Competenze digitali, per l’Istat l’Italia è sotto la media Ue

Nel panorama europeo, l’Italia è uno dei Paesi con la quota più bassa di persone con competenze digitali almeno di base, con una distanza dalla media Ue27 di quasi 10 punti percentuali

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Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

Pubblicato: 18 Luglio 2024 15:49

La Commissione europea valuta costantemente i progressi degli Stati membri nella digitalizzazione, in particolar modo, dal 2021, con il sistema di monitoraggio del programma strategico europeo “Decennio Digitale 2030”, articolato in quattro assi di intervento, a cui associare uno specifico set di indicatori:

  • capitale umano
  • imprese
  • Pubblica Amministrazione
  • infrastrutture

Per lo svolgimento di questa attività la Commissione si avvale anche degli Istituti europei di Statistica per documentare lo sviluppo della società dell’informazione. In Italia l’Istat assolve a questo compito attraverso due indagini specifiche, una sugli individui e l’altra sulle imprese.

Competenze digitali della popolazione

Uno degli obiettivi del programma europeo della Commissione è di portare, entro il 2030, all’80% la quota di popolazione tra i 16 e 74 anni con competenze digitali almeno di base in tutti e cinque i domini definiti dall’attuale Quadro di riferimento delle competenze digitali, ovvero:

  • alfabetizzazione su informazioni e dati
  • comunicazione e collaborazione
  • creazione di contenuti digitali
  • sicurezza
  • problem solving.

Nel 2023, in Italia, è emerso che:

  • solo il 45,9% degli adulti possiede competenze digitali adeguate
  • oltre un terzo (36,1%) ha competenze insufficienti
  • il 5,1%, pur essendo utente di Internet, non ha alcuna competenza.

Nel panorama europeo, l’Italia è uno dei Paesi con la quota più bassa di persone con competenze digitali almeno di base, con una distanza dalla media Ue27 di quasi 10 punti percentuali.
Rispetto al 2021 aumenta lievemente la quota di cittadini europei con queste competenze, +1,6 punti percentuali. L’incremento più evidente si registra in Ungheria con +10 punti percentuali.

Tale andamento positivo non si rileva uniformemente visto che in 10 Paesi si riscontra una mancata crescita. Il decremento più forte si registra in Lettonia (-5,5 punti percentuali), quindi, a seguire, in Croazia, Slovacchia e Lussemburgo (-4 punti percentuali). Tra le grandi economie si evidenzia una flessione in Francia (-2,3 punti percentuali), una stabilità in Italia e un aumento in Germania e Spagna, rispettivamente +3,3 e +2 punti percentuali.

In Italia, come in altri Paesi europei, le competenze digitali sono associate alle caratteristiche socioculturali della popolazione. In Italia ha competenze almeno di base nei cinque domini il 59,1% dei giovani tra 16 e 24 anni, contro appena il 19,4% degli adulti tra 65 e 74 anni.
La distanza intercorrente tra i più giovani e i più anziani è in linea con quella media europea, ma l’Italia presenta valori nettamente inferiori all’Ue27 in tutte le classi d’età.

Disparità di genere

Le competenze digitali sono caratterizzate da una disparità di genere a favore degli uomini in quasi tutti i Paesi europei. Lo svantaggio femminile, tuttavia, è presente solamente a partire dai 45 anni, mentre fino ai 44 anni le donne risultano possedere maggiori competenze digitali rispetto agli uomini.

Il principale fattore discriminante insieme all’età è il grado di istruzione. In Italia, tra le persone con titolo di studio di livello universitario, il 74,1% ha competenze digitali almeno di base e per questo segmento di popolazione il divario con la media Ue27 si riduce a -5,7 punti percentuali, mentre tra le persone con un titolo di studio più basso, almeno la licenza media (il 22,6%), la distanza con la media Ue27 è di 11 punti percentuali.

In Italia, nel 2023, i disoccupati in possesso di competenze digitali, almeno di base, in tutti e cinque i domini, sono il 38,7% rispetto al 47,7% della media Ue27. Il valore registrato per il nostro Paese risulta in linea con la Germania, ma distante dalla Spagna e dalla Francia di oltre 18 punti percentuali. La diffusione delle competenze digitali è significativamente più elevata tra gli occupati.

In Italia, il 56,9% raggiunge un livello almeno di base nei cinque domini. Anche in questo caso, tuttavia, si osserva un divario ampio con la media dell’UE27 (il 64,7%) e, tra le maggiori economie, con la Francia (67,5%) e la Spagna (75,4 %), mentre la Germania mostra valori poco superiori a quelli italiani.

