Donald Trump promette di colpire tutto e tutti, senza eccezioni. Smartphone, pc e processori restano nel mirino della Casa Bianca, formalmente esentati ma solo per qualche settimana. L’obiettivo dichiarato è ridisegnare la geografia industriale americana, anche a costo di danneggiare le grandi aziende del tech. Sullo sfondo troviamo, di contro, la mossa della Cina di congelare terre rare e materiali critici, una reazione infuocata di Pechino che getta ancora più confusione nei mercati. La pressione cresce sull’economia globale, mentre Giorgia Meloni si avvia all’incontro di giovedì alla Casa Bianca. Nessuna tregua, insomma, solo una nuova fase dello scontro commerciale più infuocato degli ultimi anni.
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Nuove tariffe Usa sul tech: chip, smartphone e pc nel mirino
Howard Lutnick, numero uno del Commercio americano, non ha usato giri di parole né tentato equilibrismi lessicali. I vantaggi per l’elettronica sono una tregua a tempo, e i settori coinvolti iniziano già a contare i giorni. Nel mirino ci sono i chip e tutto ciò che vi ruota attorno. Anche gli smartphone sono sulla linea del fuoco. La spiegazione ufficiale è la sicurezza nazionale. Secondo Lutnick, serve riportare a casa la produzione dei componenti strategici. Un obiettivo complicato, considerando che, per esempio, l’80% degli iPhone viene assemblato in Cina.
Trump ha rilanciato via social, accusando la stampa di distorcere i fatti. Nessun dietrofront, ha detto, e nessuno è escluso. Tutto ciò che ruota attorno ai semiconduttori rientra nelle valutazioni in corso. La narrazione è sempre la stessa: Paesi ostili, orgoglio nazionale, confini da difendere con la leva dei dazi. Le esenzioni non esistono, sostiene. Solo aggiustamenti tecnici nella selva tariffaria.
Cala il consenso negli Stati Uniti
Intanto, i numeri dei sondaggi gli segnalano una frenata. Il 47% degli americani ancora lo sostiene, ma crescono i malumori legati all’impatto della sua politica economica. La guerra commerciale inizia a pesare su consumatori, imprese e fiducia.
Trump continua a sventolare la bandiera del rilancio produttivo interno. Secondo lui, questa è la fase in cui l’America rialza la testa, archivia il periodo degli sbilanci commerciali e ricalibra i rapporti di forza. Il piano include:
- incentivi fiscali;
- deregolamentazione;
- una linea dura con gli alleati riluttanti e con i concorrenti storici.
Trattative in vista con l’Italia
Il ministro italiano dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha fatto intendere che con l’attuale inquilino della Casa Bianca trattare non sarà affatto semplice. Trovare un’intesa richiederà una pazienza che a Washington sembra diventata merce rara. Peraltro questa settimana è previsto anche un incontro tra Meloni e Trump, il 17 aprile.
La tregua parziale sui dazi tecnologici
Le grandi firme del tech possono ancora respirare, ma con il fiato corto. I dazi restano sospesi per ora, e aziende come Nvidia, Google, Samsung e Taiwan Semiconductor raccolgono qualche beneficio momentaneo. I prodotti temporaneamente esclusi rappresentano quasi il 25% degli acquisti americani dalla Cina, una percentuale che ha spinto in basso la media delle tariffe globali statunitensi, ora al 22%. Resta comunque un abisso rispetto al 2,3% dell’anno scorso.
Lutnick ha confermato che i prossimi bersagli sono già segnati. Tra uno o due mesi partiranno nuove tariffe su semiconduttori e farmaci. Gli smartphone, attualmente fuori dal perimetro, rischiano di finire nella stessa griglia. Il mantra è sempre quello:
- produzione interna;
- indipendenza industriale;
- riduzione della dipendenza dalla Cina.
Stop della Cina a terre rare e magneti
Pechino ha risposto colpendo dove fa più comodo e più danno agli americani. Stop alle esportazioni di terre rare, magneti e altre materie prime critiche indispensabili per il tech globale. Una stretta potente, pensata per colpire dove fa più male: nella catena di approvvigionamento di dispositivi, chip e componentistica varia, già provata da mesi di incertezza regolatoria e tensioni politiche.
Il ministero del Commercio cinese ha accolto le esenzioni statunitensi con una cortese ma fredda dichiarazione, definendole un “piccolo passo” utile solo se seguito da qualcosa di più concreto. Ovvero, la cancellazione dei dazi reciproci e una svolta nei rapporti economici. Ma alla retorica diplomatica ha fatto seguito una doccia gelata: le ultime uscite della Casa Bianca non lasciano margini per illusioni.
E poi c’è una curiosa ritorsione a basso costo: sempre più esercizi commerciali cinesi impongono rincari esorbitanti, anche oltre il 100%, ai turisti provenienti dagli Stati Uniti. Nessuna comunicazione ufficiale, ma la consuetudine sta diventando costume.
