Biden annuncia il ritiro e dà il suo sostegno a Kamala Harris: cosa succede adesso

Joe Biden si è fatto da parte dopo settimane di pressioni e un crollo nei sondaggi. L'attuale presidente dà il suo appoggio a Kamala Harris

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 22 Luglio 2024 07:53

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato il ritiro dalla corsa per le presidenziali Usa. In una lettera pubblicata sui social, Biden ha comunicato che parlerà alla nazione entro la settimana per fornire ulteriori dettagli e che manterrà la carica di presidente fino alla fine del suo attuale mandato. Successivamente, ha dichiarato di voler sostenere la candidatura alla presidenza della sua vice, Kamala Harris, la quale ha confermato la sua intenzione di candidarsi.

I motivi del ritiro

Un ritiro che sembrava impensabile fino a giugno, ma che dopo il dibattito televisivo del 27 giugno e il conseguente crollo nei sondaggi si è reso necessario. Nell’ultimo mese, la maggioranza dei parlamentari e dei dirigenti del Partito Democratico ha esercitato forti pressioni su Joe Biden affinché ritirasse la propria candidatura per via delle preoccupazioni diffuse riguardo l’età del presidente, che ha 81 anni, e anche dopo diverse gaffe accumulate nel corso dei mesi precedenti, come confusione nel ricordare i nomi o momenti in cui appariva poco lucido. Inoltre, la popolarità del suo sfidante Donald Trump è aumentata dopo lo scampato attentato in Pennsylvania; secondo parlamentari, analisti e soprattutto finanziatori della campagna elettorale, difficilmente Biden sarebbe riuscito a vincere contro il tycoon.

Di fronte ai sondaggi sempre più negativi, gli appelli dei deputati del Congresso e di alcuni senatori sono diventati sempre più pressanti. Tuttavia, la goccia che ha fatto cedere Biden è stata probabilmente il blocco delle donazioni da parte di chi non era più disposto a finanziare una campagna elettorale in declino.

Nonostante se ne parlasse da settimane, sembra che l’annuncio di Joe Biden sia arrivato in modo inaspettato per il Partito Democratico. Secondo il New York Times, lo staff di Biden è stato informato della sua decisione di ritirarsi un minuto prima che lo annunciasse su Twitter. La stessa Kamala Harris, secondo fonti di informazione americane, non sarebbe stata informata della decisione prima di domenica. Biden, che ha il Covid e ha trascorso il weekend nel Delaware con la moglie Jill, avrebbe comunicato la notizia per la prima volta sabato sera alla sua famiglia e ai suoi collaboratori più stretti, chiedendo loro di cominciare a redigere il comunicato.

Come sarà la convention di Chicago

Nonostante Biden abbia annunciato il suo appoggio, per le elezioni presidenziali del novembre 2024, all’attuale vicepresidente Kamala Harris come sua sostituta per “battere Donald Trump”, la sua candidatura non è ancora ufficiale. I Democratici terranno la loro convention a Chicago dal 19 al 22 agosto e ciò che doveva essere un’incoronazione per Biden diventa ora una gara aperta, in cui quasi 4.700 delegati avranno la responsabilità di scegliere un nuovo portabandiera per sfidare il candidato repubblicano Donald Trump in autunno.

Sebbene Biden abbia appoggiato Harris, il percorso non è semplice. Restano irrisolte questioni logistiche, finanziarie e politiche. All’inizio dell’anno, Biden aveva vinto tutte le primarie e i caucus statali, ad eccezione del territorio delle Samoa Americane, e almeno 3.896 delegati si erano impegnati a sostenerlo. Tuttavia, le attuali regole del partito non consentono a Biden di trasferire questi delegati a un altro candidato ed è quindi da vedere se i delegati vorranno appoggiare Harris o un altro nome.

Prima dell’annuncio di Biden, erano già stati indicati come potenziali contendenti il governatore della California Gavin Newsom e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, oltre a Harris. Tuttavia, molti democratici, sia pubblicamente sia in privato, ritengono che la candidatura della prima donna di colore e della prima persona di origine sud-asiatica alla presidenza sia una scelta strategica, data l’importanza cruciale degli elettori di colore, in particolare delle donne, nella nomina di Biden e nella scelta di Harris come sua compagna di corsa.

Il precedente nel 1968

L’ultima volta che un candidato si era ritirato così tardi nella campagna elettorale era il marzo del 1968. Il presidente Lyndon Johnson aveva rinunciato alla rielezione viste le grandi contestazioni causate dalla guerra in Vietnam e le conseguenti divisioni nel partito. I Democratici avevano vissuto una convention molto turbolenta, sempre a Chicago peraltro, caratterizzata anche da proteste e scontri per le strade, finendo per scegliere il vice Hubert Humphrey che poi avrebbe perso contro Richard Nixon.

Chi è Kamala Harris

Nata nel 1963 a Oakland, in California, Kamala Harris è stata la prima donna nera eletta procuratore distrettuale e poi procuratore generale nella storia della California, nonché la prima donna di colore e la prima indiana-americana eletta senatrice, fino a diventare vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Figlia di due attivisti laureati a Berkeley, è cresciuta in un ambiente dove i diritti civili erano al centro dell’attenzione. Come omaggio alle sue origini indiane, la madre ha deciso di chiamarla Kamala, altro nome della dea indù Lakshmi, simbolo dell’emancipazione femminile in India.

