Pensioni, l’esercito dei baby pensionati in Italia: quanti sono

Nel nostro Paese sono oltre mezzo milione le persone che ricevono la pensione a partire da prima degli anni '80

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

In Italia, oltre mezzo milione di pensionati si trovano in una situazione insolita: hanno pochi anni di contributi previdenziali ma da più di quattro decenni continuano a percepire regolarmente un assegno pensionistico, senza dover più lavorare. Queste pensioni, concesse negli anni ’80 e prima, sono conosciute come “baby pensioni“.

Attualmente, il loro numero supera le 561.000 unità, rappresentando una spesa previdenziale totale di circa 7 miliardi di euro all’anno che viene sostenuta dall’INPS. Se si escludono le pensioni di invalidità, però, il numero si riduce a 318.000. Questo fenomeno solleva quindi importanti questioni sociali ed economiche. Ad esempio, evidenzia la longevità delle pensioni erogate in passato e le sfide che esse pongono al sistema previdenziale italiano, specialmente considerando il crescente numero di pensionati rispetto ai contribuenti attivi. Inoltre, solleva interrogativi sull’equità e sulla sostenibilità del sistema pensionistico.

Quindi, ora più che mai, vi è la necessità di riforme previdenziali mirate e specifiche, atte a garantire un sistema equo, sostenibile e in grado di fornire una protezione sociale adeguata a tutti i cittadini anziani, affrontando in modo adeguato le disparità e le sfide del contesto attuale.

Pensioni, l’esercito dei baby pensionati in Italia: i numeri nel privato

Secondo i dati aggiornati al 2021, forniti dagli Osservatori dell’Istituto delle pensioni, nel settore privato sono 423.009 le pensioni pagate dal 1980 e 67.245 a decorrere dal 1981. Per questi casi l’età media dei pensionati è di 41,84 anni, con un assegno medio di 587 euro staccato ogni mese.

Numeri determinati dall’età media bassa alla decorrenza delle 168.403 pensioni ai superstiti (38,29 anni), delle 200.972 di invalidità previdenziale (41,63 anni) e delle 53.634 di vecchiaia che al momento della liquidazione risultavano in media di 53,76 anni. 

In generale nel privato l’età per le pensioni nel 2020 si aggira attorno ai 67,02 anni con una decorrenza di 64,17 anni per la vecchiaia, considerando anche le uscite per pensione anticipata.

Pensioni, l’esercito dei baby pensionati in Italia: i numeri nel pubblico

Nel settore pubblico l’età media alla decorrenza per le pensioni che risalgono agli stessi anni è di 41,2 anni con l’età media per le 21.104 pensioni di vecchiaia di 44 anni (e un importo medio mensile di 1.525 euro).

Negli anni ’80 le donne dipendenti pubbliche con figli potevano andare in pensione con 14 anni sei mesi e un giorno di contributi ed anche grazie a quella norma e come le altre che consentivano il collocamento a riposo con 20-25 anni di lavoro, che permangono ancora migliaia di assegni di questo tipo. Al 1980 risalgono anche le 16.787 pensioni di inabilità (38,2 anni l’età media alla decorrenza) e 15.383 assegni ai superstiti con 40,8 anni alla decorrenza, con un importo medio mensile di 1.181 euro.

Sempre nel pubblico l’età media alla decorrenza delle pensioni liquidate lo scorso anno era di 65,8 anni con un’età più bassa per le pensioni di vecchiaia (63,9) categoria che comprende anche l’uscita anticipata.

Le cifre rilevate degli Osservatori sono in linea con quelli dell’anno scorso presentati da una ricerca della CGIA di Mestre, secondo la quale tra quelli che ricevono la baby pensione, i dipendenti pubblici hanno lasciato il posto di lavoro a 41,9 anni, mentre nella gestione privata l’età media di decorrenza del trattamento pensionistico è scattata dopo (ma non di molto, a 42,7 anni).