Ue ancora troppo dipendente dal petrolio, anche russo: quali sfide ci attendono

Uno studio di due ricercatori italiani, pubblicato sulla rivista Resources Policy, ha esaminato la dipendenza dal greggio per 28 paesi dell'Unione Europea, compreso il Regno Unito

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

L’Unione europea è ancora troppo dipendente dal petrolio, anche se non in maniera omogenea. Nella graduatoria europea della dipendenza dall’oro nero, Lituania, Grecia, Paesi Bassi e Spagna sono in testa alla classifica, con l’Italia che si colloca all’ottavo posto. Questi dati sono il frutto di uno studio pubblicato sulla rivista Resources Policy, redatto dai professori Federica Cappelli dell’Università di Ferrara e Giovanni Carnazza dell’Università di Pisa.

La ricerca ha esaminato 28 Paesi dell’Unione Europea, compreso il Regno Unito, nel periodo compreso tra il 1999 e il 2019. Durante questa analisi, è stato sviluppato un indice multidimensionale innovativo, il Multi-dimensional Oil Dependency Index (MODI), mai utilizzato prima d’ora, che si basa su quattro criteri fondamentali:

  • Dipendenza Energetica
  • Dipendenza Economica
  • Dipendenza Internazionale
  • Dipendenza Geopolitica

Questo approccio multidimensionale ha permesso di ottenere una panoramica completa della dipendenza dell’Unione Europea dal petrolio, nel periodo preso in esame. A livello europeo le fonti di energia derivano dal petrolio per il 41%, dal gas naturale per il 16% mentre le rinnovabili sono al 9%. Nel dettaglio, per quanto riguarda l’Italia nel 2019, le medie sono: 30% per il greggio, 35% per il gas e 10% per le rinnovabili.

Prof.ssa Cappelli, come è cambiata la dipendenza dell’Unione Europea dal petrolio nel periodo preso in esame dal vostro studio, 1999-2019?

Da un punto di vista quantitativo, la dipendenza dell’Unione Europea nei confronti del petrolio è diminuita nel corso del tempo. Tale diminuzione, tuttavia, è frutto di una crescita del PIL piuttosto che di una riduzione effettiva del consumo di greggio. Questa complessiva diminuzione non deve, inoltre, distogliere l’attenzione dal fatto che la situazione tra i diversi Paesi membri rimane altamente differenziata e sono evidenti i ritardi in Paesi come Olanda, Belgio, Spagna, Portogallo e Italia.

Nel vostro studio avete introdotto il Multi-dimensional Oil Dependency Index (MODI) per misurare la dipendenza dal petrolio. Come avete costruito questo indice e quali sono le sue componenti chiave?

Prendere in considerazione la dipendenza da una determinata risorsa energetica può sembrare banale. Mi spiego meglio: la prima cosa che viene in mente è calcolare, fatto 100 il fabbisogno energetico, quanta parte di questo fabbisogno è coperta, ad esempio, dal petrolio. Questo approccio, tuttavia, è molto riduttivo. Questo giustifica il nostro tentativo di creare un indice sintetico in grado di coprire una molteplicità di aspetti molti importanti. Sono quattro gli elementi che abbiamo preso in considerazione. Il primo elemento è quello della “dipendenza energetica”. Questo elemento misura la quota di energia disponibile derivante dall’utilizzo del petrolio. Poi abbiamo un diverso tipo di dipendenza che possiamo definire “economica”, in grado di quantificare l’intensità petrolifera del Pil, cioè quanto petrolio è necessario per generare un’unità di Pil reale.

E gli altri due quali sono?

Il terzo elemento è la “dipendenza internazionale”, che considera, invece, il rapporto tra le importazioni nette di petrolio sull’energia disponibile lorda proveniente da questa risorsa, mettendo in rilievo la quota del fabbisogno energetico soddisfatta dai Paesi esterni, cioè quanto siamo dipendenti dai Paesi esportatori nel nostro fabbisogno energetico nazionale. Infine, la “dipendenza geopolitica” calcola un indice di diversificazione delle importazioni complessive, correggendolo per la stabilità politica di ciascun Paese importatore. Per diminuire la propria dipendenza dal petrolio è importante non solo diversificare il numero di partner commerciali, ma anche commerciare con Paesi politicamente stabili. Ecco, tutti questi diversi elementi sono stati sintetizzati attraverso una tecnica statistica che ha permesso di riassumere, in una singola serie storica, il grado di dipendenza dell’Unione Europea e di ogni singolo stato europeo dal petrolio.