Nel 1990 ha superato l’esame da avvocato e ha iniziato a lavorare come assistente procuratore distrettuale a Oakland, occupandosi principalmente di crimini sessuali.

Quattro anni più tardi ha iniziato una relazione con Willie Brown, una figura potente della politica californiana e allora presidente dell’assemblea statale. La sua amicizia con Barack Obama risale al 2004, quando lui correva per il Senato. Durante gli anni a San Francisco, Harris ha combattuto le differenze di genere, la pena di morte, le disuguaglianze sociali e l’eccessiva violenza della polizia. Si parlava di lei come potenziale candidata alla Corte Suprema sotto l’amministrazione Obama.

Nel 2016 ha vinto la corsa al Senato degli Stati Uniti, sconfiggendo Loretta Sanchez, una collega democratica con 20 anni di esperienza. Tuttavia, ha avuto qualche difficoltà sul tema dell’assistenza sanitaria gratuita, inizialmente sostenendo l’abolizione prima di ritrattare la sua posizione. Ha ritardato il suo sostegno a Biden fino a marzo 2020, quando non erano rimaste più donne in corsa e la sua nomina era quasi scontata. Sei giorni dopo le primarie della California, ha dichiarato il suo sostegno a Biden, definendolo un leader capace di “unire le persone”.

La sua vicepresidenza è stata tutt’altro che semplice: i sondaggi di gradimento non l’hanno mai premiata e la gestione di dossier importanti, come quello sull’immigrazione, ha messo in luce la sua inesperienza. Come la conferenza stampa in Guatemala, dove aveva semplicemente detto ai migranti di “non venire”.

In questi quattro anni, Harris è stata considerata quasi unanimemente una vicepresidente che ha deluso molte aspettative. Il ruolo di vicepresidente è già uno dei più difficili e ingrati di tutta la politica americana, e come avrebbe riconosciuto in seguito un ex consigliere di Biden, la presidenza non ha fatto quasi niente per aiutarla a elevare il suo profilo o renderla popolare tra l’elettorato.

Su quanti fondi elettorali può contare Harris

Sul fronte finanziario, la campagna di Biden ha recentemente dichiarato 91 milioni di dollari in contanti, con i comitati elettorali democratici alleati che portano il totale a più di 240 milioni di dollari. Gli esperti di finanza elettorale concordano sul fatto che Harris potrebbe controllare tutti questi fondi, poiché la campagna è stata creata a suo nome e a nome di Biden. Se i Democratici scegliessero un candidato diverso da Harris, i fondi del partito potrebbero comunque andare a beneficio del nuovo candidato, ma il conto Biden-Harris avrebbe maggiori restrizioni. Ad esempio, potrebbe diventare un comitato d’azione politica con spese indipendenti, ma non potrebbe trasferire semplicemente il suo saldo a un altro candidato.

Molto meno di quelli su cui può contare Donald Trump: il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump ha raccolto, durante il secondo trimestre del 2024, quello che va da aprile a giugno, 431 milioni di dollari in donazioni.

In serata, Kamala Harris ha pubblicato un comunicato in cui ringrazia Joe Biden e dichiara di voler “guadagnarsi e vincere la nomination“, affermando che farà tutto il possibile per sconfiggere Donald Trump. Ha inoltre pubblicato un post su X chiedendo ai suoi sostenitori di fare una donazione per la sua campagna.

I commenti al ritiro

Dopo l’annuncio di Joe Biden, molti Democratici hanno pubblicato messaggi di sostegno. Bernie Sanders, senatore indipendente vicino al Partito Democratico ed ex candidato alle primarie del 2020, ha ringraziato Biden su X, scrivendo che “è stato il presidente più a favore dei lavoratori nella storia americana moderna”. L’ex presidente Barack Obama ha pubblicato un comunicato in cui elogia la decisione di Biden, definendola “un testamento” del suo amore per il paese, ma non menziona Kamala Harris, esprimendo solo “straordinaria fiducia nel fatto che i leader del nostro partito riusciranno a creare un processo dal quale emergerà la migliore candidatura”.

Commenti sono arrivati anche dall’Italia: con il ritiro di Biden “non cambia nulla nei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Era una decisione attesa. Non penso che questo cambio in corsa possa cambiare di molto l’esito delle elezioni, ma vedremo”, ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto.

“Il passo indietro annunciato dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden è un atto di responsabilità verso il suo Paese, i suoi concittadini e anche il suo partito”, dice così Giuseppe Conte, leader M5S, mentre il leader di Azione, Carlo Calenda, in un post su X afferma: “Da ogni prospettiva – economia, lavoro, salari, investimenti, politica estera – quella di Biden è stata una grande presidenza. Non aveva evidentemente la forza fisica per fare il bis e non avrebbe dovuto provarci, ma questo non cancella l’ottimo lavoro fatto”.