PFAS in Italia, i rischi: come combattere l’emergenza ambientale e sanitaria. Intervista a Greenpeace

In Lombardia è allarme per l’acqua potabile contaminata dai PFAS. In questa intervista Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia ci spiega quali sono i pericoli e come contrastare l’emergenza.

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Riccardo Lozzi

Giornalista green

Giornalista esperto di tematiche legate alla Green Economy e fondatore di una startup innovativa.

Nelle scorse settimane Greenpeace Italia ha diffuso un’analisi rivelando come l’acqua della Lombardia sia contaminata da PFAS (composti poli e perfluoroalchilici). Queste sostanze nocive per la salute sono state trovate nel 19% dei campioni di acqua analizzati tra il 2018 e il 2022. Secondo il report dell’ONG ambientalista, si teme che l’inquinamento possa essere ancora più diffuso poiché le analisi sono state finora parziali e non rappresentative di tutto il territorio.

Per comprendere meglio la situazione e quali sono le misure da adottare per contrastare gli effetti potenzialmente dannosi, abbiamo approfondito la questione con Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, all’indomani della conferenza stampa che si è svolta alla Camera dei deputati.

Iniziamo dal racconto dell’iniziativa che si è svolta alla Camera dei deputati lo scorso 24 maggio. Quali sono state le impressioni e le reazioni delle forze politiche?

Certamente. Il 24 maggio molte delle associazioni e comitati italiani che hanno aderito al manifesto BAN PFAS hanno avuto l’opportunità di presentarlo alla camera durante una conferenza stampa. Tra queste organizzazioni ci sono, tra gli altri, Legambiente, ISDE – Medici per l’Ambiente, Medicina Democratica e i comitati territoriali del Veneto. È un movimento molto ampio che coinvolge non solo gli ambientalisti, ma anche altre realtà. Abbiamo invitato i capigruppo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Tuttavia, alla conferenza stampa hanno partecipato solo esponenti dell’opposizione come l’Alleanza Verdi Sinistra, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Questi si sono dichiarati favorevoli a promuovere un provvedimento per vietare l’uso di queste sostanze.

Quali sono le ragioni dell’assenza dei partiti di Governo?

Non sappiamo perché le forze di maggioranza non abbiano voluto intervenire. Abbiamo invitato tutti, ma purtroppo non hanno partecipato. Infatti, è importante sottolineare che questo provvedimento non dovrebbe essere una questione di destra, sinistra o centro, ma dovrebbe trovare un ampio consenso parlamentare. Queste sostanze sono presenti ovunque e purtroppo le nostre conoscenze sono ancora lacunose. In Veneto, ad esempio, abbiamo uno dei casi più gravi di contaminazione dell’intero territorio europeo. Queste sostanze sono state utilizzate dagli anni ’40, ma abbiamo iniziato a cercarle solo di recente. È un problema che si estende da oltre 80 anni e potrebbe essere presente in ogni angolo del globo, sia nell’acqua potabile che negli alimenti.

Quali sono le principali difficoltà che si incontrano nel contrastare la diffusione dei PFAS?

Una delle principali difficoltà è legata alla persistenza di queste sostanze. Una volta rilasciate nell’ambiente, non si degradano facilmente e richiedono temperature molto elevate che non si trovano in natura. Quindi, sono destinate a rimanere nell’ambiente per molto tempo. Non a caso gli inglesi le chiamano “Forever Chemical”, inquinanti per sempre. È necessario agire a monte, intervenendo sulla produzione stessa. Oggi abbiamo gli strumenti scientifici e tecnologici necessari, nonché valide alternative, per evitare l’uso di queste sostanze. Alcune persone e forze politiche potrebbero sostenere che al momento sono altre le emergenze, ma è importante riconoscere che la prevenzione è l’investimento migliore che possiamo fare per affrontare i problemi ambientali a lungo termine. Anche se fermassimo immediatamente la produzione di queste sostanze, infatti, esisterebbe il rischio di una loro presenza ancora per molto tempo.

Qual è la posizione riscontrata dai gestori dell’acqua su questo tema?

