Quando un giorno festivo cade durante la settimana lavorativa, come quest’anno il 1° maggio e il 25 aprile, si parla di “festività goduta” in busta paga. Ma cosa significa esattamente? A cosa ha diritto il lavoratore e come cambia il cedolino?
1° maggio e 25 aprile in busta paga
Partiamo dalle basi, ovvero: come vengono riportate le festività in busta paga? È importante fare questa premessa perché non sempre si procede allo stesso modo, visto che c’è una differenza in questi casi, ovvero quella tra festività godute e festività non godute.
Sono festività godute quelle che ricadono durante un giorno infrasettimanale, come quest’anno il 25 aprile (martedì) e l’1 maggio (lunedì). In questo caso il lavoratore usufruisce di un giorno di riposo in più, coincidente con una festività in calendario, rispetto a quelli convenzionalmente previsti.
Sono festività non godute quelle che invece ricadono durante un giorno della settimana già di per sé festivo, come l’anno scorso l’1 maggio (coincidente con la domenica).
La differenza è fondamentale perché dovrà essere riportata in busta paga (qui vi spieghiamo come leggerla).
Quando non viene pagata la festività?
Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica [art. 2109 del codice civile].
Il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali è disponibile da parte del lavoratore, il quale può rinunciarvi in virtù di un accordo individuale con il datore di lavoro, o di accordi sindacali stipulati da O.O.S.S. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato. Questo vuol dire che, salvo diverso accordo, il giorno rosso in calendario da diritto a un giorno di riposo anche quando normalmente si sarebbe lavorato. Ma cosa comporta questo a livello retributivo?
In questi casi si parla di festività godute, come per l’1 maggio e il 25 aprile di quest’anno. Per cui il legislatore riconosce al lavoratore, anche se è assente dal lavoro, il diritto alla retribuzione. È una regola generale, quindi, che la festività venga goduta dal dipendente, che ha diritto di astenersi dal lavoro mantenendo comunque il corrispettivo stipendio.
A disciplinare invece i casi di festività non goduta è la legge 260/1949 che all’articolo 5 (comma 3) stabilisce che: “Qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera.”
Tale principio non vale per le festività che coincidono con un giorno di riposo compensativo del lavoratore che non sia la domenica (per esempio il sabato), per cui non si ha diritto al pagamento della festività, dato che il giorno di riposo coincide con un giorno lavorativo a zero ore.
Di conseguenza, nel caso di lavoratore con contratto che prevede il suo impiego dal lunedì al venerdì, il giorno della festività coincidente con il sabato viene considerato come un giorno feriale a zero ore lavorative, non essendo né un giorno di riposo del lavoratore né un giorno lavorativo, la festività non dà diritto alla retribuzione in più in busta paga.
Le eccezioni
Quando si parla di festività e ferie godute o non godute, ovviamente, non si può generalizzare sempre. La disciplina, infatti, regola anche i casi particolari, stabilendo delle eccezioni.
Per esempio, nel caso di chi presta un servizio essenziale, di prima necessità o lavora a turni (come il personale medico e sanitario, le forze dell’ordine, gli impiegati nel settore turismo e ristorazione etc.) deve fare riferimento a quanto stabilito dai Contratti Collettivi Nazionali.
In linea di massima, tuttavia, il principio che regola la disciplina è che il giorno di festa lavorato deve essere normalmente retribuito con una maggiorazione che comprenda anche l’indennità festiva.