Scuole chiuse venerdì 10 febbraio: disagi in tutta Italia

Venerdì 10 febbraio la scuola si ferma per un nuovo sciopero indetto dall'Unione Sindacale di Base. Ecco i motivi dello stop

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Redazione

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Scuole chiuse in tutta Italia. Venerdì 10 febbraio la scuola si ferma per un nuovo sciopero: sono tantissime le famiglie, da Nord a Sud, che si sono trovate davanti i cancelli chiusi questa mattina. Alcune hanno allertato prima le famiglie, un paio di giorni fa, comunicando che oggi non ci sarebbero state né lezioni né attività pomeridiane, altre invece hanno indicato lo stop come una possibilità.

A proclamare lo sciopero della scuola, questa volta, è l’Unione Sindacale di Base, con manifestazione nazionale alle ore 10 a Roma, davanti al Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Non c’entrano gli studenti al freddo. “Tutte le realtà della scuola si uniranno nella lotta per l’aumento degli organici, il miglioramento delle condizioni di lavoro e salariali di tutto il personale – precario e di ruolo, ATA e docente – e degli studenti, che il governo avvia a un futuro di precarietà e sfruttamento” si legge nel comunicato ufficiale.

ANIEF: “Servono 400 milioni per altri 40mila docenti e Ata”

Il sindacato ANIEF ha presentato una valanga di emendamenti sia alla Legge di Bilancio 2023 che alle altre disposizioni, ma poco o quasi nulla è stato fatto, attacca.

“Il nostro compito è quello di segnalare a chi ci governa le urgenze per il mondo della scuola. Abbiamo fatto segnalazioni sia sulla Manovra che nel Decreto Aiuti Quater. La Legge di Bilancio non si occupa bene di scuola, anzi, forse ci sono pure dei tagli” aveva spiegato il presidente Marcello Pacifico in una intervista a Orizzonte Scuola. “Abbiamo presentato oltre 40 emendamenti, da quello che abbiamo capito su lavorerà per organico aggiuntivo e dimensionamento, ma anche nel Dl Aiuti Quater ci sono nostre proposte. Speriamo che la politica non sia miope”.

Il Movimento Cinque Stelle aveva presentato a dicembre un emendamento al decreto Aiuti quater, spinto proprio da Anief, con il quale puntava ad assumere, da gennaio 2023, almeno 40mila docenti e Ata per supportare le scuole nello svolgimento delle operazioni quotidiane e per affrontare i progetti del Pnrr.

“Si tratta di 400 milioni da destinare alla riattivazione di un organico indispensabile, almeno fino al termine delle lezioni di quest’anno” aveva dichiarato Anief. “Più che organico aggiuntivo o Covid dovremmo chiamarlo organico PNRR, poiché senza questi docenti e Ata si rischia di compromettere l’ordinaria organizzazione nelle scuole e della didattica” aveva detto Pacifico. “Occorrono risorse aggiuntive per la progettualità. Come finanziare questo organico aggiuntivo? Semplice, con il Pnrr”, dice.

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Sciopero scuola venerdì 10 febbraio: i motivi

Ma la politica sembra non aver accolto le richieste del mondo della scuola. Quali sono i motivi alla base dello sciopero di oggi? Eccoli spiegati in 10 punti dall’USB:

