L’avvento delle auto elettriche come principale mezzo di spostamento delle persone continua a subire rallentamenti e, in assenza di un quadro normativo che possa incentivare tale passaggio, sono molte le aziende automobilistiche e di componentistica che stanno accusando le incertezze. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello dell’azienda svedese Northvolt specializzata nella produzione di batterie per auto elettriche. Malgrado un ruolo da leader nel mercato di riferimento, l’azienda ha annunciato che a causa della crisi della domanda dovrà affrontare un periodo turbolento contraddistinto da un pesante taglio dei posti di lavoro. A rischio ci sono 1.600 persone.
Northvolt in crisi, taglia i lavoratori
La crisi Northvolt lascia intendere quanto il mercato dell’elettrico in Europa sia ancora un grande punto interrogativo. L’azienda fondata nel 2016, infatti, era stata la prima ad avviare una gigafactory in Europa per la produzione di batterie elettriche e aveva presto ottenuto finanziamenti cospicui da parte di diversi importanti investitori come Volkswagen e Goldman Sachs.
Un passato glorioso che ora, a causa del sempre più risicato numero di immatricolazioni di auto elettriche nel Vecchio Continente e dell’agguerrita concorrenza asiatica, non permette a Northvolt di mantenere intatta la propria forza lavoro. I segnali di crisi erano evidenti già da tempo, visto che solo all’inizio di questo mese la società produttrice di batterie avere deciso di rifocalizzare la propria strategia su un unico segmento di mercato e di stoppare altri progetti importanti che aveva avviato in Svezia.
“Stiamo vivendo uno dei momenti più difficili nella storia della nostra azienda – ha detto Daniele Maniaci, Chief People Officer di Northvolt – dobbiamo affrontare la difficile realtà della riduzione della nostra forza lavoro”.
A rischio 1600 lavoratori Northvolt
Stando a quanto trapelato dall’azienda, la crisi mette a rischio ben 1.000 dipendenti svedesi della Northvolt nella mega-fabbrica di Skelleftea, cui se ne aggiungono altri 600 in altre aree del Paese scandinavo.
Oltre alla riduzione della forza lavoro, i recenti sviluppi negativi di Northvolt impongono anche il blocco dell’espansione dell’impianto situato nel Nord della Svezia che, stando ai piani precedenti, avrebbe dovuto aggiungere 30 gigawattora di potenza delle celle della batteria che così avrebbero potuto alimentare circa 500mila veicoli all’anno.
La crisi dell’auto elettrica
A portare in crisi l’attività di Northvolt è il crollo delle immatricolazioni delle auto elettriche in tutti i principali mercati europei, Italia in testa, che a cascata sta colpendo diverse aziende del comparto automobilistico e i fornitori di componentistica.
Poco conta, dunque, che Northvolt avesse in passato incassato in passato 26,5 miliardi di euro dalle principali aziende europee, tra cui Volkswagen, Bmw e Volvo, per l’implementazione della produzione delle proprie batterie: oggi le auto elettriche non hanno mercato e chi ha investito in questo settore accusa, molto, il colpo.
A bloccare il mercato dell’elettrico sono principalmente gli alti costi di questi veicoli per i consumatori che, così come evidenziato da Federauto, possono permettersi di spendere molto meno. In Italia, dove un’utilitaria da strada elettrica ha un prezzo compreso tra i 30 e 37mila euro, il consumatore medio ha un budget di spesa di 8mila euro per l’automobile e, dunque, non ha altra scelta che orientarsi verso veicoli inquinanti da euro 4 a euro zero. L’elettrico, indubbiamente più pulito, tre volte più efficiente, con meno costi in manutenzione e capace di garantire l’abbattimento delle accise sul carburante, perde tutte queste qualità quando si tratta di valutare l’investimento richiesto. Le aziende, non possono che non accusare il colpo.