Riforma pensioni, nodo risorse inguaia Meloni: le ipotesi

Bisognerà fare i conti sempre con la famosa coperta troppo corta e la necessità di trovare una soluzione entro settembre

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Redazione

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Alle prese con la “grana” PNRR, l’esecutivo guidato da Meloni deve fare i conti anche con altri dossier in cerca di risposte quanto mai urgenti, su tutti la riforma delle pensioni. Il nodo – neanche è dirlo – è legato alle risorse a disposizione che sono sempre poche. Il tema è particolarmente sentito dai sindacati che di certo non faranno sconti, in particolare sulle uscite anticipate, argomento rispetto al quale soprattutto la Lega è in pressing, decisa a cancellare una volta per tutte lo spauracchio Fornero

Riforma pensioni, nodo risorse

Spetterà all’Osservatorio sulla spesa previdenziale istituito lo scorso marzo presso il ministero del Lavoro con il compito di valutare “gli effetti di determinati provvedimenti in tema di esodi aziendali e ricambio generazionale”, mettere nero su bianco su quanti soldi si potrà contare per fare il “restyling” al sistema pensionistico a partire dal prossimo anno.

Come sempre il tempo stringe visto che l’intesa dovrà arrivare entro settembre quando bisognerà indicare le risorse necessarie nella NaDEF (la nota di aggiornamento al Def).

Le opzioni al vaglio

L’ipotesi più suggestiva ma anche quella meno probabile è che l’esecutivo possa contare su un tesoretto che va dagli 8 ai 10 miliardi così da poter superare almeno parzialmente la Legge Fornero – mettendo in atto una maxi riforma del sistema attraverso la soluzione caldeggiata in particolare dal centrodestra: estendere a ogni lavoratore la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.

Non solo: potrebbe anche esserci margine per un balzo in avanti delle pensioni minime, tema sul quale Forza Italia è in pressing in scia alla necessità di mantenere quanto promesso da Berlusconi durante la campagna elettorale.

L’ipotesi più quotata

Se invece il Governo dovesse accontentarsi di una dotazione minore – tra 4 e 8 miliardi – ci sarà spazio solo per interventi mirati. In questo caso, ci si potrebbe limitare alla sola Quota 41 per tutti, che da sola costerebbe dai 4 ai 5 miliardi di euro, salutando Opzione donna

La terza opzione – quella che prevede risorse per meno di 4 miliardi è la più probabile: in questo caso, sarebbe decisamente ridotto il margine di manovra da parte dell’esecutivo che dovrebbe “congelare” Quota 41 e temporeggiare confermando Quota 103 per un anno in attesa di trovare la soluzione. E, soprattutto, le risorse necessarie.