  • contro il mancato inserimento dell’aumento degli organici di docenti e Ata. Sul rinnovo del contratto il presidente di ANIEF spiega che “si tratta di misure in gran parte già stanziate. Il governo ha inserito 500 milioni in più, abbiamo recuperato qualcosa. A gennaio, per l’indennità di vacanza contrattuale, dovremmo avere oltre 150 euro in più rispetto ai 125 euro già stanziati. Mancano 3 miliardi ai docenti e Ata per dare ulteriori soldi per gli aumenti stipendiali”
  • contro il regolamento supplenze e l’algoritmo che, denunciano, penalizzerebbe i docenti precari inseriti in GPS;
  • contro la mancata integrazione Ata del cosiddetto “organico aggiuntivo Covid”, nonostante gli istituti a causa di organici inadeguati non riescano ad assicurare vigilanza, pulizia e sicurezza. “Con l’organico a disposizione delle scuole ci sarebbe la possibilità di liberare delle risorse in professione docente e amministrativa per lavorare sul PNRR. Se non abbiamo l’organico aggiuntivo sul PNRR rischiamo di perderli” spiega ancora Pacifico
  • contro l’attuazione dei percorsi di formazione obbligatori per i vincitori di concorsi straordinari a totale carico dei lavoratori e l’intenzione di procedere a formazione obbligatoria a carico dei futuri docenti;
  • contro la mancata stabilizzazione dei docenti vincitori di concorsi ordinari e straordinari 2020, svolti in tempi lunghi e con modalità che vengono definite “prive di logica”;
  • contro la volontà di mantenere i vincoli sulla mobilità dei docenti, costretto a non potersi trasferire da una provincia a un’altra rimanendo lontano centinaia, se non migliaia, di chilometri dalle famiglie;
  • contro il continuo rinvio della terza procedura di internalizzazione dei lavoratori ex LSU e di cooperativa;
  • contro l’inadeguato rinnovo della parte economica del CCNL, soprattutto per le categorie con retribuzione minore;
  • “per tutti i docenti e per tutto il personale ATA in servizio, che con grande impegno proseguono il proprio lavoro in edifici fatiscenti, in aule sovraffollate, sommersi da carichi di lavoro e responsabilità sempre maggiori, a fronte di un salario del tutto insufficiente a colmare i rincari dovuti all’inflazione e alla guerra”;
  • contro la mancata volontà di eliminare i percorsi PCTO nonostante i gravi e letali incidenti sul lavoro, la cui unica soluzione secondo il Ministero sarebbe una copertura assicurativa. A dire il vero, questo tipo di attività dovrebbe essere normale per un Paese che forma le future generazioni. La definizione dei cosiddetti Percorsi per il conseguimento di competenze trasversali e per lo sviluppo della capacità di orientarsi nella vita personale e nella realtà sociale e culturale è stata definita con chiarezza dalle linee-guida formulate dal MIUR nel 2018, andando a modificava in parte l’alternanza scuola-lavoro così come definita dalla legge del 2015. La normativa attualmente in vigore stabilisce in 210 ore la durata minima triennale dei PCTO negli istituti professionali, 150 nei tecnici e 90 nei licei, ma non abolisce la loro obbligatorietà, né il loro essere condizione per l’ammissione agli esami di Stato. I percorsi vengono invece inquadrati nel contesto più ampio dell’intera progettazione didattica, chiarendo che non possono essere considerati come un’esperienza occasionale di applicazione in contesti esterni dei saperi scolastici, ma costituiscono un aspetto fondamentale del piano di studio.

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“In tali condizioni disastrate – scrivono i sindacati – i fondi del PNRR vengono incanalati in digitalizzazione e tecnologie, necessità di secondo se non di terzo piano in confronto a quelle relative agli organici, senza i quali le scuole non possono funzionare”.

E il merito? A scuola se ne parla sempre a fatica

Come sempre, invece, poco spazio alla discussione del merito, anche nelle proteste degli insegnanti: “Se alle parole corrispondessero i fatti andrebbe bene, invece non è così. In Legge di Bilancio ci sono 125 euro in più per badanti e colf, per carità legittimo, ma non mi ritrovo soldi per la scuola” dice ANIEF, ma sembra un argomento meno interessante per il mondo della scuola.

Stona anche, con la protesta, il fatto che il mondo della scuola si opponga con forza alla formazione obbligatoria per i docenti, cosa che avviene in qualunque ambito professionale, e che dovrebbe costituire invece l’ossatura della scuola stessa.