Le lacrime dell’allora ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero sono entrate nell’immaginario comune come uno dei momenti più rappresentativi della Storia politica contemporanea dell’Italia. L’economista fu autrice di una riforma, di fatto ancora oggi in vigore, per cui viene ricordato, non senza amarezza, il governo tecnico guidato da Mario Monti e messo insieme per fare fronte alla crisi finanziaria globale originatasi tra il 2009 e il 2010 negli Stati Uniti e diventata ben presto la più nera crisi del debito sovrano europeo. Eppure il decreto legge servì, almeno nelle intenzioni, a salvare il Paese, per evitare un andamento della crisi simile a quella della Grecia.
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Cosa prevedeva la riforma Fornero delle pensioni
La legge Fornero, o riforma Fornero, fa riferimento a una serie di cambiamenti apportati al sistema pensionistico italiano tramite l’articolo 24 del decreto legge 201 del 6 dicembre 2011, noto anche come Salva Italia, contenente le Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici. Le modifiche al sistema pensionistico sono state ritenute essenziali per renderlo sostenibile. Due gli obiettivi principali.
- Bilanciare in modo strutturale la spesa pubblica per le pensioni, e quindi i soldi emessi dallo Stato per le pensioni correnti, finanziandola attraverso i contributi sociali versati dai lavoratori in attività.
- Assicurare la stabilità finanziaria del sistema pensionistico nel lungo periodo impedendo che mettesse a rischio il bilancio pubblico.
Le regole in vigore fino a quel momento si rifacevano alla precedente riforma Dini del 1995 e alle successive modifiche, e diventarono obsolete a fronte della difficile crisi con cui l’Italia e il resto del mondo si trovavano ad avere a che fare, ma anche a fronte di una natalità sempre più bassa della Penisola e un sistema a imbuto non replicabile in una società radicalmente cambiata rispetto al passato.
Tra le novità più rilevanti introdotte dalla riforma delle pensioni firmata da Elsa Fornero, le più importanti riguardano:
- il passaggio al sistema contributivo, al posto di quello retributivo, per tutti;
- l’introduzione di un’unica pensione anticipata con l’abolizione del sistema delle quote;
- l’estensione dell’applicazione del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, che ha comportato un ulteriore aumento dell’età pensionabile per tutti.
Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo
Il sistema retributivo di calcolo delle pensioni prevede che la prestazione sia commisurata alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività. La sua sostenibilità dipende dall’equilibrio tra lavoratori attivi e pensionati. In un contesto di costante invecchiamento della popolazione e di crisi demografica, con meno inserimenti nel mondo del lavoro, è stato necessario il passaggio a un sistema contributivo.
La riforma Dini introdusse il calcolo contributivo per tutti gli assicurati a decorrere dal 1° gennaio 1996. Il sistema contributivo ha una forma più equa di determinazione dell’assegno di pensione, perché mette in diretta correlazione quanto versato dal pensionato durante gli anni di attività. Il montante, cioè i contributi accantonati, sono convertiti in rendita da coefficienti di trasformazione calcolati in base all’età dell’ex lavoratore.
Con la riforma Fornero il sistema contributivo viene esteso a tutte le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012, con l’applicazione del calcolo “pro rata”.
Le critiche alla riforma Fornero e il suo superamento
La legge fu scritta, come già detto, in un momento di crisi per l’Italia. E non teneva conto di alcune categorie eccezionali, come quella degli esodati, cioè chi si trova senza lavoro a pochi anni dall’età pensionabile. Aspramente criticata negli anni successivi dalle forze politiche, la riforma Fornero continua a rimanere in vigore, nonostante misure temporanee per le pensioni anticipate siano prorogate o introdotte di anno in anno.
Nessuno è riuscito a superare la legge, trovando un modo alternativo per garantire la pensione agli italiani. Il ritorno al sistema contributivo comporterebbe una spesa immediata di circa una decina di miliardi di euro, e costi per lo Stato che potrebbero arrivare in breve a oltre 100 miliardi di euro all’anno. Impensabile trovare tali coperture. I vari governi che si sono avvicendati nel post Monti hanno promesso ai cittadini nuove riforme, ma nessuno è stato in grado di trovare un sistema più sostenibile di quello immaginato da Elsa Fornero.