Quando si lavora come dipendenti, è importante imparare a leggere con precisione la busta paga che si riceve mensilmente, per non inciampare in qualche errore di conteggio commesso dal datore di lavoro e, dunque, per far valere i propri diritti.
Tra le tante voci presenti in busta paga, quella riguardante le “festività soppresse” è forse la meno conosciuta dai più.
Di seguito ci focalizzeremo proprio su questo argomento, per capire cosa sono tali festività, quali conseguenze hanno sul dipendente e come cambiano di anno in anno. Ecco i dettagli.
Indice
Busta paga e festività soppresse: il contesto di riferimento
Grazie al cedolino busta paga – o prospetto paga – il dipendente può scoprire come è stata quantificata la sua retribuzione e leggere importanti dettagli in merito alle trattenute contributive e fiscali, alle ferie e permessi (ad es. quelli per gravi motivi) come pure all’accantonamento del trattamento di fine rapporto.
Ebbene, dando un’occhiata alla busta paga, da consegnare contestualmente al versamento della retribuzione, un dipendente potrà notare la voce ‘ex festività’ o ‘festività soppresse’. Esse si distinguono da quelle – civili e religiose – oggi riconosciute annualmente, come la Festa della Repubblica, la Festa dei Lavoratori, il Natale, la Pasqua o l’Epifania.
Tali festività sono riconosciute nei contratti collettivi e spettano quindi ai lavoratori, come giorni in cui possono assentarsi dal lavoro senza perdere il diritto alla retribuzione.
Le festività riconosciute dall’ordinamento italiano erano in passato molto più numerose ed erano sancite dalla legge 169/1949. Nel corso degli anni sono state spesso riviste, modificate e abrogate da aggiornamenti normativi – e in particolare dalla legge 54/1977.
Ecco perché oggi si parla di ex festività o festività soppresse, per distinguerle dalle festività civili e religiose tuttora considerate giorni festivi.
Il diritto ai permessi retribuiti
Proprio questo è il punto che qui interessa: le festività soppresse negli anni non sono più riconosciute come giorni festivi, ma piuttosto si intendono oggi come giorni feriali, che però – se lavorati – danno luogo a permessi retribuiti a disposizione del lavoratore. Sono escluse quindi le giornate coincidenti, ad esempio, con aspettative o congedi parentali non retribuiti.
In altre parole laddove le ex festività, in un dato anno, cadano in giorni nei cui è previsto lo svolgersi dell’attività lavorativa, il dipendente vedrà crescere il monte ore dei permessi retribuiti, grazie alle ex festività. E potrà dunque assentarsi più ore dal lavoro senza rischiare abusi (come ad es. nel caso dei permessi legge 104)
Le giornate di riposo legate alle ex festività possono essere sfruttare insieme alle ferie, oppure in maniera indipendente. Inoltre alcune prassi aziendali prevedono la possibilità di usarle ad ore.
Quali sono le festività soppresse
Vediamo di seguito l’elenco delle festività soppresse e quando cadono nel 2024:
- San Giuseppe martedì 19 marzo 2024
- Ascensione giovedì 9 maggio 2024
- Corpus domini domenica 2 giugno 2024
- San Pietro e Paolo sabato 29 giugno
- Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate lunedì 4 novembre
Come si può notare, nel 2024 tre di queste feste cadono in giorno feriale e quindi fanno maturare il relativo permesso retribuito (in caso di giornata lavorata). Per quanto riguarda invece l’ex festività San Pietro e Paolo, essendo di sabato, sarà conteggiata – ai fini dei permessi – soltanto per i lavoratori e le lavoratrici impegnate nella giornata di sabato. Mentre coloro che sono al lavoro per 5 giorni su 7 con sabato non lavorativo, non vedranno crescere il monte ore permessi.
Attenzione però, in quanto esistono alcune eccezioni che possono cadere nei giorni di San Giuseppe e dei santi Pietro e Paolo. Infatti, qualora questi siano i Santi Patroni delle città in cui sono localizzate le aziende, è possibile che siano allo stesso modo ritenute giornate festive.
Invece l’ex festività del Corpus Domini cade come ogni anno di domenica e in generale non permette di maturare i relativi permessi retribuiti.
Nell’ambito della busta paga, il datore di lavoro dovrà perciò considerare le festività soppresse che cadono nei giorni compresi tra lunedì e venerdì – o sabato per chi lavora 6 giorni su 7 – cambiando a seconda del calendario dell’anno di riferimento.
Cosa succede se il dipendente non usa le ore di permesso per festività soppresse
Potrebbe certamente succedere che un lavoratore o una lavoratrice non abbia la necessità di usufruire delle ore di permesso in oggetto, ma può stare tranquillo/a: non saranno perse. Infatti se si sceglie di non sfruttarle, tali ore saranno pagate nella busta paga del mese di dicembre o, al massimo, in quella di gennaio dell’anno successivo.
Facciamo un esempio pratico, considerando il testo del Ccnl commercio, tra i più applicati:
I permessi non fruiti entro l’anno di maturazione decadranno e saranno pagati con la retribuzione di fatto, in atto al momento della scadenza, oppure potranno essere fruiti in epoca successiva e comunque non oltre il 30 giugno dell’anno successivo.
Pertanto alla fine del 2024, se le ore di permesso in busta paga riconosciute per ex festività non sono state sfruttate, le stesse saranno pagate con la retribuzione di fatto e solitamente nelle mensilità di dicembre o al più tardi a gennaio dell’anno successivo.
Tuttavia i permessi potranno essere comunque utilizzati entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di scadenza: questo è ciò che prevede la generalità dei contratti collettivi, a cui comunque si rimanda per avere il dettaglio e ogni riferimento sui termini e modalità di utilizzo.