Cosa influenza il livello e la tipologia delle competenze

Il settore di attività economica in cui si lavora può influenzare il livello e la tipologia di competenze. In Italia, come in altri Paesi europei, la quota più elevata di occupati con competenze digitali almeno di base si osserva nei Servizi di informazione e comunicazione e nelle Attività finanziarie e assicurative (80% circa).

Segue col 76,7% l’aggregato del Settore immobiliare e dei servizi alle imprese e altre attività professionali, che si colloca davanti al settore Pubblica Amministrazione, difesa e assicurazione sociale obbligatoria (71,8%).

L’Industria in senso stretto e il Commercio si collocano appena sotto il valore medio, mentre i valori più bassi si osservano nel settore Agricoltura, Silvicoltura e Pesca (32,5%) e in quello delle Costruzioni (43,8%).

La carenza di competenze informatiche degli occupati viene colta indirettamente anche da alcuni indicatori stimati dalla Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese con almeno 10 addetti, che evidenzia una maggiore dipendenza delle imprese italiane rispetto a quelle europee verso fornitori esterni di servizi e conoscenze specialistiche come, ad esempio, la sicurezza informatica e le vendite via web.

Web e App

Nel 2023 circa 6 imprese italiane su 10 tra quelle che vendono via web ricorrono a piattaforme o app di intermediari del commercio online rispetto a una media Ue27 del 42,9%. In Francia vi ricorrono solo 3 imprese su 10, in Spagna quattro e in Germania circa cinque.

Nel 2022 il 77% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha svolto attività relative alla sicurezza informatica come, ad esempio, quelle legate ai test, alla formazione e alla risoluzione degli incidenti, attraverso fornitori di servizi specializzati esterni a fronte di 9 punti percentuali in meno della media Ue27 (68%).

Il divario nella formazione ICT nelle imprese

Il programma strategico della Commissione europea per la transizione digitale prevede il monitoraggio della quota di imprese con almeno 10 addetti che erogano formazione al personale per sviluppare competenze ICT. Nel 2022 il 19,3% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha realizzato, nel corso dell’anno precedente, attività formative in quest’ambito.
Siamo di fronte ad un valore in forte crescita rispetto al 2017 (+6,4 punti percentuali), anche se inferiore rispetto al 22,4% per l’insieme dell’Ue27 dove, tuttavia, l’aumento è stato molto minore (+1,7 punti). Su questo aspetto, d’altra parte, ha pesato il calo prodottosi nel 2020-2021 in associazione con la pandemia.

L’impegno delle imprese italiane nella formazione in quest’ambito è in linea con quello delle imprese di Francia e Spagna, sia con riferimento allo sviluppo delle competenze dei propri specialisti ICT (9,1%), sia alla formazione destinata al miglioramento delle competenze digitali degli altri addetti non specialisti (15,9%).

A livello settoriale le imprese italiane con almeno 10 addetti del comparto ICT, il più attivo nella formazione, si collocano oltre 10 punti percentuali sotto la media dell’Ue27 (54,7% contro 65,3%). Il divario con l’Europa si riduce se si considera l’Industria in senso stretto senza le attività estrattive (3 punti percentuali). Si annulla nel caso dei Servizi di alloggio e ristorazione, o si inverte a vantaggio dell’Italia considerando le Costruzioni (1 punto percentuale sopra la media UE27).

La diffusione della formazione cresce all’aumentare della dimensione aziendale: dal 16,1% tra le piccole imprese, fino al 65,4% tra quelle con 250 addetti e oltre. Tuttavia, anche il divario con la media UE27 si amplia con le dimensioni d’impresa: da 1,6 punti percentuali tra le imprese con 10-49 addetti, fino a 4,1 punti per le grandi imprese.

Cosa accade nella Pubblica Amministrazione

La formazione ICT nella Pubblica Amministrazione è strategica per riorganizzare e semplificare la digitalizzazione di procedure e processi. Gli indicatori relativi alla formazione ICT dei dipendenti della Pa locale, misurati con cadenza triennale dalla Rilevazione sull’uso dell’ICT nella Pa, confermano il quadro evolutivo seppure correlato alle dimensioni e alla complessità organizzativa dell’ente.
Nel 2022 l’hanno effettuata:

  • il 23,9% delle Pa locali, +7 punti percentuali rispetto al 2018
  • il 17,3% dei Comuni fino a 5mila abitanti
  • il 57,6% dei Comuni con oltre 60mila abitanti
  • il 66,0% delle Amministrazioni Provinciali
  • l’81,8% delle Regioni e Province Autonome.

