Dove vivono i lavoratori più felici e soddisfatti d’Italia, a sorpresa

I dati di uno studio evidenziano che produttività non fa rima con felicità per i lavoratori italiani: i più soddisfatti sono al Sud

Pubblicato: 25 Maggio 2021 22:36Aggiornato: 28 Settembre 2022 14:55

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

L’Associazione Ricerca Felicità, che si occupa di quantificare la felicità degli italiani, ha condotto la terza analisi sul benessere dei lavoratori della Penisola.

I risultati ribaltano la narrazione classica del mondo dell’imprenditoria e dell’impiego, e gli stereotipi collegati al Meridione e alla mancanza di opportunità di carriera e occupazione. Al Sud i lavoratori sono più felici.

Vediamo alcune interessanti percentuali, che ribaltano i classici luoghi comuni e poniamo l’attenzione su una recente ricerca.

I lavoratori più felici d’Italia sono nelle regioni del Sud

I primi dati sono emersi dalle anticipazioni di Adnkronos e Labitalia, ed evidenziano che al Sud i lavoratori sono più felici quando si svegliano per andare a lavorare.

I più pessimisti si trovano a Nord Est, dove la maggior parte delle persone ha dichiarato di non essere felice quando si sveglia per recarsi sul luogo di lavoro.

Il 67,7% dei lavoratori del Sud dichiara di appassionarsi talmente tanto alla propria professione “da dimenticare tutto il resto”. Quasi 7 meridionali su 10, il 68,7%, dice di provare un “forte senso di appartenenza” alla propria organizzazione e il 58,2% di vedere i propri meriti riconosciuti.

Ecco allora smentite le classiche credenze per cui i lavoratori del Sud Italia sarebbero meno propensi al lavoro e all’impegno quotidiano in azienda. Le percentuali raccolte dall’Associazione Ricerca Felicità danno mostrano infatti qualcosa di diverso.

I lavoratori più infelici d’Italia sono nelle regioni di Nord Est

Le percentuali si abbassano drasticamente al Nord Est. Lo abbiamo accennato sopra, ma giova rimarcarlo: le persone che si sono ritrovate nelle affermazioni appena citate con riferimento ai lavoratori del meridione sono infatti, rispettivamente, pari a solo il 57%, 55,5% e 41%.

Insomma, buona parte di coloro che risiedono e lavorano in regioni come il Veneto o il Friuli Venezia Giulia, non vedrebbe l’occupazione attuale come pienamente gratificante, ma anzi come possibile (se non probabile) fonte di stress – e nel peggiore dei casi di burnout.

I risultati dell’analisi hanno stupito i ricercatori stessi, come ha dichiarato Elga Corricelli, tra i fondatori dell’Associazione Ricerca Felicità, che nasce dall’incontro tra Elehubm, creata insieme a Elisabetta Dallavalle, e il docente Sandro Formica.

Le due manager e il professore di Strategia aziendale hanno sottolineato come la correlazione tra felicità e produttività non sia confermata dai fatti, considerando l’alto tasso di produttività delle regioni del Nord Est italiano. Insomma produrre molto e vivere un periodo positivo a livello di profitto aziendale non fa per forza rima con buon’umore, soddisfazione per il proprio lavoro e, dunque, felicità.

In altre parole, nonostante gli ottimi risultati in azienda, non mancano i lavoratori che non si sentono pienamente appagati. Approfondire questo sarà indispensabile per fotografare meglio la condizioni degli italiani.

Dove sono i lavoratori più felici in Italia: come è stata fatta la ricerca

Riguardo la metodologia utilizzata, il professor Sandro Formica ha spiegato che in questa nuova edizione del questionario dell’Osservatorio sono stati presi in considerazione i consigli ricevuti dagli intervistati in passato.

I dati sono stati ulteriormente divisi per genere, generazione e area geografica, in modo da analizzare nel dettaglio la rilevanza statistica e l’incidenza di alcuni fenomeni.

Proprio la differenza emersa tra Nord e Sud si delinea come un importante cambiamento del paradigma di un meridione fatto di persone insoddisfatte e pronte a emigrare, per cercare una condizione lavorativa migliore in un settentrione ricco e dedito al troppo lavoro.

L’intervista ha coinvolto 1.314 lavoratori attivi, fornendo un punto di partenza per un’analisi che sarà riprodotta ogni anno e un innovativo sistema di misurazioni oggettive nel nostro Paese.

In futuro l’Associazione Ricerca Felicità prevede il coinvolgimento di istituzioni, organizzazioni profit e non profit, scuole, enti educativi e media al confronto e all’ampliamento dell’Osservatorio sulla felicità, per fornire una fotografia ancora più accurata della condizione dei lavoratori nel nostro paese.

Aggiornamento: il lavoro come fonte di felicità e non di stress, una nuova ricerca

Gli studi che provano a fare chiarezza sul rapporto tra occupazione ed (in)felicità di certo non mancano, e sono pubblicate con continuità. Basti pensare al lavoro uscito lo scorso anno, secondo cui per 6 italiani su 10, soprattutto giovani (l’81% tra i 18 e i 24 anni), lavorare porta – o meglio può portare – ad una vera sensazione di benessere.

Ci riferiamo in particolare allo studio ‘Italiani e Lavoro: Cosa cerchiamo da un’azienda? Molto più di un semplice lavoro‘, frutto dell’impegno di AstraRicerche per Heineken Italia. Come ha riportato Ansa, infatti, su un campione di oltre mille italiani lavoratori di età inclusa tra i 18 e i 65 anni, più della metà dà all’occupazione un rilievo chiave per sentirsi felici.

Ma attenzione alle caratteristiche fondamentali per il lavoro perfetto, ossia condizioni economiche all’altezza, ambiente di lavoro sano, relazioni amichevoli tra colleghi e con i superiori (evitando il pericolo mobbing), buon bilanciamento tra vita privata e professionale e stabilità contrattuale. Senza dimenticare il concreto apporto aziendale a temi quali la sostenibilità, la diversità e l’inclusione.

L’indagine in oggetto ha mostrato un dato assai significativo: quasi la metà degli italiani (percentuale pari al 46%) vorrebbe delle condizioni economiche realmente proporzionate all’impegno profuso, e un buon ambiente di lavoro per crescere professionalmente e non rischiare di vivere fasi di stress.

Non solo. Prendendo come riferimento il 2022, il lavoro di AstraRicerche ha segnalato che tra gli occupati italiani non è affatto infrequente la voglia di dimettersi per cambiare lavoro.  In quell’anno, infatti, ben 2,2 milioni di cittadini hanno esercitato il cd. recesso unilaterale, per cercare migliori opportunità – ma con il rovescio della medaglia: ben il 41% di chi cambiato attività si è poi pentito della scelta fatta.