Welfare aziendale sempre più irrinunciabile e personalizzato. Perfumo: “Serve un salto culturale”

Oggi le aziende sono chiamate a rimotivare i lavoratori, e lo possono fare proprio facendo leva su fringe benefit e investimenti sul benessere dei dipendenti

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Un tratto distintivo del lavoro in questi tempi è che non può più prescindere dal benessere individuale, del lavoratore. Il concetto di welfare aziendale è ormai entrato profondamente dentro ai meccanismi aziendali anche italiani, nonostante il solito gap che ci allontana dalle statistiche europee.

Oggi le aziende sono chiamate a innovarsi costantemente, e a rimotivare i lavoratori, sia quelli da attrarre sia quelli da trattenere. Su questo fronte, il welfare aziendale rappresenta una leva straordinaria sui cui puntare. Il welfare, strumento per la promozione del benessere dei lavoratori, diventa una discriminante essenziale sia nelle scelte dei professionisti, che, per le aziende, nel riposizionamento all’interno della competizione nel mercato del lavoro.

Ma non basta più che le società adottino un qualche sistema blando di welfare; serve invece che incarnino l’essenza di questo cambiamento, che mette al centro il benessere del lavoratore, con la convinzione che questo giovi anche alla salute dell’azienda stessa.

In questi giorni si è tornati a parlare parecchio di welfare aziendale dopo le novità introdotte sui fringe benefit con la Legge di Bilancio 2024. Una nuova circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate fa il punto della situazione. Tra le novità più importanti, la possibilità, per i lavoratori dipendenti di ricevere dal datore di lavoro i rimborsi dell’affitto e degli interessi sul mutuo della prima casa.

Quella sul welfare aziendale è senz’altro una presa di coscienza che impatta profondamente sulle dinamiche di lavoro, e sui lavoratori. E lo si vede bene anche dagli ultimi dati contenuti sul 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. “È importante sottolineare come sia cresciuta la consapevolezza dei lavoratori quando si parla di welfare aziendale” spiega a QuiFinanza Alberto Perfumo, fondatore e ad di Eudaimon.

Perfumo, cosa emerge di così importante dal 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale?

Oggi l’81,8% degli occupati dichiara di sapere cosa sia il welfare aziendale, in particolare il 32,7% in modo preciso e il 49,1% per grandi linee mentre solo il 18,2% dichiara di non sapere cosa sia. Sono tutti numeri in positivo rispetto al passato, basti pensare che sei anni fa solo il 19,6% degli occupati conosceva bene questo strumento.

Oltre alla conoscenza cresce anche l’apprezzamento, quali sono i desideri dei lavoratori?

È forte la voglia di potenziare ancora di più il welfare aziendale, una richiesta che arriva dall’84,3% degli occupati che ha già a disposizione questo strumento. Al tempo stesso, l’83,8% dei lavoratori che ancora non ne usufruisce vorrebbe che fosse introdotto nella propria azienda. Un altro dato interessante riguarda quel 79,5% degli occupati che vedrebbe con favore un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare. Questa è la conferma di come il welfare aziendale possa essere uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori, da troppo tempo fermi o comunque segnati da un ritmo di crescita molto lento.

Da una parte le aziende che faticano a trovare personale, dall’altro i lavoratori che chiedono più tempo per se stessi. Il welfare può rappresentare un punto d’incontro?

Le prime si trovano a fare i conti con un mercato del lavoro sempre più competitivo ma con sempre meno mezzi per giocare la partita dell’attraction e della retention. I secondi, disaffezionati al lavoro, esprimono una domanda di ascolto, riconoscimento e attenzione al proprio benessere. Entrambi sono consapevoli che il welfare aziendale, oltre alle ormai consolidate ma fuorvianti finalità retributive, possa contribuire concretamente al benessere dei lavoratori attraverso un approccio nuovo, individuale, attivo, che superi l’obsoleto approccio riparativo o rivolto solo a lavoratori in difficoltà e che invece migliori la qualità della vita di tutti.

Un’altra richiesta dei lavoratori riguarda un welfare aziendale personalizzato. Che vantaggi può portare?

Modulare il welfare aziendale sul singolo lavoratore renderebbe essenziale un’attività di dialogo diretto con cui si enucleano bisogni, desideri e aspettative da un lato e si indicano possibili soluzioni dall’altro. Un confronto che può diventare vantaggioso visto quanto è apprezzata dai lavoratori la percezione di essere ascoltati, di avere canali efficaci di dialogo, ancor più se poi sono in grado di attivare supporti e soluzioni per problematiche.

Secondo lei cosa devono migliorare le aziende?

È necessario un salto culturale. Va riscoperta l’identità del welfare aziendale in modo da saper cogliere le sfide del momento rispondendo efficacemente ai bisogni di aziende e lavoratori.