Retail 4.0, valorizzare la customer journey. Intervista a Luca Nasi

Per il futuro del retail è determinante puntare sul binomio persona-tecnologia. Intervista a Luca Nasi, General Manager di Arcus Real Estate-Gruppo Percassi

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Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

Nell’articolo Retail 4.0, nuove sfide e nuove opportunità grazie alla tecnologia abbiamo evidenziato le opportunità di business e le nuove frontiere e sfide, che si presentano per l’ecosistema Retail.

Oggi desideriamo ripercorrere l’evoluzione esperienziale della customer journey e delineare il presente e il futuro del retail intervistando Luca Nasi, General Manager di Arcus Real Estate-Gruppo Percassi.

Vista la sua esperienza nel mondo retail, così completa e totalizzante, cosa l’ha colpita maggiormente, nel corso degli anni, dell’evoluzione sinergica del rapporto persona-approccio all’acquisto-store?

L’evoluzione del mondo retail, negli ultimi anni, ha messo in evidenza quanto la strategia di vendita e marketing nel retail sia diventata sempre più “Customer Centric” e, parallelamente, quanto il cliente sia più evoluto e sofisticato in termini di esigenze rispetto al passato. E’ sulla base di questo che, come azienda che sviluppa e gestisce progetti retail premium, dobbiamo tracciare la strategia di sviluppo del futuro.

Nel contesto attuale, effettuare un acquisto per un cliente significa stabilire una vera e propria relazione con un marchio, sposarne la visione ed i valori. La relazione va costruita non solo, quindi, pensando alle tecniche di vendita in store o al “phygital”, ma deve, a mio avviso, partire proprio dalle componenti strutturali del modello di business/aziendale, coinvolgendo le logiche di sviluppo degli asset e dei punti vendita, incluso il concept ed i servizi complementari alla vendita, nella sua accezione più ampia. Nei nostri Outlet Village, ad esempio, la relazione con il cliente è legata all’esperienza di shopping complessiva: dalla visita del Village all’entertainment offerto, dal food dei nostri punti ristoro ai servizi di ospitalità e, non in ultimo, dalle attività di relazione che stabiliamo con il territorio che ospita le nostre strutture.

Le mutate esigenze ed il cambio d’approccio hanno portato le aziende a riorganizzare in modo massivo tutta la filiera aziendale, i processi produttivi, gestionali e operativi da cui nascono le fondamenta strutturali che intervengono nella shopping experience e nella relazione con il marchio. Pensiamo ai requisiti di sostenibilità, ambientali, social responsibility e a quanto questi abbiano obbligato la filiera aziendale ad innovarsi ed evolvere

Se per il futuro del retail è determinante puntare sul binomio persona-tecnologia, come crede che questo debba essere bilanciato per ottenere degli importanti risultati, non solo in termini di business o di brand reputation, ma soprattutto per valorizzare la customer journey?

Il binomio “persona-tecnologia” è imprescindibile nel panorama attuale. La customer journey ha acquisito un’accezione molto più ampia ed è una vera e propria relazione continuativa fra cliente e brand, che passa attraverso tutti i touch-point, sia fisici che digitali, che esistono tra il cliente e il marchio.

La tecnologia è, quindi, necessaria per coltivare questa relazione con un livello di interazione, continuità e coinvolgimento costante e crescente.  La relazione cliente-brand, oggi, è circolare, interattiva, ingaggiante e più sofisticata rispetto al passato. Il punto vendita è uno dei molteplici touch-point all’interno della customer journey, ma, spesso, permane ancora una distinzione fra i vari canali distributivi, mentre nel futuro del retail la customer journey dovrebbe tradursi in un mindset aziendale dove il canale distributivo è unico e circolare.

Lo store fisico, secondo lei, deve mantenere la sua centralità nell’esperienza d’acquisto o sarà sempre più solo uno dei (possibili) canali esperienziali nello shopping?

Assolutamente si. Lo store fisico dovrà mantenere la sua centralità e rafforzarne l’identità evolvendosi. Prendiamo, per esempio, l’evoluzione attuale del mondo e-commerce che sta sfociando sempre più nello sviluppo di punti vendita fisici (vedi Amazon, i nuovi concept Nike e Adidas), oppure il concetto di metaverso che, grazie alla realtà aumentata, aggiungerà un livello completamente nuovo allo shopping che prima non esisteva. Il punto vendita fisico, quindi, continua a giocare una componente unica a livello esperienziale, diversa e complementare a quella digitale. Torniamo al concetto di circolarità ed integrazione dei canali distributivi, dove le caratteristiche di ciascun canale si rafforzano l’una con l’altra.

