Francia e Germania, vicine e lontane: cosa ci dice la visita di Macron da Scholz

Quella di Macron è una visita storica: la prima in Germania di un presidente francese dai tempi di Chirac. Eppure la sbandierata vicinanza tra Parigi e Berlino è il segno più evidente della loro distanza

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’Europa non esiste, ma Francia e Germania sì. Sembra dire soprattutto questo la storica visita di Stato di Emmanuel Macron in Germania dal cancelliere Olaf Scholz. Storica perché è la prima di un presidente francese in un quarto di secolo e perché, attraverso la vicinanza tra i leader, sottolinea le profonde distanze tra le due nazioni.

Il tutto in un momento in cui la campagna elettorale per le elezioni europee entra nel vivissimo e in cui tutt’intorno il mondo esplode di guerre e competizione geopolitica. Con l’Ue grande e inevitabile assente. In questo vuoto vuole inserirsi prepotentemente la Francia, delegittimata culturalmente nell'”amata” Africa, anche a discapito del primato economico-politico tedesco.

Asse franco-tedesco cuore d’Europa e minaccia russa: Macron vola a Berlino da Scholz

L’Europa comunitaria è il risultato della saldatura dell’asse franco-tedesco, temprato a freddo dall’egemonia statunitense dal Dopoguerra in poi. Il primo messaggio portato da Emmanuel Macron a Berlino è stato proprio questo: incontrando il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier, il presidente francese ha voluto subito rilanciare la centralità geopolitica dei due Paesi per il Vecchio Continente. Asse franco-tedesco “cuore d’Europa”, dunque, ma minacciato da numerose crepe che si sono aperte tra Parigi e Berlino negli ultimi mesi su questioni fondamentali, dal sostegno all’Ucraina alle relazioni commerciali con la Cina. Per questo Macron ha avvertito come necessaria un’azione dimostrativa di consolidamento, a favore di telecamere, con il cancelliere Olaf Scholz, sottolineando la pressione di “nemici” esterni, come la Russia, e interni, come le forze sovraniste.

“Vedo molto più ciò che ci unisce, e la nostra capacità di affrontare le sfide odierne, piuttosto che gli elementi che ci dividono. La relazione franco-tedesca è centrale in Europa ed è necessaria affinché l’Europa progredisca”, ha dichiarato enfaticamente Macron all’inizio della sua tre giorni in Germania, prima visita “di Stato” (e non semplicemente “di lavoro”, come ne sono state molte) di un presidente francese da quella compiuta da Jacques Chirac 24 anni fa. Ci sono “abbastanza prove che, nonostante i punti di partenza diversi, alla fine ci troveremo d’accordo”, ha confermato Steinmeier parlando pubblicamente col presidente francese. Dal punto di vista tedesco, il tappeto steso ai piedi del capo dell’Eliseo non poteva essere più rosso: Macron è l’unico Capo di Stato invitato in un’occasione più che solenne in Germania, e cioè il 75esimo anniversario della Costituzione nazionale.

Il programma della missione francese in terra tedesca ci dice molto delle velleità dei due Paesi. A partire dalla firma a Dresda di accordi bilaterali su vari temi, tra cui Intelligenza Artificiale e “protezione del clima”. Di contro, nella città di Meseberg verranno invece al pettine grossi nodi: Macron rilancia i propositi di autonomia strategica sulla Difesa europea e di protezione dalla concorrenza economica di Cina e Usa, mentre Scholz ribadisce l’inscalfibile atlantismo e non intende rovinare i rapporti con Pechino, decisivo partner commerciale della Germania. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, il presidente francese mette ancora una volta sul tavolo l’invio di truppe di terra, trovando di fronte uno Scholz che invece a Kiev non vuole consegnare neanche i missili da crociera Taurus, perché utilizzabili per colpire obiettivi in territorio russo. Il tutto in una cornice geografica che dice molto: a Meseberg, la foresteria del governo federale a nord di Berlino, il 19 giugno 2018 i due Paesi siglarono un cambio di passo del processo di integrazione europea, tramite accordi su migrazioni e stabilizzazione dell’Eurozona.

Qual è il vero messaggio di Macron e cosa vogliono Francia e Germania

La retorica “festa della democrazia” sbandierata dai leader a Berlino avviene però in un momento drammatico. In un’intervista al The Economist pubblicata il 2 maggio, Macron ha affermato che l’Europa “è in pericolo di morte”, come già aveva tuonato ad aprile in un discorso alla Sorbona. Non esistendo l’Europa, soggetto non geopolitico costruito sull’economicismo (tedesco), vuol dire che è la Germania in pericolo di morte. La dichiarazione cerca di smuovere una Germania in crisi economica e politica, ma che è ancora percepita come il motore di un’Europa che – secondo Macron – deve mostrarsi più decisa anche sul piano militare. Anche se, come in Francia col Rassemblement National, anche la Germania sperimenta la crescita dell’estrema destra con AfD. Nei momenti di sconvolgimento internazionale e di percepito disimpegno americano nel Continente, è la Francia ad alzare la testa e a proporsi come guida. Ci sta provando ancora una volta Macron, evidenziando le sue capacità di mediazione in ogni direzione internazionale e, dunque, il peso specifico dell’Eliseo in quasi ogni dossier globale. Lo stesso recente incontro a Parigi col presidente cinese Xi Jinping ne è testimonianza. “Non abbiamo mai avuto così tanti nemici all’interno e all’esterno”, secondo il presidente francese, e per questo bisogna andare a votare per i partiti europeisti.

L’appello di Macron si snoda su due livelli: uno ufficiale e propagandistico, l’altro reale. Il primo evidenzia l’invito alla coesione europeista franco-tedesca che era stata cementata col Trattato di Acquisgrana del 2019, ma che si è poi arenata su questioni centrali come il sostegno all’Ucraina e l’orientamento della politica economica nei confronti dei concorrenti Usa e Cina. Due potenze che al momento sono più che mai in competizione, ma che non hanno ancora la forza per ingaggiare lo scontro finale. Da qui la dispersione della violenza in conflitti regionali, come quello ucraino e quello di Gaza, in cui le altre potenze anti-occidentali Russia e Iran giocano il loro ruolo imperiale. In un tale contesto, l’Europa rischia di restare un luogo in cui la storia è finita e, dunque, dove viene scritta da altri. Macron ne è convinto ed è determinato a non lasciare la guida dell’Ue alla risorgente Polonia.

Se da un lato non sarà certo la seppur storica visita di Macron a rilanciare il motore franco-tedesco, dall’altra il segnale agli Stati Uniti è chiaro: l’Ue può assumersi l’onere del riarmo contro la minaccia russa e resta il Continente più importante del pianeta. La distanza tra i due cuori d’Europa è però il riflesso delle divisione interne all’Unione, che hanno finito per “contagiare” anche la Nato. Da una parte il braccio politico e dall’altro quello armato dagli Usa in un’Europa tenuta insieme dalla paura della minaccia russa. Un cuore a due velocità non permette tuttavia di correre dietro al mondo: la Francia non esclude l’intervento militare in Ucraina, la Germania non vuole neanche parlarne; la Francia vuole porre un argine al potere economico della Cina, per la Germania invece è cruciale il commercio con Pechino; la Francia rilancia una Difesa europea autonoma con un fondo comune 100 miliardi di euro, la Germania si oppone. alla fine della fiera la vera Zeitenwende, la “svolta epocale” annunciata da Scholz due anni fa anche in tema di difesa, sembra quella imboccata dal suo vicino francese.