La terza fase della guerra tra Israele e Hamas “durerà più a lungo” rispetto alle prime due e comprenderà “diversi tipi di operazioni speciali”. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant non ha dubbi: lo Stato ebraico “non abbandonerà il suo obiettivo di distruggere Hamas”, spezzando il suo controllo su Gaza e liberando gli ostaggi rimasti nelle mani dei fondamentalisti.
Oltre ad allargarsi (come avevamo spiegato qui), il conflitto dunque si allunga e vede la discesa in campo di attori dapprima “indecisi” e impegnati in scontri “a distanza”. Gli Hezbollah sono infatti entrati ufficialmente in guerra, attaccando nella notte postazioni militari israeliane in Alta Galilea, a ridosso del confine con il Libano. Lo Stato ebraico si sente sempre più accerchiato da nemici e pressato dagli Usa, stanchi di competere su più fronti.
Da Gaza al Libano: le nuove operazioni speciali di Israele
In un’intervista al Wall Street Journal, Gallant afferma che le Forze di Difesa israeliane (Idf) stanno chiudendo quella che ha definito “l’intensa fase di manovra della guerra”, per passare a una terza fase inizialmente caratterizzata da “operazioni speciali mirate”. Al New York Times il portavoce militare Daniel Hagari ha aggiunto che la nuova fase sarà “meno intensa” e caratterizzata da un ricorso minore alle forze di terra e agli attacchi aerei. Il tutto vista della visita in Israele del segretario di Stato americano Antony Blinken, rappresentante di quegli Usa che ora cercano di domare il loro Paese satellite in Medio Oriente per convincerlo a intavolare negoziati per il futuro di Gaza.
In questo senso le dichiarazioni del ministro della Difesa rispettano in pieno la linea del premier Benjamin Netanyahu, anche quando afferma che i leader di Hamas “non hanno preso sul serio” l’offensiva israeliana dopo il maxi attacco del 7 ottobre. Secondo Gallant, Israele sta combattendo una coalizione dall’Iran che coinvolge anche altri Stati come lo Yemen degli Houthi (che continuano ad attaccare navi nel Mar Rosso) e che mira a stringere un cappio di nemici attorno allo Stato ebraico.
Le minacce israeliane non risparmiano neanche il confinante Libano. Gallant dichiara infatti che, “se non sarà raggiunto un accordo” che consenta agli abitanti della Alta Galilea di tornare alle proprie abitazioni (che da mesi sono bombardate da Hezbollah), Israele “non esiterà a fare ricorso alla forza”. E aggiunge: “Siamo pronti a fare sacrifici, i membri di Hezbollah vedono cosa succede a Gaza e sanno che abbiamo la capacità di fare un copia-incolla anche con Beirut“. Si prospetta dunque una notevole intensificazione degli attacchi e della risposta di Israele agli avversari filo-iraniani.
La guerra continua e Hamas usa armi della Corea del Nord
Israele ha intensificato i bombardamenti nel sud del Libano, a ridosso della linea di demarcazione. I carri armati hanno colpito anche una moschea. Gli attacchi dello Stato ebraico si sono scagliati con forza ancora una volta anche su Gaza: intensi combattimenti si sono registrati tra 7 e 8 gennaio a Khan Yunis, con l’aeronautica che ha compiuto raid contro almeno 30 obiettivi “significativi” di Hamas nell’area. Gli obiettivi includevano siti sotterranei, depositi di armi e altre infrastrutture.
Intanto l’agenzia di spionaggio della Corea del Sud, il National Intelligence Service (b), ha riferito che Hamas sta utilizzando armi fabbricate in Corea del Nord (come la Russia) nella sua guerra contro Israele. Il tutto nonostante Pyongyang abbia ripetutamente negato di aver fornito armi. La conferma è arrivata anche da fonti dell’intelligence Usa, secondo cui i combattenti di Hamas utilizzano un lanciagranate a propulsione di razzo F-7 di produzione nordcoreana. Una foto, inclusa nel rapporto, mostrava il lanciagranate che riportava una combinazione di caratteri e numeri coreani.