Dopo aver compiuto lotta contro il tempo per approvare la legge di Bilancio entro il 31 dicembre scorso (a soli due mesi dall’insediamento del suo governo e con lo spettro dell’esercizio provvisorio da scongiurare), la premier Giorgia Meloni si era convinta di poter vivere una primo parziale periodo di tregua con l’arrivo del 2023.
E invece così non è stato: dai rapporti sempre più incrinati con la Francia di Emmanuel Macron alla polemica scoppiata con l’aumento dei costi per diesel e benzina, la leader di Fratelli d’Italia ha dovuto iniziare il nuovo anno con il coltello fra i denti.
A dare la mazzata finale alle speranze di tranquillità della presidente del Consiglio ci ha pensato il decreto Milleproroghe, la cui approvazione è da sempre un appuntamento fisso per ogni esecutivo nel periodo compreso tra la prima e la seconda metà di febbraio.
Vediamo insieme che cosa ha disposto tale decreto, o per meglio dire la sua conversione in legge, in riferimento allo smart working per il 2023.
Ciò permetterà di ricostruire l’evoluzione normativa in tema di lavoro agile negli ultimi anni, in quanto anticipiamo che – al termine di questo articolo – sarà fatto opportuno rinvio alla disciplina più aggiornata – e di cui abbiamo recentemente parlato.
Indice
Decreto Milleproroghe: tra critiche e nuove regole per il lavoro agile
Come abbiamo già evidenziato in questo articolo, il decreto Milleproroghe è un classico dell’attività di Governo. Si tratta di un decreto legge che il governo emana una volta all’anno e che include – in un unico testo – varie questioni, nella finalità di prorogare più scadenze imminenti o rinviare l’entrata in vigore di altre regole, al fine di agevolare – ove possibile – cittadini e aziende.
Il testo uscito dal CdM, con l’approvazione unanime nel dicembre 2022, è riuscito a superare anche la prova del Parlamento, con la maggioranza che si è dimostrata coesa votando il provvedimento senza alcuna apparente divisione. Eppure, l’unità del centrodestra non è bastata ad evitare nuovi scossoni, questa volta da parte del Quirinale.
Sono ben due le ragioni che hanno spinto Sergio Mattarella ad inviare una nota di rimprovero all’esecutivo in occasione della promulgazione del decreto Milleproroghe. Il presidente della Repubblica non ha voluto rinviare il testo alle Camere (atto che rientra tra le sue facoltà secondo quanto indicato dall’articolo numero 76 della Costituzione), ma ha sottolineato come manchi l’uniformità necessaria sia a livello qualitativo – con l’annosa questione delle concessioni balneari che da decenni pone il nostro Paese in conflitto con l’Unione europea – sia a livello quantitativo.
Quest’ultimo appunto è stato fatto dal Capo dello Stato sottolineando come siano troppe le materie affrontate nel provvedimento, di cui la maggior parte scollegate tra loro. Ad esempio, oltre al capitolo sull’appalto delle spiagge e dei litorali, hanno trovato posto nel decreto Milleproroghe anche il rinvio della scadenza per l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei medici e l’introduzione di nuove agevolazioni per i mutui accesi dai cittadini under 36. E nel testo, come accennato sopra, anche disposizioni sullo smart working.
Un pot-pourri di interventi che non è piaciuto alla più alta carica del nostro ordinamento istituzionale.
Proroga dello smart working con emendamento al Milleproroghe: chi può richiederla
Una delle misure più attese da parte di milioni di lavoratori in tutta Italia era quella sulla proroga dello smart working per i soggetti fragili, un retaggio del periodo di chiusura totale durante lo scoppio dell’emergenza pandemica da Covid-19.
Con l’espressione ‘soggetti fragili’ si fa riferimento essenzialmente a persone con certificazione emessa dai competenti organi medico-legali, che comprova una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche, ma anche a soggetti riconosciuti disabili gravi ai sensi della legge 104.
La possibilità di usufruire del cosiddetto lavoro agile – sia per i dipendenti delle aziende private, che per i dipendenti del servizio pubblico – viene confermata fino al prossimo 30 giugno. Uno spostamento della deadline di 6 mesi, visto che il termine indicato in precedenza dal governo di Mario Draghi era stato fissato per lo scorso 31 dicembre 2022.
La nuova proroga per le prestazioni lavorative in regime di lavoro a distanza si ha a seguito – come anticipato in apertura – di un emendamento approvato in commissione, nell’iter di conversione in legge del decreto Milleproroghe.
Il Ministero del Lavoro, con un comunicato ad hoc, aveva già preannunciato la modifica normativa in oggetto, affermando che esso stesso e il Governo si sarebbero impegnati a mantenere le promesse, in tema di proroga fino al 30 giugno dello smart working per i lavoratori fragili – tanto del settore pubblico che di quello privato.
Marina Calderone, inoltre, aveva già annunciato – nell’ambito del question time al Senato del 26 gennaio 2023 – l’impegno a rintracciare le risorse per consentire la proroga dello smart working oltre il 31 marzo 2023. Impegno poi concretizzatosi in virtù delle coperture finanziarie (16 milioni di euro) e del contributo dello stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, come pure dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze e dell’Istruzione e del Merito ad un emendamento al Decreto Milleproroghe ad hoc – approvato presso le Commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato.
Ulteriori chiarimenti su beneficiari della proroga e soggetti esclusi
La norma riguarda anche i soggetti che al momento si trovano con uno o più figli a carico, purché si tratti di ragazze o ragazzi con un’età inferiore ai 14 anni.
Inoltre, va comunque segnalata una disparità di trattamento per quello che riguarda quest’ultima voce: infatti, la proroga dello smart working per i genitori con figli da mantenere sarà valida solamente per coloro che operano come dipendenti di imprese del settore privato.
Sono perciò esclusi i lavoratori di uffici pubblici, che dovranno tornare al lavoro tradizionale e trovare una soluzione per l’accudimento della prole a casa.
Aggiornamenti e rinvio
Negli ultimi tempi le novità in tema di smart working non sono di certo mancate, a testimonianza del fatto che l’argomento è sempre molto ‘caldo’. Come abbiamo già spiegato in questo articolo, a cui rimandiamo per gli ultimi aggiornamenti, dal primo aprile 2024 è stop al lavoro da casa.
Infatti è stato bocciato un emendamento mirato ad estendere nuovamente la scadenza dello smart working, pur essendo tuttora aperta – almeno sulla carta – la strada degli accordi individuali, come previsto dalla legge n. 81 del 2017.