A chi spettano i buoni pasto e come richiederli

I buoni pasto sono uno dei benefit aziendali più diffusi: ecco come funzionano

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Cartacei o sempre più spesso elettronici, i buoni pasto sono uno tra i più comuni benefit aziendali.

I datori di lavoro li mettono a disposizione dei dipendenti per sostenere le loro spese alimentari negli orari di lavoro. Ma, il lavoratore, può anche scegliere di utilizzarli in un secondo momento. Dal canto suo, l’azienda può portarli in deduzione per intero.

Di seguito, ecco una breve guida al sistema dei buoni pasto in Italia.

Buoni pasto: come funzionano e vantaggi

Durante la pausa pranzo, a mezzogiorno o in qualsiasi altro orario deciso in base ai turni di lavoro, il dipendente può scegliere se consumare il suo pasto in maniera autonoma – portando quindi tutto il necessario da casa e mangiando in azienda, in uno spazio appositamente predisposto a questo scopo – oppure recarsi presso bar, ristoranti, pub, supermercati e altri pubblici esercizi, per consumare la pausa pranzo fuori dalle mura aziendali. Questo, a patto che l’azienda non abbia una sua mensa.

Poiché mangiare fuori casa può diventare una spesa non trascurabile, il datore di lavoro viene in aiuto del dipendente fornendogli dei buoni pasto. E, dunque, dei ticket cartacei o digitali che può utilizzare per pagare il suo pasto. O magari per fare la spesa, a seconda di quali sono le sue esigenze. L’importante è recarsi presso un esercizio che accetti quei ticket nello specifico.

Dal canto suo, l’azienda può portare in deduzione l’intero costo dei buoni pasto e recuperare tutta l’IVA (per le ditte individuali e i liberi professionisti in regime ordinario la deduzione è del 75% e la detraibilità dell’IVA al 100%).

Buoni pasto cartacei o buoni pasto elettronici?

Esistono due differenti tipologie di buoni pasto che possono essere erogate dai datori di lavoro: i buoni pasto cartacei e i buoni pasto elettronici. Ecco quali differenze li separano, non solo nella forma di pagamento ma anche nella tassazione prevista dalla Legge.

  • Buoni pasto cartacei: sono dei veri e propri “blocchetti” contenenti una serie di ticket da utilizzare ogniqualvolta il dipendente acquista generi alimentari. Si utilizzano come fossero delle banconote, da “staccare” per pagare il negoziante che fornisce il prodotto. L’importo giornaliero esente da tassazione è pari a 4 euro.
  • Buoni pasto elettronici: nella forma e nel funzionamento ricordano le carte prepagate. Il datore di lavoro ricarica ogni mese l’importo che spetta al lavoratore. Il pagamento della somma spesa per il pranzo avviene con l’inserimento della carta nell’apposito lettore che va a decurtare l’importo dovuto, senza la richiesta di un PIN. L’importo giornaliero esente da tassazione è di 8 euro.

Quali dati contengono

Buoni pasto cartacei e buoni pasto elettronici contengono sempre:

  • le generalità dell’azienda che li ha emessi (ragione sociale, CF o P IVA);
  • l’importo (detto “valore facciale del buono”);
  • i termini e le scadenze di utilizzo;
  • uno spazio per la firma del lavoratore e la data in cui il buono viene speso;
  • uno spazio per il timbro dell’esercizio che lo ha accettato;
  • la dicitura “ll buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”.

I buoni pasto elettronici riportano tutte queste informazioni sul supporto stesso.

Non sono poche, infine, le aziende che scelgono di non consegnare i buoni pasto ai dipendenti ma di inserire il loro valore in busta paga, sommandolo alla retribuzione mensile del dipendente.

Quando il datore di lavoro emette i buoni pasto

Il datore di lavoro non è per legge obbligato a fornire i ticket ai suoi dipendenti, a meno che tale clausola non sia espressamente prevista e inserita in contratto dal CCNL applicato.

Qualora l’azienda decida di procedere per l’erogazione di questo benefit ai suoi lavoratori, occorre innanzitutto che prenda contatto con l’impresa che erogherà il servizio di buoni pasto, per capire le modalità di acquisto e per poterli poi distribuire ai dipendenti. Una volta acquistati e consegnati i buoni, sarà premura dei riceventi individuare gli esercizi commerciali convenzionati (bar, ristoranti, pub e supermercati) in cui spenderli.

Non tutti i supermercati e i locali di ristorazione accettano infatti i buoni pasto e, ognuno, può stabilire di farlo soltanto per una determinata categoria di prodotti. Sussiste inoltre un limite di utilizzo giornaliero e cumulabile dei buoni: è infatti possibile spendere un massimo di 8 ticket nella stessa spesa giornaliera purché siano esenti da tassazione.

Cosa succede se i buoni pasto scadono?

Anche i buoni pasto che il datore di lavoro eroga a favore dei dipendenti hanno una data di scadenza, che di solito corrisponde all’ultimo giorno dell’anno solare. Tale data è indicata sul blocchetto (nel caso dei buoni cartacei) oppure online, per quelli di matrice elettronica.

Il rimborso dei buoni pasto scaduti non è sempre possibile. Dipende strettamente dagli accordi presi tra l’azienda e la società che si è occupata della loro emissione. Basterà dunque rivolgersi al datore di lavoro o all’ufficio del personale della società per cui si è assunti per conoscere quali sono le procedure atte alla restituzione e al rimborso dei ticket.