Gli stipendi in Italia non crescono quanto l’inflazione: più bassi della media Eurozona

In Italia gli stipendi dei lavoratori sono cresciuti negli ultimi anni, ma non alla stessa velocità dell'inflazione: difficile dire quanto gli aiuti di Stato gravino sul dato

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

In Italia gli stipendi dei lavoratori sono aumentati, ma non sono cresciuti abbastanza rispetto alla corsa sfrenata dell’inflazione. È questo il dato allarmante per i lavoratori italiani che emerge dalla relazione annuale dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, nel quale si sottolinea anche che l’aggiustamento dei conti pubblici cui il Paese è chiamato per rispettare le regole Ue di Bilancio risente fortemente dell’aumento della spesa pubblica dovuta all’emergenza covid degli scorsi anni e agli interventi posti in essere per frenare, almeno in parte, gli effetti sull’inflazione. Il potere d’acquisto degli italiani è, dunque, sempre meno forte, con gli stipendi che hanno perso valore in termini reali, cioè tenendo conto della corsa dei prezzi.

Gli stipendi in Italia non crescono quanto l’inflazione

Così come emerge in maniera molto chiara dallo studio dai dati della relazione annuale dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, che è l’organismo di controllo dei conti pubblici, gli stipendi dei lavoratori in Italia sono aumentati in valore assoluto, ma l’impatto sperato non è stato quello di aumentare il potere d’acquisto dei cittadini, visto che l’inflazione ha corso a una velocità maggiore.

Stipendi italiani, più bassi della media dell’Eurozona

L’analisi ha come arco temporale gli ultimi dieci anni, periodo nel quale la crescita dei salari dei lavoratori c’è stata, ma l’aumento del costo della vita ha rosicchiato il valore in termini reali. Il risultato è che con i soldi che si hanno in tasca non si riesce più a comprare le stesse cose che si acquistavano in passato con quella data cifra.

Interessante notare anche che, sempre tenendo conto del carovita, i redditi pro capite dei lavoratori italiani sono andati riducendosi nel corso degli ultimi 10 anni, con gli stipendi italiani che sono più bassi rispetto alla media dell’Eurozona.

Gli aiuti di Stato gravano sui conti pubblici

Nel suo report, l’Ufficio parlamentare bilancio parla anche degli ingenti aiuti di Stato che l’Italia ha posto in essere in questi ultimi anni per cercare di contenere l’inflazione e risollevarsi dall’emergenza sanitaria. Rientrano in queste misure l’alleggerimento delle bollette di luce e gas per famiglie e imprese, lo sconto per il pieno al distributore di benzina o l’aumento tabellare delle pensioni.

Per stessa ammissione dell’organismo di controllo dei conti pubblici, è difficile capire come questi interventi abbiano gravato sulla perdita del potere d’acquisto dei lavoratori italiani. I dati, tuttavia, lasciano intendere la portata gravosa degli aiuti di Stato: nel biennio 2022 – 2023 sono stati distribuiti in totale poco più di 100 miliardi di euro. Si tratta di una cifra bassa o troppo alta? Impossibile dirlo, ma quel che è certo è che, come riferito dal report, questi interventi hanno permesso la tenuta e la ripresa dell’economia, anche se non sono pochi i casi registrati di assegnazioni a soggetti che non ne avevano diritto o reale necessità.

Il debito pubblico italiano resta alto

Gli ingenti aiuti di Stato volti a contenere l’inflazione e a limitarne gli effetti negativi in Italia hanno portato il Paese a incrementare ancora di più il proprio debito pubblico. Le misure degli scorsi anni, dunque, impongono ora al governo la necessità di ricalibrare i conti, evitando sprechi e tagliando dove possibile le spese nel prossimo futuro.