Prof insegna da 20 anni ma non è laureata. Dovrà restituire 247mila euro

Per due decenni avrebbe ricoperto il ruolo di insegnante di inglese e tedesco in scuole elementari e licei

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Un nuovo caso di irregolarità riguardante i titoli di studio di membri del personale scolastico: una donna di 49 anni, residente a Como, ha insegnato per due decenni senza possedere né laurea né diploma. È stata condannata a restituire la somma di 247.000 euro, come riportato da diverse fonti, tra cui Il Giorno e La Repubblica.

La donna era sprovvista di laurea e diploma

La donna, con un curriculum che annovera una serie di incarichi in istituti del comasco, è stata condannata dalla Corte dei Conti della Lombardia a restituire oltre 247.000 euro, avendo percepito stipendi come docente senza possedere i titoli necessari per l’insegnamento. Inoltre, le lezioni impartite dalla donna potrebbero addirittura essere state considerate “dannose” per l’apprendimento degli studenti.

Tutto è partito nel 2020, quando il dirigente scolastico di un istituto a Como, dopo aver esaminato le dichiarazioni presentate dalla donna, ha scoperto che non si era laureata in Lingue e letterature straniere moderne presso la IULM di Milano, come dichiarato da lei. Nonostante fosse iscritta, l’insegnante non aveva superato il numero minimo di esami nel periodo stabilito dal regolamento.

L’insegnante aveva affermato di aver conseguito il diploma magistrale presso la scuola paritaria Matilde di Canossa di Como, diploma che, tuttavia, non aveva mai ottenuto. La sentenza della Corte dei Conti ha evidenziato la gravità della situazione, sottolineando il possibile danno causato agli studenti a causa delle lezioni impartite senza i requisiti richiesti.

Attività abusiva iniziata nel 2003

Successivamente alla presentazione della denuncia, il caso è stato sottoposto all’attenzione della Procura, che nel mese di gennaio del 2022 ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti della “professoressa” coinvolta per le false attestazioni relative al suo titolo di studio. Nel corso di questo periodo, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Como ha prontamente segnalato l’incidente alla Corte dei Conti. In seguito, la Corte dei Conti ha avviato approfondite indagini, giungendo alla conclusione che l’attività abusiva risaliva all’anno scolastico 2003-2004.

I giudici della Corte dei Conti, nella loro pronuncia, hanno sottolineato l’importanza di garantire che l’insegnamento venga svolto da individui adeguatamente qualificati, affermando: “La prestazione resa in assenza dei requisiti di abilitazione richiesti rappresenta una prestazione non solo priva di valore, ma potenzialmente dannosa per il processo di apprendimento degli studenti.”

Ennesimo caso: l’inchiesta “DiplomATA”

Oggi è stato reso noto un caso simile: i finanzieri del Comando Provinciale di Udine hanno concluso l’operazione “DiplomATA”, segnalando alla Procura della Repubblica 39 individui accusati di falsificare il possesso di titoli culturali, professionali o di servizio per ottenere l’assunzione con contratti a tempo determinato presso varie scuole, dal 2018 al 2022, in ruoli come addetti amministrativi, tecnici e ausiliari (ATA).

Quindici delle persone assunte hanno presentato diplomi falsi provenienti da quattro istituti scolastici della Campania, i quali emettevano pergamene o certificati di diplomi illegittimi su richiesta. Inoltre, è emerso che il numero progressivo identificativo di tre diplomi rilasciati da un istituto paritario nella provincia di Salerno era fittizio, in quanto già associato ai diplomi di tre diversi studenti. In un caso, una persona è stata assunta a tempo determinato sulla base di un diploma di licenza media mai effettivamente conseguito.

Tra i dipendenti ATA coinvolti, 30 hanno dichiarato falsamente di possedere titoli di servizio, attestando di aver lavorato presso istituti scolastici paritari. Le indagini hanno dimostrato l’inesistenza di tali esperienze professionali, senza che fossero stati corrisposti stipendi o versati contributi in relazione a queste affermazioni false.