Se una persona viene assunta firmando un contratto di lavoro, va da sé che abbia accettato l’offerta del futuro datore anche e soprattutto in merito alle mansioni che andrà a svolgere. Anzi queste ultime, come ovvio, gli saranno affidate proprio perché chi assume si fida delle competenze e dell’eventuale esperienza maturata sul campo da parte del lavoratore.
Sembra un concetto banale, ma così non è. Una recente decisione della Suprema Corte, la n. 12139/2025, ci ricorda che gli infermieri possono essere risarciti se gli vengono attribuiti compiti diversi e tipici, invece, della categoria degli operatori socio sanitari. Di mezzo, infatti, c’è la lesione della dignità professionale e dell’immagine di questa figura lavorativa.
Vediamo allora più da vicino l’interessante provvedimento che, peraltro, non vieta sempre e comunque di adibire un dipendente pubblico a mansioni inferiori, ma ammette il demansionamento soltanto a specifiche condizioni.
Indice
La sentenza per l’infermiere demansionato
Un infermiere aveva fatto causa all’ASL abruzzese presso cui lavorava perché lamentava di essere stato spostato a svolgere le attività tipiche degli Oss, come il trasporto dei pazienti, la risposta ai campanelli, il riordino dei letti, la pulizia dei locali e la cura delle incombenze igieniche. Tutto per buona parte della giornata lavorativa.
Sulla scorta delle prove e delle testimonianze raccolte, il giudice d’appello aveva riformato la sentenza del primo grado, riconoscendo che effettivamente l’infermiere, per un periodo prolungato, era stato ingiustificatamente costretto a svolgere compiti di livello inferiore e non menzionati nel contratto individuale di lavoro.
In particolare la Corte territoriale giustificava la sentenza di condanna al risarcimento, evidenziando la prevalente manualità dei compiti imposti “a fronte del carattere intellettuale, per il livello di conoscenze richiesto della professione” dell’infermiere e il compimento delle attività alla presenza dei pazienti, che avrebbe ingenerato un senso di umiliazione nel lavoratore retrocesso a mansioni inferiori.
Il carattere intellettuale non è legato soltanto al fatto che l’infermiere abbia una laurea, ma riguarda soprattutto le responsabilità, le conoscenze, le competenze e l’autonomia decisionale che la legge gli attribuisce.
In sintesi l’assegnazione crescente e sistematica a compiti tipici dell’Oss è un demansionamento perché:
- svilisce le competenze tecnico-scientifiche dell’infermiere;
- viola la qualifica e il contratto individuale;
- lede dignità e immagine del professionista.
L’Asl si difese invano, affermando che le attività di Oss non potevano considerarsi del tutto distinte o divise dalla professionalità dell’infermiere e che il codice deontologico prevede che gli infermieri compensino gli eventuali disservizi o problemi organizzativi interni.
In appello il risarcimento venne stabilito dal giudice in via equitativa, con il versamento al dipendente del 6% dello stipendio per tutto il periodo dello spostamento alle mansioni inferiori degli operatori socio-sanitari.
La decisione della Cassazione e il risarcimento
Il ricorso in Cassazione, da parte della Asl, è stato bocciato ed è stata ribadita la condanna al risarcimento danni per lesione della dignità professionale e dell’immagine nei confronti di terzi.
Sostanzialmente la Corte ha considerato corretto il ragionamento logico-giuridico dei magistrati dell’appello.
In particolare i giudici di piazza Cavour, contestando le argomentazioni dell’Asl, hanno messo in evidenza come l’assegnazione di mansioni degli Oss agli infermieri sia legittima soltanto in caso di necessità e urgenza, per esigenze concrete e non rinviabili.
Ci devono cioè essere ragioni di sicurezza o motivi eccezionali, contingenti e documentati per cui, occasionalmente, è possibile dequalificare l’infermiere professionale senza alcun danno.
Si pensi ad esempio al caso pratico in cui, durante il turno notturno, due Oss non si presentano al lavoro per improvvisa malattia e non c’è possibilità immediata di sostituzione.
Se ci sono pazienti non autosufficienti che necessitano di igiene urgente, l’intervento non è rinviabile al mattino e se l’infermiere è momentaneamente il solo operatore disponibile a prestare assistenza diretta, potrà temporaneamente supportare in compiti tipicamente degli Oss.
Sarà compito del coordinatore del reparto motivare per iscritto il perché del demansionamento. In questo caso, la richiesta occasionale agli infermieri di svolgere attività tipiche degli OSS trova fondamento nei doveri di flessibilità che incombono sul lavoratore pubblico.
Se l’infermiere è sistematicamente, prevalentemente e continuativamente adibito ai compiti dell’Oss, la violazione contrattuale è palese e comporta il risarcimento danni, nella misura stabilita dal giudice in tribunale al termine della causa legale.

Che cosa cambia per infermieri e Oss
Con l’ordinanza n. 12139 la Cassazione ha espresso un principio giuridico molto importante e valevole per tutto il pubblico impiego regolato da contratti collettivi.
Il lavoratore, venendo in rilievo il suo dovere di leale collaborazione nella tutela dell’interesse pubblico, può essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle di assegnazione, ma questo a patto che le mansioni non siano completamente estranee alla sua professionalità.
La Corte ha spiegato che caso per caso, e quindi sulla scorta degli elementi concreti e delle prove ogni volta emergenti (durata dell’assegnazione, ragioni organizzative, regole del Ccnl di riferimento, presenza di minacce o pressioni, trattamento differenziato tra lavoratori nella stessa posizione, ecc.) andrà vagliata una eventuale responsabilità per danni della PA e delle istituzioni.
Di mezzo ci sono sia la tutela della professionalità che dei diritti dei lavoratori.
Ricordiamo anche che, per ottenere il risarcimento dei danni e far accertare la responsabilità dell’amministrazione in caso di demansionamento illegale, occorre sempre avviare un giudizio ordinario presso il giudice del lavoro, partendo dal primo grado.
Per ottenere il risarcimento, non basta quindi una diffida o una PEC. Il dipendente assunto con contratto di lavoro subordinato dovrà dimostrare l’effettivo spostamento di mansioni, l’abuso e il danno subito.
Concludendo, la decisione della Cassazione potrebbe essere apripista per tante altre azioni legali da parte di infermieri sottopagati e in fuga dal sistema sanitario italiano e per tutti i lavoratori pubblici che abbiano patito situazioni simili.