Uno dei capitoli più delicati della prossima legge di Bilancio riguarda le pensioni. A partire dal 2027 ci sarà l’aumento dell’età pensionabile di tre mesi, con il passaggio dai 67 anni attuali a 67 anni e 3 mesi, come previsto dalla Legge Fornero. Si tratta dell’adeguamento automatico alla speranza di vita, previsto dalla normativa vigente, che tiene conto dell’incremento dell’aspettativa di vita certificato dall’Istat. Il Governo sta valutando la possibilità di introdurre un blocco selettivo dell’aumento, limitandolo solo a determinate categorie di lavoratori.
La soluzione più probabile, secondo quanto indicato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è quella di applicare la cosiddetta sterilizzazione graduale: un aumento progressivo, pari a un mese all’anno, fino al completamento dei tre mesi previsti.
Congelare integralmente l’aumento dei requisiti per tutti comporterebbe un costo di circa 3 miliardi di euro, cifra considerata eccessiva rispetto alle risorse disponibili. La linea che si sta delineando, dunque, prevede un intervento mirato che tuteli i lavoratori precoci e chi svolge attività usuranti, considerati dal Governo i più meritevoli di tutela.
Le ipotesi di blocco selettivo
La sterilizzazione dell’aumento potrebbe applicarsi solo a chi, nel 2027, avrà già compiuto 64 anni. In questo modo, la misura avrebbe un impatto più contenuto sul bilancio statale, riducendo il costo a circa 1,5 miliardi nel biennio 2027-2028 e 2 miliardi a regime. Per chi non rientra nei requisiti di età, l’aumento scatterebbe regolarmente, con il passaggio a 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia.
Lo stesso criterio si applicherebbe anche per le pensioni anticipate, dove oggi servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Dal 2027, questi requisiti potrebbero salire rispettivamente a 43 anni e 1 mese e 42 anni e 1 mese, salvo eventuali correttivi per i lavoratori più esposti.
Proroga di Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale
Accanto alla questione dell’età pensionabile, la Manovra dovrebbe confermare le tre principali forme di pensione anticipata oggi in vigore:
- quota 103;
- opzione Donna;
- ape sociale.
Quota 103 consente l’uscita con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. Introdotta nel 2023, è destinata a essere prorogata anche per il 2026, con possibili limiti di importo sull’assegno e vincoli sull’accesso al cumulo dei redditi da lavoro. Per Opzione Donna si fa rifermento alla misura rivolta alle lavoratrici che hanno maturato almeno 35 anni di contributi e che accettano il ricalcolo contributivo dell’importo pensionistico.
Il ministero del Lavoro ha proposto una nuova proroga, mantenendo criteri di accesso simili a quelli vigenti nel 2025. Infine l’Ape Sociale è un trattamento destinato a categorie di lavoratori fragili o impiegati in settori gravosi. Permette l’uscita anticipata a 63 anni di età per chi ha maturato almeno 30 o 36 anni di contributi, a seconda della categoria.
Anche in questo caso, la proroga dovrebbe garantire continuità almeno per un altro anno. Queste tre misure rappresentano le principali vie d’uscita anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria e coinvolgono ogni anno diverse decine di migliaia di lavoratori.
Il nodo delle coperture finanziarie
Come per il taglio dell’Irpef, anche sul fronte pensioni la questione centrale è quella delle coperture. Le prime stime dell’Inps e del Ministero dell’Economia indicano un fabbisogno complessivo di circa 3 miliardi di euro per bloccare l’adeguamento dell’età a regime. Il costo scenderebbe a circa 1,5 miliardi se la misura venisse applicata solo ai lavoratori sopra una certa soglia anagrafica.
Le risorse dovrebbero provenire in parte dal miglioramento del quadro di finanza pubblica e in parte da rimodulazioni interne della spesa. Una quota aggiuntiva potrebbe arrivare dalle entrate straordinarie legate ai contributi del settore finanziario e assicurativo, già coinvolti nel finanziamento del taglio Irpef.