Dazi del 15% sul cibo Made in Italy, settore verso la crisi?

Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno raggiunto un accordo commerciale sui dazi, ma l'incertezza regna sull'elenco esatto dei prodotti agricoli Made in Italy colpiti

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Stati Uniti e Unione Europea hanno raggiunto un accordo commerciale quadro che prevede l’imposizione di un dazio del 15% su gran parte delle merci europee importate negli Usa, comprese quelle italiane.  Quello che è emerso, inoltre, è che molti prodotti agricoli Made in Italy saranno soggetti a questi dazi, sebbene l’elenco preciso delle merci coinvolte non sia stato ancora divulgato.

Se da un lato ciò ha scongiurato una minaccia di dazi fino al 30% o 50% previsti dal presidente Trump, dall’altro rappresenta un netto aumento rispetto alle percentuali pre‑Trump di circa l’1% o 2% sui prodotti Ue.

L’effetto dei dazi sui prodotti agricoli Made in Italy

La nuova soglia tariffaria del 15% segna un punto di svolta rispetto allo status quo ante.

Prima di Trump, le aliquote medie applicate ai prodotti europei negli Usa si attestavano intorno al 2%, arrivando per alcune merci al 5%.

Sebbene le minacce di dazi al 50%, ventilate nei mesi scorsi, avrebbero potuto paralizzare molto di più le esportazioni europee, l’accordo tra Usa e Ue raggiunto il 27 luglio 2025 a Turnberry, in Scozia, avrà comunque i suoi effetti sull’export agroalimentare italiano.

Coldiretti segnala che già a maggio le esportazioni italiane verso gli Usa erano rallentate, soprattutto quelle di formaggi penalizzati da dazi al 25%, vino e pasta già soggetti a oneri del 15%-16% e di olio e pomodori trasformati tassati al 17%.

Sono numeri che preoccupano, soprattutto se si considerano per esempio prodotti tipici come il Pecorino Romano, che rappresenta circa il 40% delle esportazioni statunitensi. Non a caso lo stesso è oggetto di pressioni da parte dei produttori italiani per ottenere esenzioni.

Se il dazio del 15% si applicherà in modo generalizzato, il rischio è che una simile misura venga accumulata a precedenti dazi settoriali già esistenti (come quelli sul formaggio o sul vino), aumentando ulteriormente i costi e penalizzando la competitività italiana sui mercati americani.

Quali prodotti potrebbero essere colpiti

Non esiste ancora un testo vincolante, né si conosce ancora il contenuto puntuale dell’elenco dei beni esenti o colpiti dalla tassazione, il che lascia aperte molte domande.

Il cosiddetto “zero‑for‑zero” vale solo per alcuni comparti strategici:

  • aerospazio;
  • semiconductori;
  • chimica.

Ma anche “alcuni prodotti agricoli” rimangono da definire.

Anche se l’accordo include alcune esenzioni parziali, è probabile che molti prodotti agricoli e alimentari saranno soggetti al dazio del 15%. Tra questi figurano formaggi (come Grana Padano, Pecorino Romano, Parmigiano), olio extravergine di oliva, vini Doc e altri prodotti riconosciuti del Made in Italy.

La risposta del Governo Meloni

Il governo italiano, pur lodando la firma del patto come “positiva” ­– perché considerata di fatto una via per evitare un’escalation che degeneri in una guerra commerciale – sottolinea però la necessità di vedere i dettagli.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è detta soddisfatta, spiegando che un’aliquota del 15% è sostenibile

a patto che non si sommi ad altri dazi già in corso.

Contemporaneamente, però, sono state chieste misure di sostegno a livello nazionale ed europeo per le aziende più colpite dai dazi di Trump. Senza tuttavia ricevere risposta da Bruxelles.

Nel contempo, i comparti dell’industria italiana (rappresentati da Confindustria, Coldiretti, Unione Italiana Vini e i consorzi di tutela) chiedono una forte risposta diplomatica da parte della Ue, definendo il rapporto commerciale con gli Usa squilibrato e potenzialmente dannoso per il Made in Italy.