Il Baltico spaventa Putin: cosa può accadere

La frontiera baltica si conferma l'asse più strategico per la Nato e l'Occidente. Con la Finlandia ormai avviata all'ingresso formale nell'Alleanza e la Svezia che "si arma" contro la Russia

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Il Patto Atlantico non è più così atlantico. Il Nordamerica a l’Europa del 1949, anno di sottoscrizione del Trattato del Nord Atlantico, sono lontanissimi parenti dell’Occidente che oggi si schiera compatto con l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia. Non foss’altro perché l’asse strategico dell’Alleanza si è progressivamente spostato verso il Mar Baltico, cuore pulsante del sostegno occidentale al Paese invaso il 24 febbraio 2022.

Con una Germania che “alza la voce” con sempre maggiore insistenza (e rientra nella rete “legale” di export che fornisce merci sanzionate alla Russia) e una Francia che tenta di smarcarsi dalla sudditanza geopolitica da Washington, gli Usa hanno dato più peso alle velleità di Stati come la Polonia (dove proliferano le industrie militari, le basi americane e i centri di addestramento dei soldati ucraini), la Svezia e la Finlandia in ottica anti-russa. Non è un caso, infatti, che l’ultima abbia annunciato il suo ingresso ufficiale nella Nato (ne avevamo parlato qui) e che Stoccolma stia aumentando la sua presenza militare nel Baltico per contrastare Mosca.

Finlandia nella Nato: come cambiano guerra ed Europa

Le guerre sono tragedie umane, ma anche straordinarie opportunità geopolitiche per gli Stati che sanno approfittare dello sconvolgimento generale. Da sempre. Gli Stati Uniti sono maestri in questo, riuscendo da oltre un secolo a modificare la loro sfera d’influenza a seconda delle esigenze. Ecco che, dunque, subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Svezia e Finlandia hanno chiesto di entrare nella principale struttura politico-militare dell’Occidente: la Nato. Il principio di mutuo soccorso (articoli 4 e 5 del Trattato) è una bella garanzia per non essere aggrediti da una Russia che in passato ha dimostrato grandi mire espansionistiche, soprattutto nei confronti di Helsinki.

Molti analisti affermano che l’ingresso della Finlandia nel Patto Atlantico, ratificato anche dalle dapprima contrarie Turchia e Ungheria, costituisce più che altro una formalità. Dal punto di vista pratico non hanno tutti i torti, mentre dal punto di vista simbolico (altrettanto pratico quanto la sicurezza militare) questa mossa rappresenta un’autentica svolta. Per due motivi principali:

  • infligge una sconfitta politica e ideologica a Vladimir Putin, che con l’opposizione all’allargamento a est della Nato ha rastrellato consensi per anni in patria, mantenendo e consolidando il potere per un ventennio e giustificando le proprie azioni estere. Invasione dell’Ucraina inclusa. Risultato: ora sono circa 1.340 i chilometri che segnano il confine con il blocco Nato. Per giunta a due passi San Pietroburgo, città natale del presidente russo;
  • mette fine alla lunga neutralità della Repubblica scandinava, che in questo modo condividerà ideologie e statuto con i partner euroatlantici, e non più soltanto know-how militare e partecipazione a esercitazioni congiunte.

La Finlandia atlantica cambierà anche per forza di cose gli equilibri europei. Principalmente perché Helsinki si sgancerà definitivamente dai legami economici, logistici e culturali che la connettevano strettamente alla Russia. Il vasto spazio aereo russo non più accessibile e i collegamenti ferroviari interrotti riducono infatti le rotte mercantili verso la Finlandia. Non solo: proiettandosi definitivamente nell’Atlantico, la nazione scandinava rinuncia a ogni rivendicazione sulla Carelia russa, regione abitata da un gruppo etnico-linguistico vicino alla popolazione finlandese.

Perché la Turchia bloccava l’ingresso della Finlandia nella Nato?

Per mesi il presidente turco Erdogan ha posto il veto sull’adesione di Svezia e Finlandia all’Alleanza Atlantica. La cosa “buffa” è che Ankara vi entrò nel 1952 per le stesse motivazioni ufficiali: proteggersi dall’espansionismo russo, nel suo caso nella regione del Mar Nero. Ma perché la Turchia può bloccare l’ingresso di un Paese nella Nato? Perché per ratificare l’ingresso di un nuovo Stato nell’Alleanza ci vuole l’ok da parte di tutti i Paesi membri.

