L’Iran minaccia Israele e il Mediterraneo: “La vendetta sarà dura”

Hamas smentisce, ma i semi dell'escalation iraniana del conflitto sono ormai sparsi in Medio Oriente. Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso dallo Yemen lo testimoniano. Cosa succederà?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’Iran minaccia apertamente il suo più acerrimo nemico in Medio Oriente: Israele. Mettendo a morte e giustiziando tre uomini e una donna accusati di essere legati ai servizi segreti israeliani del Mossad, Teheran imprime nuovi rischi di escalation alla guerra che coinvolgono direttamente anche il Mediterraneo sul quale si affaccia Gaza.

Intanto lo Stato ebraico intensifica i suoi attacchi sulla Striscia di Gaza, prendendo deliberatamente di mira i civili palestinesi (qui trovate un’analisi di tutti i crimini di guerra), e sulle principali città della Cisgiordania occupata, in particolare Jenin e Ramallah, sede dell’Autorità Nazionale Palestinese di Mahmoud Abbas.

I Pasdaran iraniani promettono vendetta a Israele

“Non rimarremo in silenzio sugli attacchi e sul martirio dei nostri connazionali, la nostra vendetta sarà seria e dura e porrà fine all’entità sionista“. La minaccia del capo dei Guardiani della Rivoluzione islamica iraniani, il generale Hossein Salami, suona come una tromba dell’apocalisse. Soprattutto se suonata da chi finanzia e supporta le milizie islamiste sciite dell’alveo mediorientale. Le parole di Salami sono piombate come un tuono durante il funerale di Sayyed Razi Mousavi, uno dei più alti comandanti dei Pasdaran in Siria, ucciso in un raid lunedì nei pressi di Damasco.

Nonostante la ferma opposizione a Israele e ai comprovati legami con Hamas, l’Iran ha ribadito come l’operazione “Alluvione di al-Aqsa”, inaugurata dai fondamentalisti della Striscia con il maxi attacco del 7 ottobre, sia un’operazione “puramente palestinese” perché “è il prodotto della sofferenza palestinese, il risultato dell’assalto alla moschea di Al-Aqsa”. La Palestina “è capace di questa operazione e l’ha portata avanti da sola”, ha aggiunto. Mercoledì si sono surriscaldati i toni interni anche tra Pasdaran e Hamas, dopo che i Guardiani della Rivoluzione Islamica hanno dichiarato che l’offensiva del 7 ottobre sia stata “una vendetta per l’uccisione del capo delle forze al-Quds, Qassem Soleimani“, nel 2020. Gli islamisti di Gaza hanno prontamente smentito, sostenendo che l’operazione è stata lanciata in risposta all’occupazione e all’aggressione al popolo palestinese.

Il conflitto si allarga

Dopo gli attacchi nello Stretto di Gibuti a navi che transitano nel Mar Rosso da parte degli Houthi dallo Yemen, lo Stato Maggiore israeliano ha messo in guardia da un’intensificazione del fuoco anche lungo il confine con il Libano. Scontri e raid hanno infatti colpito e chiamato in causa direttamente Hezbollah che, con Hamas, fa parte della cosiddetta “Asse della resistenza”, il nome usato dai gruppi filo-iraniani che si oppongono a Israele.

Intanto spunta un retroscena proprio sul leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che è stato informato dei piani di Hamas per un attacco in grande stile in Israele mezz’ora prima del lancio del maxi attacco del 7 ottobre. Nella ricostruzione de Le Figaro si legge che uno dei comandanti di Hamas che vive in Libano, Saleh al-Arouri, la mattina del 7 ottobre venne avvertito con una telefonata di un imminente assalto in grande stile a Israele, con la richiesta di avvertire il capo del gruppo sciita.

Per Israele il conflitto si allarga dunque a nord (anche in Siria) e a sud, ma anche verso l’interno della Penisola arabica. Lo Stato ebraico si dice pronto a impegnarsi su sette fronti: Gaza, Libano, Siria, Cisgiordania, Iraq e Yemen. E il settimo è l’Iran.