribunale, si tratterebbe in tutto e per tutto di un crimine di guerra, che potrebbe costare carissimo a Putin.
Lo scopo principale di questi programmi sembra essere la “rieducazione politica”: almeno 32 (il 78%) dei campi identificati da Yale HRL sembrano impegnati in esperienze accademiche, culturali, patriottiche, e/o di istruzione militare. Numerose strutture approvate dalla Federazione Russa sono pubblicizzate come “enti di integrazione”, con l’apparente obiettivo di abituare al meglio i bambini ucraini a pensare e vivere secondo la visione del governo russo della cultura, della storia e della società nazionale.
Alla richiesta di chiarimenti, il governo di Mosca ha negato le accuse e l’esistenza stessa di tali centri, dichiarando a NBC News che si trattava di affermazioni “infondate e congetture volte a screditare la Russia”.