I gestori dell’acqua in Lombardia rappresentano un anello debole in questa catena. Essi operano secondo le direttive e le normative stabilite dalle autorità pubbliche. Attualmente non esiste una legge che regolamenti la presenza di PFAS nell’acqua di rubinetto o in quella in bottiglia. Non stiamo accusando i gestori di non rispettare la normativa, anzi, voglio sostenere il loro impegno e spezzare una lancia a loro favore. In Lombardia, i gestori si sono attivati per controllare i PFAS, nonostante l’assenza di leggi o obblighi specifici. In generale, è importante considerare il ruolo di questi operatori. È essenziale coinvolgerli nel dialogo e lavorare insieme per affrontare il problema. Alcuni gestori potrebbero essere aperti alla collaborazione e riconoscere la necessità di affrontare la questione non solo dal punto di vista tecnico, ma anche politico.

Cosa può fare la politica per agire concretamente nel contrastare questo problema?

Probabilmente, nei prossimi anni, entrerà in vigore una direttiva europea che stabilirà limiti per i PFAS. Tuttavia, secondo la nostra opinione, questi limiti potrebbero non essere sufficientemente precauzionali o aggiornati rispetto ai più recenti parametri scientifici. Il vero problema è che queste sostanze non dovrebbero essere presenti affatto. Ad esempio, la Danimarca ha adottato alcuni anni fa un valore limite per l’acqua potabile di 2 nanogrammi di queste sostanze, che è praticamente equivalente a zero. Gli Stati Uniti hanno stabilito un nuovo valore di sicurezza per una di queste migliaia di varianti del PFAS, chiamato PFOA, che dovrebbe essere di 0,004 nanogrammi per litro. Tale parametro è stato aumentato successivamente a 4 nanogrammi per renderlo misurabile da tutti i laboratori. Questo evidenzia l’assenza di un livello di sicurezza definito per queste sostanze e la necessità di adottare misure precauzionali e rigorose per tutelare la salute pubblica e l’ambiente. La politica deve assumere il suo ruolo di guida nella transizione verso un sistema industriale e produttivo più efficiente e meno impattante dal punto di vista ambientale e sanitario.

Quali sono gli effetti dei PFAS sulla salute delle persone?

Queste sostanze inquinanti sono persistenti e possono avere effetti negativi sulla salute umana, essendo potenzialmente cancerogene e interferenti endocrini. In particolare, i PFAS vanno a simulare l’effetto degli ormoni e danno un falso segnale al nostro corpo per tutte quelle funzioni che nel nostro organismo vengono mediate dagli ormoni stessi. La prevenzione è quindi fondamentale in questo contesto, e i piani di sicurezza delle acque possono svolgere un ruolo importante nel valutare le fonti di pressione o inquinamento e adottare azioni a monte. Tuttavia, è necessario un impegno politico per attuare queste misure e creare una task force interministeriale che coinvolga anche enti come il Superiore di Sanità. Inoltre, altri paesi europei hanno già intrapreso azioni per vietare l’uso di queste sostanze, ad esempio nel packaging alimentare. Ciò dimostra che esistono spazi di manovra per agire anche a livello nazionale, se vi è la volontà politica.

Allargando un po’ lo sguardo sulla lotta al cambiamento climatico, quale dovrebbe essere la strategia di una transizione ecologica sostenibile anche dal punto di vista economico?

Il cambiamento climatico è un altro problema che richiede azioni forti e misure di mitigazione. È fondamentale passare da un approccio emergenziale a uno strutturale e trovare un equilibrio tra costi e benefici. La transizione ecologica richiede una politica attiva a tutti i livelli, che si faccia carico di guidare il sistema produttivo verso una maggiore sostenibilità ambientale e sanitaria. È vero che alcune transizioni richiedono tempo e non possono avvenire da un giorno all’altro, ma se non iniziamo a lavorare seriamente su questi temi, non raggiungeremo mai i nostri obiettivi. Intanto, i costi dell’inazione sono sempre più elevati. Il Nordic Council, l’organizzazione intergovernativa comprendente Islanda, Norvegia, Finlandia e Danimarca, ha stimato che, solo in Europa, i costi dell’inazione sui PFAS oscilla tra i 52 e gli 84 miliardi di euro ogni anno. Si tratta di costi destinati ad aumentare se non prendiamo misure adeguate. È incoraggiante sapere che ci sono proposte e documenti in circolazione che offrono linee guida per affrontare questo problema. La loro diffusione può contribuire a promuovere il dialogo e l’azione politica.