Le principali tematiche su cui si è svolta la formazione nelle Pa locali sono:

  • quelle legate ad applicazioni e software specifici (71,4%)
  • alla sicurezza ICT (49,4%)
  • al web (42,2%).

Inoltre, a fronte della richiesta di diffusione di servizi online, è aumentata anche la necessità di formare il personale nelle aree che la trasformazione digitale e la crisi pandemica hanno reso più importanti.

Nel triennio 2020-2022, il 66,4% delle amministrazioni locali ha optato per una formazione specifica sulle piattaforme abilitanti previste dal Piano Triennale ICT (PagoPA, ANPR, ecc.), il 58,7% sui pagamenti telematici, il 44,9% sull’identità digitale e il 20,2% sul cloud computing.

Gli occupati in professioni ICT

Il secondo obiettivo concreto che il programma strategico “Decennio Digitale 2030” si pone è quello di arrivare a 20 milioni di specialisti ICT e a una maggiore presenza di donne in tali professioni.
In Italia, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro, nel 2023 sono 970mila persone impiegate in occupazioni che rientrano nell’aggregato degli specialisti ICT. L’obiettivo è arrivare a 1,7 milioni entro il 2030.

Rispetto al 2022 gli specialisti ICT sono cresciuti dell’8,0%, contro il 2,1% dell’occupazione complessiva. Il progresso in atto negli anni più recenti è stato notevole (155mila unità, +19% rispetto al 2019), ma inferiore rispetto all’insieme dell’UE27 (+24,1%) e alla maggioranza degli Stati membri.
L’Italia, pertanto, in quattro anni scende dalla 17ma alla 24ma posizione nell’Unione per incidenza di specialisti ICT sul totale degli occupati, nonostante questa sia aumentata dal 3,5 al 4,1%

Inoltre, a questo andamento corrispondono diversi elementi che contribuiscono a definire un quadro di debolezza della posizione italiana, sia pure con alcuni segnali di miglioramento:

  • la bassa diffusione degli specialisti ICT nelle imprese con almeno 10 addetti
  • una quota ridotta di specialisti con titolo universitario
  • pochi specialisti ICT di età inferiore ai 35 anni
  • una presenza femminile persistentemente modesta, in un contesto occupazionale, comunque, caratterizzato da una prevalenza maschile.

Intensificare la quota STEM

Una delle raccomandazioni della Commissione europea presenti nella prima relazione sul “Decennio Digitale 2030” è quella di intensificare la quota di laureati nelle discipline scientifiche, tecnologiche, dell’ingegneria e della matematica (STEM).

Nel 2022, secondo il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca, i laureati in Italia sono 468mila, di cui 288mila appartengono all’aggregato delle discipline STEM, pari al 23,4% del totale. La maggioranza dei laureati nelle discipline STEM è concentrata tra Ingegneria e Architettura (14,2%), seguono le materie del gruppo Scientifico e Matematico (3,2%) mentre sono appena l’1,5% i laureati nelle discipline ICT.
La quota di laureati nelle discipline STEM in Italia è poco inferiore alla media europea (26,5%).

L’Italia, in particolare, è in linea con la media Ue27 per quanto riguarda i laureati nelle discipline di Ingegneria e Architettura e nel gruppo scientifico e matematico, mentre per i laureati nelle discipline ICT il Paese si colloca in fondo alla graduatoria, con una distanza dalla media di 3 punti percentuali.

Dall’analisi temporale emerge che dal 2019 in Italia vi è aumento dei laureati nel complesso molto più accentuato rispetto all’insieme dell’Ue27 (il 12,4% contro il 4,7%). Questo riguarda anche i laureati in discipline STEM (+7,4% rispetto al +6,9%) e, in particolare, nelle ICT (+28,8% in Italia, +22,8% nell’Ue27).

Sul totale dei laureati questi andamenti si riflettono, però, in un leggero calo della quota dell’aggregato dei laureati in discipline STEM spiegato da una flessione nei curricula di Ingegneria e architettura che passano dal 15,2% del 2019 al 14,2% del 2022; dinamica simile a quella media dell’Ue27, assieme ad un lieve riduzione dei laureati in Scienze naturali, Fisica, Matematica, Statistica che passano dal 7,9% del 2019 al 7,7 del 2022.
Si osserva, invece, una crescita molto modesta della quota dei laureati nelle discipline ICT, dall’1,3% del 2019 all’1,5% del 2022, mentre a livello europeo è passata dal 3,9% al 4,5%.