Introdotte nel panorama legislativo italiano nel gennaio 2015 con il Decreto “Investment Compact”, le PMI innovative sono le piccole, medie e microimprese che operano nel campo dell’innovazione tecnologica. Con la loro istituzione, il Governo vuole stimolare la diffusione di innovazioni di tipo tecnologico in tutti i settori produttivi, così da rilanciare la produttività e la competitività dell’industria manifatturiera del nostro Paese. Per questo motivo, gran parte delle agevolazioni previste per le startup innovative sono state estese alle oltre 300 mila PMI italiane, indipendentemente dalla data di costituzione.
Requisiti per diventare PMI innovativa
Se “l’età” non è un requisito stringente come nel caso delle startup innovative, le micro, piccole e medie imprese che vogliono godere dei privilegi riservati alle innovative dovranno però rispettare dei criteri ben precisi. Tra i requisiti PMI innovativa troviamo:
- Rispettare le direttive della raccomandazione comunitaria 361/2003/CE e rientrare nella definizione di micro, piccole e medie imprese (massimo 250 dipendenti e 47 milioni di fatturato);
- Essere costituite come società di capitali, anche in forma cooperativa;
- Dispongono di almeno un bilancio certificato o, eventualmente, di un bilancio consolidato redatto da revisore dei conti o società iscritta nel registro dei revisori contabili;
- Le loro azioni non sono quotate su mercato regolamentato;
- Non sono iscritte al registro delle startup innovative.
Inoltre, le PMI innovative devono investire in spese di ricerca, sviluppo e innovazione almeno il 3% della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione; almeno il 20% dei dipendenti deve essere in possesso di dottorato di ricerca o sta svolgendo il dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera (in alternativa, il 33% dei dipendenti deve avere una laurea magistrale); titolarità di almeno un brevetto relativo a un prodotto innovativo.
I vantaggi delle PMI innovative
Le piccole e medie imprese che rientrano nei requisiti appena elencati, possono godere di diversi vantaggi e agevolazioni. Potranno avvalersi, ad esempio, degli strumenti dell’equity crowdfunding (ora estesi anche alle PMI “normali), oppure avere accesso diretto e semplificato al Fondo di garanzia per le PMI. Nel caso volessero intraprendere un processo di internazionalizzazione, riceveranno il supporto dell’Agenzia ICE. A questi si aggiungono agevolazioni fiscali di varia natura, proroga del termine per il ripianamento delle perdite ed esonero dall’imposta di bollo.
Differenze PMI innovative e startup innovative
A fare da vero e proprio spartiacque tra piccole, medie e microimprese e start up innovative troviamo la “questione anagrafica”. Come accennato, infatti, per definirsi tale una startup innovativa (introdotte nell’ordinamento giuridico dal decreto crescita 2.0) deve essere nuova o attiva da meno di cinque anni, mentre la definizione di PMI innovativa non ha nulla a che vedere con la sua “età”. Una startup innovativa, inoltre, deve avere un bilancio inferiore ai 5 milioni di euro, contro il massimale di 50 milioni di euro delle PMI.
PMI e startup innovative, la mappa dell’Italia
Guardando ai dati aggiornati ad alcuni anni fa, precisamente al 2022, il 35% delle PMI e startup innovative è nell’area Nord-occidentale dell’Italia. Regina incontrastata è la Lombardia, che spradroneggia con il suo 27.6% su scala nazionale. Più di un’impresa su quattro opera al Sud, il che è un ottimo dato per il Mezzogiorno. nello specifico merita gli applausi la Campania, con più di 1.400 startup sul suo territorio.
Si è registrato un calo dell’1,7% per quanto riguarda la presenza nell’area Nord-est che, con il Veneto capofila, vede comunque 2.500 imprese di questo genere attive. Aumentato il bacino delle startup residenti nell’Italia centrale, oggi più di 3.000. In questo caso è il Lazio che batte tutti ,con quasi il 13% della quota nazionale. Di particolare interesse i dati delle startup giovanili, che incidono per il 17,6% sul totale. In aumento anche le startup con prevalenza femminile, pari al 13,2% sul totale italiano. Resta invece esigua, pari al 3,5%, la quota a conduzione straniera.