Torna il lockdown duro in Cina, il peggiore dal 2020: rischio “epidemia colossale”

In Cina, circa 17 milioni di persone sono tornate in lockdown, proprio come nei momenti peggiori della pandemia ormai due anni fa. Il fallimento della politica "Zero-Covid"?

Foto di Miriam Carraretto

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

No, il Covid non è finito. Mentre in Italia tornano a salire i contagi dopo settimane di discesa, in Cina circa 17 milioni di persone sono tornate in lockdown, proprio come nei momenti peggiori della pandemia ormai due anni fa. I casi positivi sono raddoppiati a livello nazionale, motivo per cui il governo ha deciso un nuovo blocco e la sospensione dei trasporti pubblici, in vigore fino al 20 marzo.

La situazione Covid in Cina

La città di Jilin, centro dell’epidemia nel nord-est, è stata parzialmente chiusa sabato, mentre domenica i residenti di Yanji, area urbana di quasi 700mila abitanti al confine con la Corea del Nord, sono tornati in lockdown duro. La vicina città di Changchun, polo industriale di 9 milioni di abitanti, è stata chiusa venerdì, mentre almeno altre tre piccole città sono state fermate letteralmente dal 1° marzo.

Le autorità hanno chiuso le scuole a Shanghai, la città più grande della Cina, e bloccato le città del nord-est, mentre quasi 18 province combattono i cluster delle varianti Omicron e Delta. Chiusi anche aziende, ristoranti e centri commerciali. Le autorità hanno consigliato ai residenti di non lasciare la città a meno che non sia strettamente necessario.

Anche le autorità di Shenzhen, regione meridionale nonché importantissimo polo tecnologico che ospita circa 13 milioni di persone, ha detto a tutti i residenti di rimanere a casa mentre tenta di sradicare la riacutizzazione della variante Omicron legata alla vicina città di Hong Kong.

Il sottodistretto di Futian a Shenzhen, chiuso domenica, ospita 300mila persone e un fiorente distretto commerciale e condivide un valico di frontiera terrestre con Hong Kong, dove il carico di lavoro nelle ultime settimane è aumentato vertiginosamente, allarmando i funzionari di Pechino.

Proprio a Hong Kong oggi il virus ha ricominciato a correre e si registra uno dei tassi di mortalità più alti al mondo per il virus, perché la variante Omicron bersaglia la popolazione anziana, ancora dubbiosa rispetto all’efficacia del vaccino. Oggi invece sappiamo che i vaccini sono l’unica arma certa in nostro possesso per mitigare gli effetti nefasti della pandemia: i vaccini ci proteggono dalla malattia grave e dal rischio di morte, un po’ meno, come evidente, dal rischio contagio (qui un nuovo effetto collaterale appena scoperto).

I costi del lockdown duro

È il lockdown peggiore dal 2020“, secondo moltissime persone. Tra la popolazione e gli esperti cresce la preoccupazione per il fallimento dell’approccio “zero-Covid”, caratterizzato da rapidi ma duri lockdown, restrizioni ai viaggi e tamponi di massa in presenza di nuovi focolai. A differenza dei lockdown più morbidi altrove, alle persone in Cina può essere vietato di lasciare il loro edificio o possono essere costrette a rimanere all’interno di una stanza d’albergo se sono considerate contatti ad alto rischio.

Un funzionario della commissione sanitaria di Jilin, Zhang Yan, ha ammesso che la risposta delle autorità locali è stata carente. “Il meccanismo di risposta alle emergenze in alcune aree non è abbastanza solido”, ha affermato. Con l’aumento dei casi, la Commissione sanitaria nazionale del paese ha annunciato venerdì che renderà disponibili test rapidi ai cittadini per l’acquisto online o presso cliniche per autotest. 

La scorsa settimana, un importante scienziato cinese ha affermato che il Paese dovrebbe mirare a coesistere con il Covid, come altre nazioni, dove Omicron si è diffuso a macchia d’olio (qui i sintomi “spia” a cui fare attenzione). I funzionari cinesi sollecitano sempre più misure più soft e mirate, mentre gli economisti avvertono che le dure repressioni stanno danneggiando pesantemente l’economia. In un momento già difficilissimo geopoliticamente, dove Pechino si trova chiamata in causa dalla Russia nella guerra contro l’Ucraina.

Ma qual è l’impatto dell’approccio cinese “Zero-Covid”? Ha un pesante costo, sia umano che economico. Ha causato ripetute interruzioni, in particolare nelle città portuali e nelle aree di confine che subiscono blocchi quasi costanti. Gli analisti affermano che le continue chiusure di fabbriche e aziende hanno contribuito al rallentamento dell’economia.

E c’è stato un impatto evidente sulla vita ordinaria. A più riprese le comunità in lockdown devono fare i conti con lo scarso accesso a cibo, forniture e cure mediche (qui intanto le nuove scoperte in merito all’origine del virus).

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E’ il fallimento della politica cinese “Zero-Covid”?

Dall’altra parte, i ricercatori dell’Università di Pechino hanno avvertito che la Cina potrebbe subire una “epidemia colossale” che travolgerebbe il suo sistema medico se allentasse le restrizioni a un livello simile a quello dell’Europa e degli Stati Uniti. Non a caso i funzionari stanno osservando con ansia l’esperienza di Hong Kong, dove gli ospedali sono sotto una pressione fortissima a causa di un recente focolaio.

Vero è che la Cina in questi due anni di pandemia ha resistito. Il bilancio ufficiale delle vittime Covid è rimasto sotto i 5mila: un numero irrisorio se paragonato a quello del resto del mondo, Italia compresa. Sebbene sia opinione diffusa che i casi del focolaio iniziale a Wuhan all’inizio del 2020 siano stati sottostimati, da allora la vita è tornata in gran parte alla normalità.

La leadership comunista di Pechino è convinta che il basso tasso di mortalità dimostri la forza del suo modello di governance. E ha evidenziato le caotiche risposte al Covid negli Stati Uniti come esempio dei più grandi fallimenti delle democrazie liberali.

L’allentamento delle restrizioni sui virus potrebbe anche rivelarsi rischioso per il presidente Xi Jinping, in cerca di un terzo mandato a ottobre dopo essersi autodefinito il leader che tiene al sicuro la Cina.

Le regole per chi entra in Cina

Per quanto riguarda invece la situazione per chi vuole entrare nel Paese asiatico, al momento alla maggior parte dei visitatori non è ancora consentito l’ingresso.

La Cina ha chiuso i suoi confini a quasi tutti i viaggiatori nel marzo 2020, quando la pandemia ha iniziato a diffondersi in tutta Europa.

Quali sono le restrizioni? Tutti i viaggiatori in ingresso in Cina devono presentare due tamponi negativi – PCR e test anticorpali – effettuati entro 48 ore dal viaggio. E devono avere fatto due dosi di vaccino Covid-19 almeno 14 giorni prima dell’ingresso. Devono anche richiedere il visto in anticipo e mostrare all’arrivo la prova della vaccinazione, nonché i test negativi. Una volta arrivati nel Paese, scatta una quarantena di 14 giorni (21 per alcune specifiche zone).