Il vostro studio evidenzia differenze significative tra i paesi dell’UE in termini di dipendenza dal petrolio. Lituania, Grecia, Paesi Bassi e Spagna sono i Paesi più dipendenti dal petrolio, quali sono le ragioni dietro queste differenze?

Le diverse politiche energetiche nazionali risentono delle particolarità socioeconomiche e geografiche dei diversi Paesi. È molto difficile individuare una determinante comune in questi ritardi. Bisognerebbe implementare degli studi che, caso per caso, approfondiscano le radici storiche che hanno portato ad un determinato mix energetico. Questo elemento è al centro della ricerca che stiamo conducendo attualmente e che speriamo possa vedere la luce nel 2024.

Dipendenza petrolio classifica Paesi UE
Dipendenza dal petrolio: la classifica dei Paesi UE

Prof. Carnazza, l’UE ha ancora molto lavoro da fare per scollegare il consumo di petrolio dalla crescita del PIL. Quali sono le sfide principali in questo processo e quali politiche potrebbero essere efficaci nel raggiungere gli obiettivi ambientali stabiliti dal Green Deal europeo?

Il nostro studio ha evidenziato come il disaccoppiamento del consumo di petrolio dalla crescita del PIL negli ultimi anni è avvenuto soltanto in termini relativi. Ciò è dovuto al fatto che il disaccoppiamento che c’è stato è stato dovuto a una maggiore crescita del PIL e non a un’effettiva riduzione del consumo di petrolio. Da questo punto di vista, quindi, i Paesi europei hanno ancora molta strada da fare per poter effettivamente raggiungere gli obiettivi del Green Deal Europeo. La sfida principale che dobbiamo affrontare è il tempo, perché i cambiamenti da fare sono tanti e il tempo a nostra disposizione è poco, visto che il cambiamento climatico è già in atto.

Cos’è possibile fare, invece, da un punto di vista più pratico?

Da un punto di vista pratico, in questo caso tecnologico, dobbiamo affrontare nei prossimi anni una riconversione del sistema energetico verso fonti di energia rinnovabili, il che implica la necessità di trasformare anche da un punto di vista tecnologico alcuni impianti, pensiamo, ad esempio, alle colonnine di ricarica per le auto elettriche. A ciò si aggiungono le sfide legate all’incertezza del cambiamento climatico e alle temperature estreme, come quelle registrate quest’estate che inducono un maggiore uso dei condizionatori e che ovviamente vanno a incidere sugli obiettivi di risparmio energetico, e quelle geopolitiche che ci hanno portati lo scorso anno a cambiamenti repentini nelle relazioni commerciali.

La dipendenza delle esportazioni russe di petrolio per l’UE è evidente. Come ritiene che questa dipendenza da fornitori esterni, in particolare dalla Russia, possa influenzare la sicurezza energetica dell’UE?

Il punto fondamentale è uno: dipendere da una risorsa fossile che non è presente sul territorio nazionale rende automaticamente un determinato Paese dipendente dal partner commerciale di turno. Se poi il Paese importatore copre buona parte del proprio fabbisogno energetico con quella risorsa e il partner commerciale è altamente instabile, le probabilità di diventare altamente vulnerabili aumentano significativamente. Essere vulnerabili di per sé non è un problema. I problemi avvengono nel momento in cui, a causa di shock esogeni, la fornitura e il prezzo di quella risorsa iniziano ad essere molto volatili (comei l’aumento del prezzo della benzina NdR). Abbiamo tutti in mente le conseguenze sull’inflazione dello scoppio della guerra in Ucraina. Aumentare la sicurezza energetica dell’UE deve basarsi su un piano che prenda in considerazione tutti gli elementi da noi citati come fonte di dipendenza, accelerando sulla transizione ecologica e l’energia rinnovabile.

Quali raccomandazioni si sentirebbe di rivolgere ai responsabili delle politiche europee per ridurre la dipendenza dal petrolio e promuovere la sostenibilità energetica nell’UE?

A nostro avviso, le strade principali da percorrere per ridurre la dipendenza dal petrolio e promuovere la sostenibilità energetica nell’UE riguardano principalmente un aumento del risparmio energetico, dato che utilizziamo tanta energia non necessaria e in modo inefficiente, e un’accelerazione della transizione verso l’energia rinnovabile. Per raggiungere questi due macro-obiettivi i Paesi europei hanno bisogno di ingenti investimenti pubblici per favorire l’efficientamento e la riconversione energetica degli edifici e degli stabilimenti produttivi in tempi rapidi, così come per potenziare il trasporto pubblico e creare una valida alternativa all’utilizzo di mezzi di trasporto privati.