Nel 2024 aumentano gli stipendi per i dipendenti: le cifre

Con la riforma delle aliquote Irpef sale lo stipendio, di fatto, per determinate fasce di reddito. Calano le tasse e dunque gli stipendi netti diventano più ricchi: ecco per chi

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Con l’approvazione della delega fiscale e con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenuta il 14 agosto il governo è a metà strada nel suo cammino verso la riforma del Fisco. Il resto del percorso, però, è in salita.

Delega fiscale approvata: dalle parole ai fatti

La delega contiene infatti i principi fondamentali ai quali il legislatore dovrà ispirarsi per riformare il sistema fiscale italiano. Ora occorre passare dalla teoria ai fatti trasformando quel quadro concettuale in riforme vere e proprie.

È vero che il tempo gioca a favore del governo dal momento che la deadline per ultimare le riforme è fissata al 29 agosto 2025. Ma è anche vero che la complessità e la vastità della materia sono tali che ogni settimana di lavoro è vitale.

La delega fiscale contiene una quantità di principi. Uno fra i più importanti riguarda la riforma dell’Irpef. L’obiettivo ultimo dichiarato dal governo è quello di un’aliquota unica universale. Si tratta di un vecchio cavallo di battaglia della Lega, accolto da tutta la maggioranza e rivisitato per l’occasione.

Per arrivare all’aliquota unica, praticamente una flat tax, si passerà da uno step intermedio: la riduzione da 4 a 3 degli scaglioni Irpef.

L’articolo della Costituzione sulla progressività

E qui sorge un intoppo: il principio costituzionale impone il criterio della progressività nella contribuzione. Criterio che verrebbe violato da una aliquota uguale per tutti.

Recita l’articolo 53 della Costituzione italiana: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Il governo ha studiato il modo di armonizzare la flat tax con i criteri costituzionali: l’aliquota sarà sì uguale per tutti, però la progressività verrà garantita da detrazioni e deduzioni, inversamente proporzionali all’aumentare del reddito.

La riforma dell’Irpef porta con sé anche la rivisitazione del sistema delle detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta.

Scaglioni Irpef 2023

Attualmente gli scaglioni Irpef sono quatto, come detto:

  • fino a 15mila euro di reddito – aliquota al 23%;
  • da 15mila a 28mila euro – aliquota al 25%;
  • da 28mila a 50mila euro – aliquota al 35%;
  • oltre i 50 mila euro – aliquota al 43%.

Scaglioni Irpef: simulazione post riforma del Fisco

Le prime indiscrezioni in merito alla riforma dell’Irpef vedevano un accorpamento fra le prime due fasce. Ora sembra che a fondersi saranno invece il secondo e il terzo scaglione. Una ipotesi in tale direzione arriva anche dalla Ragioneria di Stato.

Secondo tale ipotesi si vedrebbe un leggero aggravio fiscale per i redditi più bassi e un sensibile alleggerimento per i redditi più alti. Ecco la simulazione riportata dal Corriere della Sera:

  • un reddito di 20mila euro paga +100 euro di Irpef (+2,13%);
  • un reddito di 35mila euro paga -300 euro di Irpef (-3,28%);
  • un reddito di 50mila euro paga -1.500 euro di Irpef (-10,42%);
  • un reddito di 60mila euro paga -1.500 euro di Irpef (-8,02%).

Il quadro, come anticipato, verrebbe poi completato da un sistema di detrazioni e deduzioni particolarmente favorevole per i bassi redditi.

Il quotidiano riporta anche un’altra simulazione, effettuata dai Consulenti del lavoro, in cui a sorridere sono invece tutte le fasce di reddito:

  • un reddito di 20mila euro paga -100 euro di Irpef (-2,13%);
  • un reddito di 35mila euro paga -400 euro di Irpef (-4,05%);
  • un reddito di 50mila euro paga -700 euro di Irpef (-4,86%);
  • un reddito di 60mila euro paga -700 euro di Irpef (-3,74%).

Oltre agli altri punti introdotti dalla delega fiscale, il Fisco secondo il governo Meloni punta a una inversione a U passando dall’onere della prova al principio di buona fede. Questo al fine di offrire maggiori garanzie ai cittadini.