Precarie o senza lavoro, la situazione delle mamme in Italia

Il report di Save the children "Le equilibriste, la maternità in Italia nel 2023" fotografa le condizioni delle lavoratrici con figli in Italia

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

La festa della mamma è arrivata quest’anno il 14 maggio, ma anche questa ricorrenza è l’occasione per puntare la lente d’ingrandimento sulle condizioni e i diritti in Italia delle lavoratrici con figli. Lo fa Save the children all’interno del consueto rapporto, intitolato nell’ultima edizione “Le equilibriste, la maternità in Italia nel 2023”, che dipinge un quadro di donne precarie o senza lavoro e in ogni caso lasciate a sé stesse nel tentativo di conciliare la vita professionale con quella familiare.

I numeri sulle mamme lavoratrici in Italia

Secondo il report dell’organizzazione internazionale a tutela dell’infanzia, aggiornato ai dati del 2022, il divario in Italia tra il tasso di occupazione degli uomini e quello delle donne è del 17,5%, ma si allarga ancora di più tra mamme e papà: in presenza di un figlio minorenne, nella fascia di età 25-54 anni, il tasso di occupazione per le madri si ferma al 63% fino a scendere al 56,1% con due bambini, mentre nel primo caso i padri che lavorano sono il 90,4% percentuale che sale ancora di più con due figli al 90,8%, portando il divario con le lavoratrici a 34 punti percentuali.

Anche nel caso di mamme che riescono a trovare un’occupazione e a coniugare vita familiare e professionale, il lavoro rimane precario per il 37% delle madri con un contratto part-time, contro il 7% degli uomini, che nella metà dei casi sono costrette a un part-time involontario. Le percentuali di contratti part-time riguarda in generale un terzo delle donne nel 32% dei casi, a fronte del 7% degli uomini.

Ad aggravare la disparità concorrono poi anche il titolo di studi e la zona geografica di appartenenza: al Sud l’occupazione delle donne con figli si ferma al 39,7%, che cresce al 46,4% senza figli, a fronte del 71,5% del Nord (78,9% senza figli).

Il rapporto di Save the children

“Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini, con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner” è il commento della responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza di Save the Children Italia, Antonella Inverno (qui avevamo parlato di quante mamme avevano perso il lavoro con il Covid).

“Tuttavia – ha aggiunto la rappresentante della Ong – la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l’infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare — ricorda la situazione Inverno

Nell’analisi di Save the children è compreso anche “l’Indice delle Madri“, uno strumento elaborato dall’Istat per l’Ong, che permette di stilare una classifica delle Regioni e province autonome italiane dove le condizioni per le mamme sono più favorevoli.

In cima a questa graduatoria si piazza la Provincia di Bolzano seguita al secondo posto dall’Emilia Romagna e la Valle D’Aosta sul terzo gradino del podio. Maggiormente penalizzate sono le mamme in Basilicata, con condizioni ancora peggiori registrate in Sicilia e Campania (qui avevamo parlato del bonus per le neomamme della regione Umbria).

“I provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità – ha detto ancora Inverno – Non possiamo permetterci di perdere l’occasione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L’Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso”.