Plusvalenze patrimoniali, cosa sono e quando fanno reddito

Cosa sono le plusvalenze patrimoniali e quando costituiscono un reddito per i contribuenti. Una breve guida per non sbagliare

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Cosa sono le plusvalenze patrimoniali? Concorrono a formare il reddito? Come devono essere gestite nella dichiarazione dei redditi? Nel momento in cui l’impresa procede con la cessione di un qualsiasi bene strumentale la cui utilità, fiscalmente parlando, è stata suddivisa su più esercizi, la differenza tra il valore che si è realizzato con la cessione e il valore residuo da ammortizzare crea quella che viene definita la plusvalenza patrimoniale.

A disciplinare nel dettaglio la materia ci ha pensato l’articolo 85 del DPR n. 917/85, il quale prevede che con il termine plusvalenze patrimoniali si fa riferimento ai ricavi ottenuti dai beni di proprietà dell’impresa diversi da quelli attraverso i quali vengono generati i ricavi. Non costituiscono quindi delle plusvalenze la cessione di materie prime o sussidiarie o i prodotti acquistati nella produzione. Non lo sono nemmeno le azioni o quote di partecipazione o qualsiasi altro strumento finanziario.

La cessione di un cespite, invece, comporta la formazione di una plusvalenza patrimoniale. Stesso discorso vale per la cessione di un immobile o di un qualsiasi macchinario aziendale. La plusvalenza si viene a determinare, quindi, dalla differenza positiva tra il corrispettivo di vendita ed il costo che non è ancora stato ammortizzato.

La disciplina fiscale

Le plusvalenze patrimoniali concorrono, a tutti gli effetti, a determinare il reddito di impresa. A stabilirlo è direttamente l’articolo 86, comma 4, del TUIR, il quale prevede che:

Le plusvalenze patrimoniali derivanti dalla cessione di cespiti aziendali concorrono a formare il reddito d’esercizio per l’intero ammontare nel periodo di imposta in cui sono realizzate. In alternativa, se i beni sono posseduti da almeno 3 anni (1095 giorni) è possibile una rateizzazione. Nel caso la plusvalenza è rateizzabile nel periodo di maturazione e nei successivi quattro periodi.

Contribuiscono a generare una plusvalenza l’eventuale cessione, a titolo oneroso, dei beni di proprietà dell’azienda, che non rientrano tra i beni merci. Entrando più nello specifico, ci stiamo riferendo ai beni ammortizzabili e non ammortizzabili ed ai beni immateriali. Contribuiscono a generare una plusvalenza patrimoniale anche gli eventuali risarcimenti dell’assicurazione per la perdita o il danneggiamento dei beni diversi dalla bene merce. Lo stesso discorso vale anche per l’assegnazione ai soci di beni relativi all’impresa.

È importante ricordare, inoltre, che alcune operazioni possono generare dei plusvalori. Tra queste rientrano:

  • eventuali conferimenti in società – con l’esclusione del conferimento di azienda – al valore normale dei crediti e dei beni conferiti;
  • la permuta dei beni. In questo caso la plusvalenza è costituita dalla differenza del valore di iscrizione dei beni contabili in bilancio a l’eventuale conguaglio che è stato eventualmente pattuito in denaro;
  • l’eventuale trasferimento della sede dell’impresa all’estero. In questo caso si dovrà prendere come riferimento il valore complessivo dell’azienda, che dovrà comprendere anche l’avviamento.

Come gestire le immobilizzazioni finanziarie

Come devono essere gestite da un’azienda le immobilizzazioni finanziarie? L’articolo 87 del TUIR prevede che determinino una plusvalenza patrimoniale solo le immobilizzazioni finanziarie diverse. Questa situazione, però, si viene a verificare unicamente quando la partecipazione sia stata iscritta in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie nell’arco dei tre anni precedenti. Nel caso in cui ci si riferisca ad una società sportiva professionistica il termine è ridotto ad un anno.

La plusvalenza patrimoniale può essere tassata nell’anno di formazione o attraverso una rateizzazione: le due opzioni possono essere scelte liberamente dal contribuente. Nel momento in cui viene scelta la modalità, non è più possibile modificarla.

Plusvalenza, come viene determinata

Nel caso in cui un’impresa decida di cedere un bene a titolo oneroso, la plusvalenza che si viene a determinare è strettamente legata ai corrispettivi – l’importo preso in considerazione è al netto degli eventuali oneri accessori di diretta imputazione – al netto del costo non ammortizzato (ci stiamo riferendo al costo di acquisto al lordo delle eventuali rivalutazioni fiscalmente rilevanti ed al netto degli ammortamenti dedotti).

Qualora l’azienda decidesse di assegnare o destinare i beni a finalità estranee a quelle dell’impresa, la plusvalenza patrimoniale viene determinata direttamente dal valore normale del bene, al netto del costo che non è stato ancora ammortizzato.

Quando, invece, l’impresa ottiene un risarcimento per la perdita o il danneggiamento di un bene il plusvalore si viene a determinare come differenza tra l’indennizzo ottenuto dall’assicurazione ed il costo che non è stato ammortizzato.

Come gestire la dichiarazione dei redditi

A determinare in quale modo debbano essere gestite fiscalmente le plusvalenze patrimoniali sono principalmente le scelte effettuate dai diretti interessati. Il contribuente, infatti, ha la possibilità di optare per la tassazione nell’esercizio della maturazione della stessa o può optare per la rateazione in cinque anni. La scelta se procedere con la tassazione complessiva o una rateizzazione è delegata completamente ed interamente all’azienda. La scelta deve essere effettuata alla luce della sua convenienza economica o meno.

Proviamo a fare un esempio molto semplice. Nel caso in cui l’azienda dovesse chiudere un’annualità registrando una perdita fiscale, decidere di far concorrere la plusvalenza totalmente nell’esercizio fiscale può rappresentare un vantaggio. Nel momento in cui l’anno si chiude con una perdita fiscale con la plusvalenza, questa non verrà tassata in alcun modo. Caso diverso, invece, è quello dell’azienda che chiude con un reddito fiscale molto elevato. Questa volta potrebbe essere più conveniente spostare l’onere fiscale negli anni successivi, suddividendo la tassazione su più esercizi.

La cessione dei mezzi di trasporto

A disciplinare la cessione dei mezzi di trasporto ci ha pensato l’articolo 164, comma 2 del DPR n. 917/86, il quale ha fissato che, per la determinazione del reddito d’impresa, le eventuali plusvalenze o le minusvalenze derivate dai mezzi di trasporto rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.

Volendo semplificare al massimo, la plusvalenza da indicare nel conto economico assume una particolare rilievo ai fini fiscali andando ad applicare la percentuale che viene ricavata direttamente da questa formula:

ammortamento fiscalmente dedotto / ammortamento civilistico

Quando si vengono a realizzare delle plusvalenze patrimoniali, nel momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, la società dovrà provvedere ad effettuare una variazione in diminuzione per un importo pari alla plusvalenza che non è stata tassata.