Cos’è la plusvalenza immobiliare e come si calcola

Scopri quali sono le caratteristiche della plusvalenza immobiliare e in che modo calcolarla

Foto di Pasquale Gangemi

Pasquale Gangemi

Consulente e agente immobiliare

Specialista d'intermediazione e consulenza rivolta alla compravendita, locazione e valutazione di immobili ad uso residenziale e commerciale. Ha sviluppato esperienza nella scrittura per il web per la definizione dell'andamento del mercato.

Pubblicato: 12 Marzo 2021 16:56Aggiornato: 27 Febbraio 2024 11:34

Plusvalenza immobiliare: stai per vendere casa e ne hai sentito parlare? Scopri cos’è la plusvalenza, quali sono tutti i benefici che ne puoi trarre nel caso in cui il tuo immobile rientri nelle categorie e nelle caratteristiche dovute e come muoverti tra le procedure burocratiche. Ma analizziamo il tema passo dopo passo, ad iniziare dal suo significato, per poi passare al cuore dell’argomento. La parola plusvalenza nel settore economico indica un aumento del valore registrato da parte di un bene immobile oppure di un titolo.

In campo immobiliare, è bene specificare che per plusvalenza si intende un accrescimento del valore di un bene immobile rispetto al valore monetario originale di acquisizione. Facendo un esempio pratico per capire meglio, è possibile acquistare una casa a 200 mila euro e rivenderla dopo tot anni a 250.000 euro, la differenza di 50.000 euro si configura come la plusvalenza, ossia un guadagno nato dalla differenza tra il prezzo di acquisto originale e quello di rivendita, a cui però lo stato può applicare una tassazione. La differenza del nostro caso dei 50.000 euro, quindi, non sarà cifra di guadagno netta, ma un valore da tassare (a seconda dei casi) come da normativa vigente. Rispetto al valore di acquisizione, oggi si parla di un’aliquota massima del 26%.

Significato e definizione di plusvalenza immobiliare

La plusvalenza nella vendita di immobili non è detto che debba obbligatoriamente essere tassata. Infatti, se il bene immobile è stato acquisito tramite successione e poi rimesso sul mercato immobiliare e rivenduto, non c’è tassazione. Sono esonerati dalla tassazione anche i casi in cui si parla di titolo oneroso, dove il cedente (quindi il venditore) lo abbia utilizzato come abitazione principale per se stesso o in alternativa per un membro della sua famiglia. Se ti stai chiedendo cosa vuol dire abitazione principale, il significato è stabilito più che da un profilo normale dalla consistenza del tempo che si passa all’interno dell’abitazione in questione. Quindi, se si trascorre molto o la maggior parte del tempo all’interno e lo si può dimostrare tramite utenze o domiciliazioni bancarie, allora quella sarà l’abitazione principale.

La plusvalenza è, dunque: “la differenza tra il valore di acquisto dell’immobile al momento dell’acquisto e quello al momento della vendita”. Inoltre, c’è la definizione più esplicativa fornita dal TIUR (Testo unico delle Imposte sui Redditi): “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. Nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante”.

Quando si paga la tassazione sulla plusvalenza immobiliare e quando invece no

Come accennato, esistono diverse situazioni: alcune prevedono il pagamento della plusvalenza immobiliare, altri no. Generalmente, l’acquisto di un immobile e la sua rivendita entro i primi 5 anni ad un prezzo maggiorato prevedono la tassazione, seppur esistano dei casi in cui si è esonerati dal pagamento. Per esempio, se si riceve un immobile in eredità e si decide di rimetterlo sul mercato, così come se si acquista un immobile e lo si vende dopo i 5 anni. Un altro esempio è se si acquista un immobile con l’agevolazione della prima casa e per la maggior parte del tempo che intercorre tra l’acquisto e la sua vendita non si usa la struttura come abitazione principale.

I costi detraibili con la plusvalenza immobiliare

L’articolo 67 del comma 1 all’interno del Testo Unico delle Imposte sui Redditi stabilisce la possibilità di detrazione dalla plusvalenza immobiliare e dei costi inerenti, ossia l’insieme della spesa totale che si è affrontato per l’immobile. Infatti, leggiamo che “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”.

