Il Consiglio Ambiente dell’Unione europea ha approvato in via definitiva la cosiddetta “Direttiva rider”, che in realtà riguarda tutti i lavoratori gestiti da app e piattaforme digitali. Il Consiglio ha confermato l’accordo preliminare raggiunto con gli Stati membri l’11 marzo 2024, con la sola astensione della Germania, volto a migliorare le condizioni dei lavoratori. Si tratta della prima volta che viene regolato un sistema lavorativo basato sugli algoritmi.
Le tempistiche
La Direttiva rider sarà ora firmata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, poi entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. I singoli Stati membri avranno 2 anni di tempo per adeguare la propria legislazione alle indicazioni comunitarie.
Secondo il censimento del 2021, la modifica riguarda 28 milioni di lavoratori nell’Unione europea, impegnati presso più di 500 piattaforme di lavoro digitali. La cifra, si stima, dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025.
Cosa cambia
Come scrive il Consiglio in una nota, la Direttiva renderà più trasparente l’uso di algoritmi nella gestione delle risorse umane, garantendo che i sistemi automatizzati siano monitorati da personale qualificato, soprattutto per le decisioni che hanno impatti significativi sulla vita e sulle professioni dei lavoratori, che avranno il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Nessuno verrà più licenziato o disconnesso da un sistema automatico. Ai rider e agli altri lavoratori delle piattaforme digitali non potrà più essere chiesto impunemente di rinunciare ai diritti in merito al riposo e alle performance.
Fra i principali nodi che gli Stati Ue dovranno affrontare, c’è il fatto che le multinazionali proprietarie delle app trattano i lavoratori come autonomi a partita Iva con paghe a cottimo (senza dunque stipendi orari), con nessun diritto a ferie, malattia, maternità, Tfr, scatti d’anzianità e tutele in caso di ingiusto licenziamento. E senza il riposo minimo garantito fra un turno e l’altro.
In mancanza di una legislazione specifica in Italia, i tribunali e la Cassazione hanno stabilito che ai rider vada applicata la legislazione sul lavoro dipendente.
Tutela della privacy
La direttiva introduce anche norme che proteggono in modo più solido i dati dei lavoratori delle piattaforme digitali. Ai datori di lavoro sarà vietato elaborare determinati tipi di informazioni personali, come quelle sullo stato emotivo o psicologico, nonché sulle convinzioni personali. Per la legislazione italiana si tratta di una parziale conferma.
Pedalare come atleti professionisti
Mesi fa destò scalpore la denuncia dei sindacati contro una nota piattaforma di food delivery. La Cgil riportò il caso di una “una sanzione pari a 3 ore di multa” arrivata a “una lavoratrice che utilizza una bici muscolare”: per una consegna “che prevede una distanza di 6,4 km l’algoritmo ha previsto una velocità media di percorrenza, in mezzo al traffico e con tutti gli imprevisti tipici dell’attività su strada, pari a 26,3 km/h, una media non troppo inferiore a quella che ha permesso a Tadej Pogačar di aggiudicarsi il Giro d’Italia 2024“. Tutto questo presto non sarà più permesso.