Just Eat licenzia in massa e ammette la delocalizzazione in Paesi dal costo lavoro più basso

La necessità di risparmiare sui costi del lavoro ha spinto un colosso del settore come Just Eat a licenziare in massa: confronto con i sindacati in corso

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 9 Novembre 2024 06:00

Di colpo si torna a parlare del mondo dei rider, anche se nello specifico non giungono nuove lamentele, al di là delle solite, dai fattorini. Il grido di protesta riguarda invece il lavoro d’ufficio, con Just Eat che candidamente ammette le proprie intenzioni: delocalizzazione verso Paesi che garantiscono un netto risparmio, considerando un costo del lavoro rivisto al ribasso.

Just Eat licenzia a Milano

Just Eat non salute l’Italia ma l’assistenza client cambia location. La multinazionale è nata nel 2001 e dopo 10 anni è approdata in Italia. Ormai ben nota e, dopo la pandemia di Covid, fa parte delle abitudini di un’ampia fetta di italiani.

È infatti una delle piattaforme principali per il food delivery nel nostro Paese, che può vantare oggi migliaia di rider e soprattutto partner. È ormai raro passeggiare per uno dei tantissimi centri storici italiani e non imbattersi negli adesivi arancioni affissi alle vetrine.

Se ci si concentra sulle principali città italiane, la presenza è davvero capillare. Tutto ciò ha portato alla costituzione di una sede a Milano con più di 200 dipendenti. In questi uffici ci si occupa soprattutto di assistenza clienti, amministrazione e gestione operativa. In pratica un supporto costante per gli utenti e per i rider. Circa un quarto di questi lavoratori, però, dovrà dire addio al proprio ruolo.

Licenziamenti in massa, con una riduzione di quasi il 25% della forza lavoro totale. Lo ha riportato una nota congiunta dei sindacati Fisascat, Uiltucs e Filcams. L’assistenza clienti è il reparto maggiormente colpito, anzi travolto, ed ecco la motivazione della società: “Necessità di trovare costi di produzione più bassi e maggiore flessibilità oraria, aderente al modello di business”.

Il mercato in Italia e la versione di Just Eat

Prevedibilmente, la mossa di Just Eat è stata ampiamente criticata dalle sigle sindacali. Questa delocalizzazione è inaccettabile, si legge, anche se a conti fatti inarrestabile: “Si sfrutteranno retribuzioni più basse e minori diritti, creando un grave dumping tra lavoratrici e lavoratori”.

Le organizzazioni sindacali hanno avviato le necessarie procedure per tentare di contrastare i licenziamenti. Pronta una mobilitazione da parte di Fisascat, Uiltucs e Filcams, che mirano a ridurre il più possibile l’impatto sui dipendenti.

Anche l’azienda ha preso parola, precisando d’essere impegnata in una revisione interna, che coinvolge diversi mercati. Si evidenzia però come sia in corso una fase di consultazione, dopo aver informato le organizzazioni sindacali in merito alle intenzioni di esternalizzare la funzione del servizio clienti.

“Non possiamo fornire ulteriori dettagli in questo momento. È importante però sottolineare che l’azienda fornirà supporto e assistenza a tutti i lavoratori coinvolti, dichiarandosi aperta al confronto con i sindacati per trovare la miglior soluzione possibile”.

Una decisione che appare decisamente sorprendente, tenendo conto dell’assunzione di ben 6mila rider a contratto subordinato nel solo 2021. Sotto questo aspetto l’azienda è stata la prima a fare un passo del genere, in accordo con i sindacati.

Il vero problema risiede però nella lentezza della crescita del mercato in Italia. Di fatto il settore non è ancora consolidato e i motivi sono svariati. Rispetto ad altri mercati in Europa, il food delivery è ancora indietro nel generale panorama del food&grocery. Quest’ultimo rappresenta il 10% dell’e-commerce in Italia, riporta Schhol of Management del Politecnico di Milano. Si tratta di 1,5 miliardi di euro a fronte di complessivi 4 miliardi.

Just Eat ottiene una porzione di tutto ciò, consapevole però del fatto che appena il 5% degli italiani adoperi l’app per ordinare cibo a domicilio. In altri Paesi la media è del 40%. È una mera questione culturale, che affonda le radici anche in un’annosa diffidenza nei confronti dei pagamenti digitali.

Basti pensare alle code incredibili e incomprensibili ai caselli autostradali, con la maggioranza degli automobilisti non disposti a sfruttare Telepass e simili. Tutto ciò contribuisce a un calderone colmo di diffidenza, con Just Eat che non intende più correre rischi in attesa che qualcosa cambi.