Questa tendenza la analizziamo anche dai dati che raccogliamo all’interno dei nostri Outlet Village, sia a livello operativo, che grazie alle nostre ricerche di mercato, desumendo che il cliente non vuole rinunciare all’esperienza fisica, ma cerca ed utilizza la componente digitale come “facilitatore” o complemento dell’esperienza fisica.

Quali sono le esigenze e i bisogni dei clienti nell’epoca del Retail 4.0 e come il retail può soddisfarli?

I clienti, in sintesi, ricercano un’esperienza di shopping a 360 gradi, che garantisca qualità, ma che sappia coinvolgerli, offrendo loro anche una componente esperienziale ed una vicinanza con i propri valori.

I nostri progetti retail stanno andando in questa direzione, arricchendo sempre più l’esperienza in Village ed integrando i punti di contatto digitali sia con i nostri partner, che nei confronti del cliente finale. Abbiamo, infatti, di recente implementato la piattaforma ARCUSNET, che ci permette un’interazione con i nostri brand partner, immediata ed efficace, ed attraverso cui i brand stessi possono mettere in evidenza, in maniera autonoma, alcuni dei loro prodotti sulla piattaforma di e-commerce, presente sui siti dei nostri Outlet Village.

Si parla sempre poco degli shop assistant in questa evoluzione “tecnologica” del retail. Il loro ruolo in questo nuovo contesto? Secondo lei, è necessario organizzare una formazione particolare, che non sia semplicemente quella propedeutica, a volte, organizzata dall’azienda, ma volta ad interagire in modo nuovo con il customer, per essere realmente di supporto, anche sotto il profilo tecnologico, al cliente?

Il ruolo dello shopping assistant è fondamentale in quanto sono gli ambasciatori, in prima linea, nel rappresentare l’identità del marchio ed il primo contatto con il consumatore. Rivestono, altresì, un ruolo fondamentale nella fidelizzazione del consumatore.

La formazione è, quindi, necessaria, oggi più che mai, sia per gli addetti vendita, ma anche per le funzioni aziendali. Siamo in un periodo storico che vede un’evoluzione repentina dei processi e dei concetti e che porta le singole figure professionali a dovere cambiare in modo importante il proprio l’approccio lavorativo. Questa evoluzione nel mondo retail deve, pertanto, essere accompagnata da un processo formativo adeguato.

Nei nostri Outlet Village abbiamo da tempo affiancato i brand nella formazione del proprio personale offrendo loro, attraverso la Retail Academy, in collaborazione con Tertium, nostro partner e società primaria nella formazione. Retail Academy è un ambizioso progetto, nonché uno dei pilastri di rilevanza strategica all’interno della programmazione delle attività per supportare i partner al raggiungimento dei propri obiettivi di vendita. Lo scopo principale è quello di formare gli assistenti alla vendita, affinché possano raggiungere la massima soddisfazione del cliente, garantendo una shopping experience unica. La Retail Academy vuole creare un piano di collaborazione con i propri brand partner e fornire uno strumento di supporto per raggiungere questi obiettivi, con piani costruiti “tailor made”, raccogliendo gli input che riceviamo proprio dai nostri stessi partner. Riteniamo, infatti, che la formazione serva sia a sviluppare le competenze tecniche, ma, anche e soprattutto, a stimolare nuovi punti di vista e cambiare “mindset” rispetto al passato.

I primi passi verso il Metaverso sono da considerare una evoluzione della omnicanalità o la nuova frontiera del retail?

Direi senza dubbio che il Metaverso muove i primi passi verso un’evoluzione dell’omnicanalità a supporto di una nuova dimensione del retail e che di riflesso darà nuove frontiere al retail, ampliando l’offerta e/o diversificando la rete distributiva, utili entrambe a consolidare ancor meglio l’identità del marchio.

Credo, comunque, che il Metaverso per ora necessiti di una notorietà di brand fortissima e ampiamente diffusa a livello globale per poter funzionare con successo. Questo rischia al contempo di essere un ulteriore elemento di divario fra le aziende più forti e consolidate e quelle più piccole e meno strutturate.

Quanto è pronto il retail italiano alla omnicanalità e ad offrire al customer una compenetrante e completa esperienza d’acquisto valoriale, sensoriale e tecnologica?

