PNRR, cos’è il controllo concomitante e perché il governo ha paura

Non si placa lo scontro tra l’esecutivo e la Corte dei Conti: cosa prevede la mossa della maggioranza per limitare i magistrati temuti da Giorgia Meloni

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

La questione che sta infiammando il dibattito pubblico negli ultimi giorni è quella relativa allo scontro tra il governo e la Corte dei Conti. Il tavolo su cui prende vita il conflitto tra le due istituzioni è quello sui controlli che l’ente deve svolgere in merito all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Tutto si articola attorno al decreto sulla Pubblica amministrazione che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha presentato in Parlamento lo scorso 1° giugno: oltre al testo originale presentato in precedenza nelle commissioni Lavoro e Affari costituzionali, la maggioranza ha infatti inserito anche un emendamento che ha scatenato la bagarre di cui si continua a parlare anche in queste ore.

Governo all’attacco del Corte dei Conti: cosa sta succedendo tra l’esecutivo e i magistrati

Il blitz contiene due modifiche assai rilevanti per quanto riguarda il percorso del PNRR. Da una parte si è scelto di prorogare di un anno – ossia fino al prossimo 30 giugno 2024 – il cosiddetto scudo erariale, che solleva gli amministratori pubblici da qualsiasi responsabilità contabile in caso di colpa grave (materia specifica ma fondamentale per le sorti del Piano). Dall’altra si è voluto intervenire proprio sul ruolo della Corte dei Conti, limitandone il raggio d’azione.

In particolare, è su questa seconda mossa che la maggioranza di centrodestra viene attaccata – in maniera anche molto violenta – da parte dei partiti di opposizione, dei sindacati e di molte associazioni di categoria. Risulta infatti evidente la volontà di allentare la vigilanza dei magistrati sul destino dei fondi europei, lasciandolo di esclusiva competenza dell’Ue. Un modo che il governo ha utilizzato per comunicare il proprio fastidio in merito alle rilevazioni ricevute.

Perché si parla del controllo concomitante e come influisce sulle sorti del PNRR

Andando nello specifico, l’emendamento interviene sulla legge approvata l’11 settembre del 2020, che prevede il “controllo concomitante” della Corte dei Conti “sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e rilancio dell’economia nazionale”. Ed è qui – per essere precisi, all’articolo 22 – che il governo ha voluto inserire la dicitura “ad esclusione di quelli previsti o finanziati dal PNRR“.

Ebbene, a rispondere alla levata di critiche che si è sollevata ci ha dovuto pensare Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, il Sud e le Politiche di coesione, nonché uomo che la presidente del Consiglio ha individuato per gestire ogni ambito relativo al Piano. L’ex governatore della regione Puglia ha fatto notare a tutti come il controllo concomitante sia presente nel nostro ordinamento fin dal lontano 2009, nonostante non sia mai stato attuato per oltre un decennio.

Nel giro di pochi minuti le sue parole hanno ricevuto anche un endorsement insperato come quello del professor Sabino Cassese, giudice della Corte Costituzionale, che ha dichiarato come il governo abbia fatto “benissimo a limitare le verifiche della Corte dei Conti“. Un assist che a Palazzo Chigi nessuno sperava di vedere, tantomeno da parte di uno dei profili più apprezzati dall’ala sinistra del Parlamento, che in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica dello scorso anno lo indicò come una delle personalità più equilibrate e complete per poter ambire allo scranno più alto del Quirinale.