La Turchia di Erdogan (ecco come sarà dopo la terza vittoria alle elezioni presidenziali) si è opposta con veemenza per due motivi principali: il sostegno di Svezia e Finlandia al movimento politico-culturale curdo del PKK (considerata un’organizzazione terroristica anche dall’Ue) e le sanzioni imposte ad Ankara nel 2019 per l’intervento militare turco in Siria (con tanto di embargo sulla vendita di armi). Una volta ottenuto garanzie su questi due punti, Erdogan ha dunque ritirato il veto all’ingresso delle due nazioni scandinave nella Nato. Nel giugno 2022, i due Paesi avrebbero promesso infatti al presidente turco “misure concrete per l’estradizione di criminali terroristi” e la proibizione di “attività di raccolta fondi e reclutamento del PKK e dei suoi affiliati”. Non solo: avrebbero annunciato anche la fine dell’embargo alle armi turche.

Perché la Svezia non è ancora entrata nella Nato?

Pur ribadendo il sostegno alla causa atlantica e ucraina, la Svezia ha preferito muoversi con più cautela sul fronte dell’adesione alla Nato. Il mantenimento del cosiddetto “non allineamento militare” risponde all’esigenza dei socialdemocratici svedesi di non “destabilizzare” l’Europa settentrionale, soprattutto dal punto di vista commerciale, visto il rebus delle acque territoriali e di scambio che caratterizza il Baltico.

Proprio questo mare così strategico, e ormai pieno di mezzi e alleati atlantici, è il metronomo dell’oscillazione svedese sul tema Nato. Le iniziali e perduranti resistenze a schierarsi volevano mantenere una libertà d’azione nell’area scandinava, ma i rapidi mutamenti innescati dalla guerra in Ucraina hanno imposto l’adesione all’Alleanza per il medesimo motivo. Ora infatti Stoccolma può ampliare il suo raggio d’azione nei piani militari regionali solo con garanzie occidentali. La cooperazione militare con la Finlandia, inaugurata otto anni fa, è passata in secondo piano da quando Helsinki ha deciso di dare priorità all’articolo 5 del Patto Atlantico. La Svezia, dunque, non ha potuto più stare a guardare.

L’arma segreta della Svezia

Oltre alle basi navali e militari sul Baltico, la Svezia è pronta a mettere in campo un'”arma segreta” per spaventare Putin. Nell’ambito di un più ampio programma di modernizzazione delle Forze armate, Stoccolma ha ufficializzato l’ingresso nella flotta della nave Sigint Hms Artemis, in sostituzione della “vecchia” Hms Orion. Si tratta di uno snodo importante verso l’ingresso formale nella Nato, poiché aumenta la presenza navale e la capacità di intelligence anti-russa nel Baltico.

Realizzata congiuntamente da Saab e Polska Grupa Zbrojeniowa (PGZ) e varata nel 2019, la Artemis promette a Usa e Nato di contrastare i crescenti episodi di spionaggio russo nel Baltico. Coi suoi 74,6 metri di lunghezza, 14 di larghezza e le sue oltre 3mila tonnellate, la super nave costituisce un mezzo impareggiabile per la Sigint, l’attività di intelligence di raccolta di informazioni mediante l’intercettazione e l’analisi di segnali, sia emessi tra persone sia tra macchine oppure una combinazione di entrambe.

Mar Baltico sempre più atlantico

In definitiva, possiamo affermare che il Baltico sia diventato a tutti gli effetti un “lago atlantico”, compiutamente inserito nello schieramento occidentale a guida statunitense. Che quella baltica sia la frontiera più strategica d’Europa, gli americani lo sanno bene da tempo, come dimostrano le adesioni alla Nato di Estonia, Lettonia e Lituania all’alba del Millennio. E come dimostrano le vibranti proteste di Mosca, che da sempre ritiene inaccettabile un simile “accerchiamento” (ne avevamo parlato anche qui) e la presenza di basi militari ostili al confine “di casa”. La Lituania mitteleuropea, l’Estonia legata alla sfera finlandese e la “mediana” e baltica Lettonia rappresentano il grande cuscinetto geopolitico tra l’Europa occidentale e quella orientale che si vuole strappare all’influenza russa, Ucraina compresa.

Con l’adesione atlantica anche di Svezia e Finlandia, la regione baltica consoliderà la sua notevole opposizione alla Russia nelle acque nordiche. Le basi navali russe di Kaliningrad (l’exclave russa nel cuore d’Europa, come abbiamo spiegato qui), Vysock e Ust’-Luga saranno occhi negli occhi con quelle occidentali di Berga e Muskö (Svezia) e Gdynia (Polonia). Per non parlare delle basi militari atlantiche, che Mosca ha visto quasi raddoppiare in un battito di ciglia.