Criptovalute, queste 76 sono state dichiarate illegali

Non hanno fornito alla Sec tutte le informazioni richieste e, dunque, sono state dichiarate illegali. Ora si teme il contagio sulle piattaforme di scambio di criptovalute.

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La Securities and Exchange Commission americana entra a gamba tesa nel mercato delle criptovalute dichiarandone illegali ben 76. Queste 76 monete digitali vengono definite “titoli non registrati” che, cioè, non possono venire scambiati in base all’odierna legislazione finanziaria statunitense. E quindi sono illegali negli Usa perché in diretta violazione delle leggi sulla protezione degli investitori.

76 criptovalute illegali negli Stati Uniti

La Securities and Exchange Commission (Sec) è l’organismo federale incaricato del controllo sul mercato dei titoli negli Stati Uniti e della vigilanza sulle attività degli agenti che vi partecipano. Si tratta, in pratica, della Consob americana.

La notizia viene riportata dal Wall Street Journal, il quale spiega come di questi 76 token, 37 sarebbero stati coinvolti in casi di presunte frodi.

Nella lista dei 76 compaiono nomi noti come TerraUSD, FTT, Ripple e Dash. Fuori dalla lista invece grandi nomi come Bitcoin ed Ethereum.

La Sec vigila sul mercato delle criptovalute dal 2017. Tra i poteri dell’organismo c’è quello di regolamentare solo le cripto che possono essere classificate come titoli (securities).

Le crypto possono essere vendute al pubblico solo previa iscrizione alla Sec. La mancata iscrizione può essere eventualmente sanata offrendo tutte le informazioni del caso all’ente di controllo. Nella black list della Sec sono finite tutte quelle crypto vendute senza iscrizione e senza che i loro operatori abbiano fornito adeguate informazioni finanziarie e di rischio. Non si esclude che nei prossimi giorni gli operatori possano correre ai ripari sanando la propria posizione.

Dalla fine del 2017, la Sec e i tribunali statunitensi hanno identificato 76 criptovalute come titoli. Di queste 76, 16 erano disponibili per il trading su uno o più importanti scambi di criptovalute statunitensi, afferma il Wall Street Journal.

Se la Sec punta il dito contro gli operatori crypto, questi ultimi lamentano il ritardo degli Stati Uniti rispetto ad altri paesi nella regolamentazione sugli asset digitali.

Si teme la stretta sulle piattaforme di scambio

Possibile poi che nel mirino della Sec possano finire anche le piattaforme di scambio (exchange) che consentono le compravendite delle criptovalute finite nella blacklist. Molti altri exchange potrebbero essere messi sotto verifica, come recentemente accaduto a Binance e Kraken.

Negli ultimi tempi le maglie dei controlli si sono inasprite, portando alcuni operatori del settore a parlare di “Operation Choke Point 2.0” (Operazione Soffocamento 2.0).

Il panorama delle crypto è alquanto tormentato dunque, dopo che a gennaio un’altra delle più importanti piattaforme di trading di monete virtuali, la Genesis Global Holdco, ha dichiarato bancarotta. E dopo che a fine 2022 l’Europa ha valutato la messa al bando delle criptomonete perché accusate di utilizzare troppa energia.

Restrizioni sulle crypto in tutto il nord America

C’è tensione nei mercati delle criptovalute: il giro di vite delle autorità statunitensi si va ad aggiungere ad una scarsa liquidità e ad una situazione macroeconomica poco propizia. Bloomberg riferisce inoltre che Jane Street e Jump Crypto, due dei maggiori market maker di criptovalute, potrebbero fare un passo indietro nel trading di crypto negli Stati Uniti.

Il giro di vite riguarda tutto il nord del continente, dal momento che anche il Canada con il Canadian Securities Administrators (CSA) dello scorso 22 febbraio ha inserito nuovi obblighi e ulteriori restrizioni. L’operatore Binance ha così annunciato il suo ritiro dal mercato canadese con un tweet del 12 maggio.