Il decreto salva-infrazioni riscrive il Jobs Act, c’è la stretta sui contratti a termine

Con il dl 131/2024 viene meno quella parte di Jobs Act che disciplinava i contratti a termine: in caso di abuso saltano i tetti ai risarcimenti nel settore privato e nel pubblico il limite viene posto a 24 mensilità

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 12 Novembre 2024 12:15

Il decreto salva-infrazioni Ue (dl 131/2024) è legge e le novità introdotte vanno a modificare l’assetto dei contratti a termine, sia nel settore pubblico che in quello privato. In caso di contratti a termine dichiarati illegittimi dal giudice e trasformati a tempo indeterminato, i dipendenti della pubblica amministrazione potranno ottenere risarcimenti fino a un massimo di 24 mensilità. Nel settore privato, invece, si ripristina la possibilità di poter ottenere risarcimenti potenzialmente illimitati (cioè non predeterminati dalla normativa).

La modifica introdotta dal decreto salva-infrazioni Ue si applica alle illegittimità di proroghe e rinnovi oltre i 12 mesi.

Come cambia il lavoro privato

È stato di fatto riscritto l’articolo 28, comma 2 e comma 3, del decreto n. 81 del 2015, uno dei principali decreti attuativi del Jobs Act.

Fino ad oggi, il lavoratore che in sede di giudizio fosse riuscito a dimostrare l’abuso nell’utilizzo dei contratti a termine da parte del datore di lavoro poteva ottenere 12 mensilità di retribuzione. Adesso il lavoratore, qualora dimostri di avere subito un “maggiore danno”, può ottenere un risarcimento economico che supera il tetto delle 12 mensilità.

Come cambia il lavoro pubblico

Anche nell’ambito del lavoro pubblico la normativa rivede le sanzioni per l’utilizzo abusivo dei contratti a termine andando a riscrivere parzialmente l’articolo 36 del Dlgs 165 del 2001.

Con il nuovo corso, in caso di abuso di contratti a tempo determinato, e fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un’indennità nella misura compresa tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione, in base alla gravità delle violazioni contestate e in base al numero dei contratti reiterati in violazione di legge.

La ratio del provvedimento

Nel 2015 il legislatore aveva stabilito, in caso di trasformazione del rapporto a termine in contratto stabile con sentenza del giudice del lavoro, che il lavoratore potesse ottenere a titolo di risarcimento del danno un’indennità compresa fra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento. Ma la stessa normativa ha previsto il dimezzamento del risarcimento in presenza di Ccnl intervenuti sul tema.

L’Europa ha messo l’Italia nel suo mirino, contestando il fatto che l’imposizione di un tetto ai risarcimenti non avrebbe avuto carattere dissuasivo nei confronti di eventuali comportamenti illegittimi. In sintesi i datori di lavoro, conoscendo in anticipo la sanzione massima nella quale sarebbero potuti incorrere, in determinate circostanze avrebbero potuto trovare più conveniente continuare ad abusare dei contratti a termine.

L’Europa ha dunque richiesto un cambio di passo, arrivato con il decreto salva-infrazioni Ue che anzi travalica le intenzioni di Bruxelles. Il nuovo indirizzo elimina il principio di mitigazione della sanzione previsto dal comma 3 dell’articolo 28. Si torna così alla situazione antecedente al 2015. Situazione che spinse il legislatore a porre un tetto ai risarcimenti per scongiurare l’eventualità che i lavoratori puntassero a ritardare le controversie per ottenere indennizzi più elevati.

Le sentenze

Viene dunque smantellato un altro pezzo del Jobs Act, dopo le pronunce di luglio della Corte costituzionale. A marzo un’altra sentenza aveva garantito più tutele per i lavoratori mentre a febbraio era stata ampliato la possibilità di reintegro. Ora, dalle sentenze si è passati a un decreto.