In ambito retail, a mio avviso, l’omnicanalità non è un tema legato all’Italia, ma alla solidità di struttura, capacità di innovazione di un’azienda. Il Retail è, infatti, globale per natura se consideriamo il raggio di distribuzione delle principali aziende brand.

Per essere nazionalisti credo l’Italia sia in vantaggio, per la sua capacità empatica, culturale e di approccio estetico nell’impiego degli strumenti di cui il retail si può dotare.

A livello di sviluppatori di progetti retail, invece, l’Italia è ancora indietro rispetto ai paesi leader nello sviluppo di strutture commerciali evolute. Il mondo degli Outlet si è innovato di pari passo a competitor internazionali, ma quello dei Centri Commerciali è ancora indietro, ancora troppo puro “bricks&mortar” ed avulso ai concetti di valore-experience e tecnologia rispetto ai principali player internazionali.

La sua esperienza internazionale, con una profonda conoscenza del mercato asiatico, la porta ad avere una visione globale del mondo retail. Cosa manca al retail italiano ed europeo che caratterizza positivamente quello asiatico e viceversa?

Al retail italiano manca la componente di entertainment ed i servizi complementari evoluti rivolti al consumatore, componenti molto spinte in Asia ed in evoluzione in alcune nazioni europee, ma non ancora in Italia. In Asia, in particolare in Cina, già da tempo è stato iniziato un percorso di ricerca e sviluppo di ciò che dovrà essere il retail del futuro, sempre più legato all’entertainment ed al coinvolgimento esperienziale del cliente a 360° con la costruzione di progetti innovativi ed estremamente complessi sia dal punto di vista realizzativo che gestionale. Ed ora, anche in Europa ed in Italia, si sta riflettendo profondamente sulla necessità di questa evoluzione, sia per quanto riguarda i nuovi progetti, che quelli esistenti ed ormai giunti alla necessità di evolvere e cambiare radicalmente la propria identità e destinazione. Occorre anche sottolineare che in Asia, questa necessità e questo processo è stato agevolato per certi versi sia dalle favorevoli condizioni agevolate delle autorità, che da una ampia “disponibilità territoriale” che ha ovviamente permesso gli sviluppi di grandi strutture estremamente innovative.

Il retail real estate come va rimodulato secondo lei? Avanza sempre più il proptech e la necessità di essere inglobato in smart city. Che ne pensa?

Il retail real estate non solo va rimodulato, ma ha già iniziato questa fase di transizione verso una dimensione sempre più proptech, che non è solo una naturale evoluzione dettata dal mercato e dalle mutate esigenze, ma anche un componente essenziale del nuovo scenario immobiliare. Quanto accaduto nel 2020 ovviamente ha obbligato il settore immobiliare a confrontarsi con le conseguenze della pandemia ed ha generato una diminuzione rilevante dei prezzi degli immobili commerciali anche del 10%. Eppure, a fronte di questa “naturale” diminuzione, il PropTech, ha rivoluzionato il mondo immobiliare ed ha anche permesso la nascita di nuove opportunità e di crescita di molte figure professionali ad esso collegate.

Piattaforme digitali e tecnologie (blockchain, intelligenze artificiali e “big data”) stanno apportando una vera e propria rivoluzione nell’ambito del real estate e del retail real estate, coinvolgendo sia gli ambiti delle compravendite, che i modelli funzionali di analisi, previsione e valorizzazione, nonché di valutazione del rischio, di modalità dei modelli gestionali degli asset e dei finanziamenti legati alle acquisizioni degli stessi.

Ciò che è diventato noto come PropTech descrive la trasformazione digitale tecnologica, che sta avvenendo all’interno del settore ed è un processo di innovazione che riguarda tutto il comparto Real Estate: i suoi modelli, i processi, i prodotti ed i modelli di business del Real Estate “tradizionale” stanno rapidamente evolvendo, con una conseguente creazione di nuove start up, soprattutto nei paesi anglosassoni, ma, invece, ancora marginalmente in Italia.

Quello che il PropTech lascia intravedere è un sviluppo sempre più esponenziale della digitalizzazione nel settore retail e retail real estate ed una conseguente limitazione e diminuzione di tutti i vincoli burocratici, che porterà, nel medio-breve periodo, ad un radicale cambiamento nel modo di costruire, gestire, acquistare o affittare gli immobili.

Luca Nasi