Si parla a tal proposito di spese che riguardano sia l’acquisto che la costruzione del bene in questione, come degli interventi operati. Per ottenere la plusvalenza tramite calcolo specifico richiesto, bisognerà tenere da parte una serie di quietanze, ricevute e fatture, ovvero:

  • quietanza di pagamento dell’imposta di registro;
  • ricevute inerenti a: pagamento dell’IVA sul bene comperato e pagamento di eventuali imposte ipotecarie o catastali;
  • parcelle del notaio addetto al contratto di compravendita o che ha prestato servizio per altre necessità inerenti la casa;
  • fatture: dell’intermediario immobiliare, quelle ricevute dalla ditta o dagli esperti che hanno compiuto interventi di ristrutturazione, quelle degli architetti, tecnici o geometri relativamente alle perizie; le fatture relative a qualsivoglia intervento di manutenzione straordinaria, tra cui ad esempio il rifacimento degli infissi, la messa a norma degli impianti, i pavimenti ed altre voci ancora.

I due tipi di tassazione nella plusvalenza da cessione di immobili

Bisogna capire qual è la tassazione più vantaggiosa a seconda dei diversi casi. In effetti il contribuente ha la possibilità di scelta tra due tipologie di tassazione, l’IRPEF e l’imposta sostitutiva. Nel primo caso, la plusvalenza va a convogliarsi nel reddito totale e si somma ad altri redditi IRPEF. La tassazione prenderà in esame diversi scaglioni a seconda dell’aliquota prevista (si parte da un minimo del 23%).

In linea di massima, si può dire che il reddito e la convenienza sono inversamente proporzionali: maggiore è il reddito, minore è il vantaggio per la scelta i questo tipo di tassazione, anche se si tratta di una regola generale. L’IRPEF infatti rappresenta una tassa variabile che cambia a seconda delle detrazioni e deduzioni fiscali a seconda del soggetto.

In alternativa, come accennato, può essere applicata l’imposta sostitutiva del 26% all’atto notarile. Quale conviene? Se percepisci redditi IRPEF generalmente conviene chiedere al notaio l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%. Si ha così un doppio beneficio: il primo è l’aliquota del 26%, il secondo la possibilità di avere l’esonero da parte del fisco e della legge.

La plusvalenza immobiliare nella dichiarazione dei redditi

Se la plusvalenza è tassata, deve essere presente all’interno della dichiarazione dei redditi, precisamente nel quadro D del modello 730 o nel RL del modello “Redditi PF”. Se devi compilare il modello 730, lo indicherai al rigo D4 della colonna 1,codice 2. Invece, non bisogna inserire tale voce nelle dichiarazioni se la plusvalenza ha avuto una tassazione sostitutiva del 26% durante l’atto notarile.

Plusvalenza immobiliare in caso di donazione

Tramite le modifiche del D.L. n. 223/2006 si è allargato il bacino di utenza dalla plusvalenza, accogliendo anche coloro che hanno beni immobili che provengono, oltre che da acquisti o costruzione nei primi 5 anni, anche quelli donati. L’articolo 67, comma 1, lettera b) del DPR n. 917/86, infatti, ha fatto rientrare anche i casi di beni donati tra quelli esonerati ala pagamento della tassa.  In tal caso, il periodo dei 5 anni è calcolato a partire dalla data di acquisto da parte del donatore.

Plusvalenza in caso di immobili costruiti

Il quinquennio, in tal caso, è a decorrere dal momento d’inizio del possesso del bene. La R.M. 231/E/2008 dell’Amministrazione Finanziaria ha decretato che il periodo quinquennale si calcola a partire dalla realizzazione dell’immobile. Questo momento combacia con l’idoneità dell’immobile a svolgere la sua funzione.

La plusvalenza sull’abitazione principale

La regola generale di tassazione è quella che richiede l’imposizione delle cessioni speculative nei primi 5 anni a partire dall’acquisto o dalla costruzione. Ciononostante, nel momento in cui si tratta della propria abitazione principale ceduta, la questione cambia. Ovvero, cambia se il bene è stato adibito ad abitazione principale da parte del proprietario e dei suoi familiari, condizione che deve essere mantenuta per un periodo di tempo consistente.

Termini di prescrizione per la plusvalenza immobiliare

Per poter calcolare i termini di prescrizione dell’accertamento bisogna conoscere nel dettaglio le date che lo regolano. Entro il 31 dicembre a decorrere dal quinto anno di presentazione: è questa la prima data da tenere a mente se il contribuente presenta corretta presentazione della dichiarazione dei redditi o IVA. La seconda data è il 31 dicembre dopo 7 anni rispetto a quello in cui andrebbe fatta la presentazione della dichiarazione. Quando si parla di tassazioni sulla plusvalenza (beni italiani come stranieri) bisogna sempre affidarsi a notizie aggiornate ed autentiche, chiedendo la consulenza di periti sarà possibile non incappare in spiacevoli sorprese.