Ben Carson: storia della prima separazione di due gemelli siamesi

Le capacità politiche di Ben Carson sono seconde soltanto alle sue doti come chirurgo. Una lunga carriera colma di trionfi, la sua, resa celebre da un'operazione in particolare, cruciale per lo sviluppo di nuove tecniche

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Ben Carson, nato a Detroit nel 1951, è un ben noto politico statunitense, dal 2017 al 2021 impegnato nell’amministrazione di Donald Trump con il ruolo di Segretario della Casa e dello Sviluppo Urbano. Prima di mettere piede nel mondo della politica, però, si è distinto per la sua encomiabile carriera in campo medico. Dal 1984 al 2013 è stato direttore del dipartimento di Neurochirurgia Pediatrica al Johns Hopkins Hospital. Nel 2008 ha inoltre ricevuto una delle principali onorificenze civili degli USA, la medaglia presidenziale della libertà, per mano di George W. Bush.

Gifted hands – Il dono, il film su Ben Carson

A dimostrazione della grande notorietà raggiunta da Ben Carson, la sua storia in ambito medico è stata raccontata dal film Gifted hands, del 2009, che lo ha visto interpretato da Cuba Gooding Jr. Ritratto dall’infanzia trascorsa nei sobborghi di Detroit, fino alla maturità, quando divenne primario di neurochirurgia pediatrica alla John Hopkins a 33 anni.

Una storia, la sua, che sembra scritta per il cinema. Iscritto alla facoltà di medicina del Michigan, grazie a una borsa di studio, mette da parte dei soldi nel periodo estivo lavorando come operaio in un’acciaieria. Qui fa una scoperta su di sé. Vanta infatti una manualità e coordinazione fuori dall’ordinario. Poter fare affidamento su un’innata coordinazione tra occhi e mani lo ha di certo avvantaggiato enormemente in sala operatoria.

Uno dei casi più noti, anche se non il più celebre, fu quello di una bambina affetta da una gravissima forma di epilessia, postuma a un’encefalite di Rasmussen. La operò soltanto un mese dopo la sua nomina a primario, rimuovendo la parte sinistra del cervello. Un intervento durato 10 ore, in seguito al quale la piccola paziente riuscì a parlare e muovere le parti del proprio corpo.

I gemelli siamesi

Il grande impatto mediatico del caso della piccola affetta da epilessia, rese Ben Carson una celebrità nel proprio campo e non solo. Svariati i servizi giornalistici a lui dedicati, ma fu nel 1987 che le cose cambiarono radicalmente per lui.

In quell’anno infatti giunse il caso più eclatante e complesso della sua carriera. Prese infatti parte all’operazione di separazione di una coppia di gemelli siamesi craniopagi di sette mesi. I due piccoli pazienti erano connessi nella parte posteriore della testa e provenivano dalla Germania. La madre era disperata e sperava in un vero e proprio miracolo. Altrove numerosi chirurghi non avevano neanche accettato il caso, reputato fin troppo rischioso.

Un’impresa imponente, coordinata dal direttore della terapia intensiva pediatrica Mark Rogers. Furono impegnati ben sette anestesisti pediatrici, cinque neurochirurghi e due cardiochirurghi, così come cinque chirurgi plastici e dozzine di tecnici e infermieri. Settanta persone circa per riuscire in un miracolo.

Dopo cinque mesi di programmazione e preparazione, il 5 settembre 1987 Ben Carson e il resto dell’equipe entrarono in sala operatoria. Erano le 7.15 del mattino e il tutto durò ben 22 ore. Concluso il procedimento principale, insieme con Donlin Long dovesse ripristinare il flusso sanguigno dopo l’arresto ipotermico, modellando di fatto una nuova vena sagittale.

Svariate le complicazioni ma alla fine i due, Benjamin e Patrick Binder, aprirono gli occhi e si guardarono intorno, trascorsi 10 giorni in coma indotto. Nonostante ciò, però, tre settimane prima di tornare in Germania, Patrick ebbe un arresto respiratorio con danno cerebrale irreversibile. Ridotto in stato vegetativo. Suo fratello Benjamin, invece, recuperò soltanto in parte, senza mai riuscire a parlare o cibarsi da solo. Un finale amaro che però è parte di un intervento storico, che ha segnato il campo della neurochirurgia per sempre, contribuendo allo sviluppo delle odierne e più moderne tecniche.