La riforma delle pensioni è completamente scomparsa dai radar. Durante la campagna elettorale, Matteo Salvini ha cercato di rilanciare Quota 41, ma l’idea di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età sembra sia stata definitivamente abbandonata da Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti.
Che invece tirano dritto sul cuneo fiscale, come confermato da Giorgetti in un incontro con gli imprenditori bergamaschi nel periodo elettorale: “Il taglio del cuneo fiscale va confermato, è la priorità numero uno. Se dovessi scegliere una misura, opterei per questa”.
Le difficoltà di Quota 41
Qualche settimana fa era riemersa l’ipotesi di introdurre Quota 41 già nel 2025, con l’obiettivo di permettere l’uscita dal lavoro al raggiungimento dei 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Tuttavia, dopo i risultati non proprio positivi ottenuti dalla Lega nelle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, questa ipotesi si fa meno probabile. Matteo Salvini, che aveva fatto di Quota 41 un cavallo di battaglia, potrebbe incontrare difficoltà nel convincere la maggioranza di governo a implementare questa misura, anche a causa dei suoi costi elevati.
La soluzione, inoltre, non convinceva già pienamente all’inizio Giancarlo Giorgetti, dato che proprio la questione dei costi ha fatto slittare la riforma durante la stesura della Legge di Bilancio 2024, imponendo una stretta sulla pensione anticipata. Anche Meloni non vorrebbe andare avanti su questa strada.
Secondo La Stampa, Matteo Salvini chiederà almeno la proroga di Quota 103, che però nel 2023 ha prodotto solo 20mila uscite. La previdenza è quindi una carta in meno da giocare al tavolo con l’Europa, sperando che il taglio del cuneo fiscale non si trasformi in una scommessa al buio.
Perché lasciare il lavoro prima ora è più complicato
Se già Quota 100 ha peggiorato i bilanci dello Stato negli ultimi cinque anni, nonostante i successivi riaggiustamenti con Quota 102 e 103, Quota 41 avrebbe peggiorato ancora di più la situazione economica italiana, con anche esperti come Elsa Fornero che avevano definito la riforma come “non sostenibile“.
Secondo le stime del Documento di economia e finanza, la spesa a fine 2024 è destinata a superare i 337 miliardi di euro (+5,8% rispetto al 2023). Inoltre, nei prossimi tre anni, fino al 2027, si prevede un tasso di crescita medio annuo del 2,9%. Insomma, il governo Meloni non ha, e non avrà, le risorse finanziarie per introdurre nuove sostanziali formule di prepensionamento, almeno per il momento.
Come si va in pensione nel 2024
Dal 2024, si può accedere alla pensione a 67 anni di età e con 20 anni di contributi, ma solo se l’importo della pensione mensile è pari almeno all’assegno sociale (534,41 euro) e se non si hanno versamenti previdenziali precedenti al 1996. Fino all’anno scorso, per andare in pensione a 67 anni era necessario aver maturato un importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno minimo; in caso contrario, si doveva attendere i 71 anni di età.
Dal primo gennaio di quest’anno, la pensione di vecchiaia ha un nuovo requisito di “importo soglia”, ovvero la prima rata della pensione deve essere almeno pari all’assegno sociale. Pertanto, chi raggiunge il requisito anagrafico di 67 anni (per i bienni 2023-2024 e 2025-2026) e ha un’anzianità contributiva minima di venti anni, può andare in pensione a condizione che l’importo della pensione non sia inferiore all’”importo soglia” definito per quest’anno.
Ma attenzione: i lavoratori che raggiungono i requisiti per la pensione (67 anni di età e 20 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2023 devono soddisfare anche il requisito dell’importo soglia pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale e andranno in pensione di vecchiaia secondo la precedente disciplina.