Dopo il pressing dei governatori che durava ormai da settimane, ecco la svolta “salva Regioni” del ministero della Salute. Il ministro Roberto Speranza ha deciso di cambiare la modalità di conteggio del numero dei positivi nel bollettino quotidiano dei dati Covid.
Cosa cambia per i positivi Covid
Cosa cambia? Dal computo giornaliero dei nuovi contagi Covid verranno scorporati i pazienti ricoverati in ospedale per cause diverse ma risultati positivi al Covid.
Nella circolare che Speranza ha appena emanato si legge che “il paziente ricoverato per cause diverse che risulti positivo al test per Sars-Cov-2, ma asintomatico per Covid 19, qualora sia assegnato in isolamento al reparto di afferenza della patologia per la quale si rende necessario il ricovero, pur essendo tracciato come ‘caso’ non sarà conteggiato tra i ricoveri dell’area medica Covid, fermo restando il rispetto del principio di separazione dei percorsi e di sicurezza dei pazienti”.
In sostanza, i pazienti ricoverati in ospedale che si sono sottoposti a un test Covid e risultati positivi, se asintomatici, saranno contati come caso Covid ma senza essere inclusi nel totale dei ricoverati per Covid. Resterà ovviamente garantita la sicurezza dei pazienti, secondo il principio di separazione dei percorsi e delle aree di isolamento.
Cosa cambia dal 1° febbraio
Ovviamente la novità del conteggio implica nuove regole anche per le Regioni e per il loro cambio di colore, tra zona bianca, gialla, arancione e rossa. A determinare il passaggio in un’altra fascia di colore, infatti, non è più solo il dato sui nuovi contagi, ma anche e soprattutto quello relativo ai positivi che finiscono in ospedale, in area non critica oppure in terapia intensiva.
La nuova regola entra in vigore il 1° febbraio 2022, quando nel bollettino apparirà la dicitura “pazienti Covid ricoverati per cause diverse”, che sarà dunque separata dagli altri ricoveri. Nel frattempo, ci sarà un appunto tra le note generali per distinguere i pazienti ricoverati per altri motivi.
Nessuna novità però per quanto riguarda la definizione di caso Covid: i positivi ricoverati “vanno tracciati come casi e comunicati ai sistemi di sorveglianza esistenti”, recita la circolare.
Il Piemonte anticipa il governo
Una Regione nel frattempo ha anticipato il governo. Si tratta del Piemonte, che ha aumentato il numero di posti letto per i ricoveri in ospedale, evitando così la zona arancione.
Nella regione guidata da Alberto Cirio infatti l’Rt puntuale calcolato sulla data di inizio sintomi passa da 1.44 a 1.88 e la percentuale di positività dei tamponi sale al 30%. L’incidenza è di 2.227,32 casi ogni 100 mila abitanti. Il tasso di occupazione dei posti letto di terapia intensiva è di 3,2 punti sopra soglia (23,2%) e quello dei posti letto ordinari è del 28,4%, appena sotto la soglia del 30%. Numeri che avrebbero potuto condurre il Piemonte dritto in zona arancione, e che invece così si conferma in zona gialla.
In condivisione con il Ministero, e in linea con quanto già fatto da altre Regioni, il Piemonte ha aggiunto in area medica altri 970 posti ai 5.824 che facevano già parte della potenzialità. In particolare, 500 nuovi posti sono frutto della collaborazione con il sistema sanitario privato e gli altri della riorganizzazione nelle aziende sanitarie previste dal piano pandemico regionale.
Perché i casi positivi asintomatici vanno comunque conteggiati
Proprio il giorno prima della decisione del Ministero, l’Iss ha parlato dell’importanza di monitorare i casi attraverso la sorveglianza, che non va confusa con i criteri con cui si decidono le indicazioni per casi e contatti, e del fatto che i positivi anche asintomatici vanno comunque conteggiati.
Ma perché la definizione di caso di sorveglianza deve contenere i positivi anche asintomatici e non solo i casi con sintomatologia più indicativa di Covid, come sintomi respiratori, febbre elevata, alterazione del gusto e dell’olfatto etc.?
L’Iss spiega che l’infezione da SARS-CoV-2 dà una sintomatologia variegata e in evoluzione anche per la comparsa di nuove varianti virali che interagiscono in modo spesso diverso con il nostro organismo. Questo rende molto difficile riconoscere clinicamente un’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 in assenza di una conferma di laboratorio.
L’esperienza ha dimostrato, inoltre, che la maggior parte delle infezioni, in particolare nei soggetti vaccinati, decorre in maniera asintomatica o con sintomatologia molto sfumata. Non sorvegliare questi casi limiterebbe la capacità di identificare le varianti emergenti, le loro caratteristiche e non si potrebbe conoscere lo stato clinico che consegue all’infezione nelle diverse popolazioni, ad esempio per età e stato vaccinale.
Non solo. Non renderebbe nemmeno possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus nel tempo e, di conseguenza, i rischi di un impatto peggiorativo sulla capacità di mantenere adeguati livelli di assistenza sanitaria anche per patologie diverse dal Covid.
Cosa cambia per autosorveglianza e quarantena
Alcuni hanno ribattuto provando a sostenere che la definizione di caso utilizzata nella sorveglianza epidemiologica definisce le nuove misure di autosorveglianza e quarantena. Ma non è così.
Come spiega sempre l’Istituto superiore di sanità, la definizione di caso utilizzata per la sorveglianza epidemiologica nazionale non comprende i contatti dei casi confermati e la stessa sorveglianza non ne monitora l’andamento nel tempo. Pertanto, la definizione di caso usata in sorveglianza non riveste alcun ruolo nel definire le misure di autosorveglianza e quarantena.
Stesso discorso per le regole che riguardano l’isolamento. Sebbene abbiano in comune una esigenza di conferma diagnostica che si avvale di test antigenici e molecolari, un caso positivo secondo la definizione della sorveglianza viene valutato in base ad una serie di criteri per definire le diverse modalità di isolamento.
Verso la sorveglianza sindromica?
A riprova di questo, l’Ecdc europeo il 7 gennaio scorso ha aggiornato le sue indicazioni relative a quarantena e isolamento, senza modificare la definizione di caso usata per la sorveglianza epidemiologica. L’ente non ha cambiato la definizione di caso utilizzata per la sorveglianza delle infezioni da coronavirus e/o dei casi di malattia. Si tratta infatti sempre della stessa dal dicembre 2020 ed è disponibile online sul sito del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.
Ciò che al momento l’Ecdc ha solo suggerito, in un documento datato 18 ottobre 2021, in un’ottica di ritorno alla normalità dopo la fine dell’emergenza pandemica, è la futura transizione a un sistema di sorveglianza sindromico, simile a quello che si usa attualmente per l’influenza.
Sistemi di sorveglianza cioè basati non più sulla diagnosi di malattia, ma sulla presenza di un insieme di segni e sintomi, che costituiscono una sindrome. Vale anche per altre malattie, come per i morbillo: invece di segnalare i casi di sospetto morbillo, viene richiesto di segnalare tutti i pazienti con febbre e rash cutaneo, che andranno poi indagati con appropriate indagini di laboratorio per confermare l’eziologia. Questo tipo di sorveglianza è meno specifica ma allo stesso tempo è molto più sensibile, perché prende in considerazione anche tutti i casi di diagnosi incerta che altrimenti non verrebbero segnalati dai medici.