L’inquinamento da plastica è ovunque, ecco dove è stata trovata

Secondo i ricercatori della University of Canterbury della Nuova Zelanda, la microplastica trovata nella regione è stata trasportata dai venti e dal mare

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Siamo abituati a pensare all’Antartide come a un luogo inaccessibile e incontaminato. Un recente studio ha però smentito tutto ciò, infatti, un recente studio condotto dai ricercatori della University of Canterbury della Nuova Zelanda ha rilevato tracce di microplastica nella neve fresca caduta in Antartide.

Lo studio della University of Canterbury

I ricercatori hanno prelevato 19 campioni di neve da diversi siti lungo la Ross Ice Shelf, la più grande piattaforma di ghiaccio dell’Antartide, e hanno trovato microplastiche in ogni singolo campione prelevato.

Come dichiarato dai ricercatori, i risultati rappresentano una serie minaccia per l’Antartico, questo perché le microplastiche sono in grado di influenzare in maniera negativa la salute generale dell’ambiente e, la loro presenza nell’aria, può potenzialmente influenzare il clima accelerando lo sciogliemtno della neve e del ghiaccio.

I risultati della ricerca

Una tecnica di analisi chimica chiamata spettroscopia infrarossa a trasformazioni di micro-Fourier è stata utilizzata per identificare il tipo di particelle di plastica presenti. Le particelle di plastica sono state osservate al microscopio per determinarne il colore, le dimensioni e la forma, informazioni osservative importantissime per lo studio successivo.

Gli scienziati hanno trovato una media di 29 particelle di microplastica per litro di neve sciolta. Questo dato è superiore alle concentrazioni marine analizzate in un precedente studio effettuato nel Mare di Ross e nel ghiaccio marino antartico

La ricerca evidenzia ancora una volta di più che l’inquinamento da plastica si trova anche nelle regioni più remote del mondo. Inoltre, dai campioni analizzati, sono emersi 13 tipi diversi di plastica. Tra questi, quello trovato in quantità più significative, è stato il PET, ovvero la plastica che è usata per produrre bottiglie e vestiti.

È stata studiata la provenienza della microplastica trovata e, secondo i ricercatori, le particelle potrebbero aver viaggiato per migliaia di chilometri, magari trasportate dai continenti più meridionali del mondo, come ad esempio la Nuova Zelanda, la Patagonia, il Cile o l’Argentina. Secondo i ricercatori le microplastiche potrebbero aver viaggiato sotto forma di polvere con il flusso dei venti o essere state trasportate dalle correnti marine ed essersi depositata sulla neve quando il fare si è infranto sulla costa antartica. Un’altra ipotesi dei ricercatori è quella che, la presenza dell’uomo in Antartide, abbia lasciato un’impronta di microplastica.

Gli effetti negativi

Le microplastiche potrebbero aggravare alcuni problemi esistenti. Il Polo Sud della Terra, già abbastanza in difficoltà dal punto di vista climatico, potrebbe ora subire ulteriori variazioni atmosferiche a causa dei minuscoli frammenti di plastica trasportati dall’aria.

I ricercatori sottolineano inoltre che le poche specie animali e vegetali che abitano l’Antartide, tra cui i pinguini, le orche e le incredibili foreste di muschio antartico, potrebbero essere soggette a crescita limitata, effetti negativi sulla riproduzione e funzioni biologiche compromesse.

Che cosa sono le microplastiche

Le microplastiche sono minuscole particelle di plastica, lunghe meno di 5 mm, che vengono create in due modi. Le microplastiche primarie sono prodotte per realizzare oggetti come le microfibre, che si trovano nei tessuti sintetici e sono anche presenti in alcuni cosmetici. Le microplastiche secondarie si formano dopo essersi staccate da prodotti di plastica più grandi, come bottiglie d’acqua, parti di automobili e imballaggi di prodotti.

Un oggetto biodegradabile come una banana si decompone naturalmente fino a dissolversi. Ma molte plastiche non si decompongono mai completamente. Con il tempo diventano sempre più piccole, ma i pezzi rimangono nell’ambiente come inquinamento per centinaia di anni, dando origine a microplastiche secondarie.

Il problema dei rifiuti di plastica

Secondo un recente studio dell’OCSE, la produzione annuale di plastica a base di combustibili fossili dovrebbe superare gli 1,2 miliardi di tonnellate entro il 2060 e i rifiuti a superare 1 miliardo di tonnellate. Secondo il rapporto, l’aumento sarà determinato dalla crescita economica e demografica; i maggiori incrementi sono previsti nelle economie emergenti dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia.

Secondo l’OCSE, anche con misure più restrittive per ridurre la domanda e migliorare l’efficienza, la produzione di plastica è destinata a raddoppiare in meno di 40 anni. Tuttavia, politiche coordinate a livello globale, potrebbero aumentare enormemente la quota di rifiuti plastici riciclati e nel prossimo futuro si potrebbe arrivare a una percentuale compresa tra il 12 e il 40%.

È stato stimato che ogni anno l’inquinamento da plastica causa la morte di oltre un milione di uccelli marini e di oltre 100.000 mammiferi che abitano nei mari e negli oceani. Inoltre, recenti studi hanno evidenziato tracce di microplastica anche nel sangue e nella profondità dei polmoni delle persone.

L’inquinamento della plastica è un problema che riguarda tutti gli esseri viventi della Terra e ogni regione del mondo, anche quelle più remote come l’Antartide. Per questo, all’inizio del 2022, le Nazioni Unite hanno avviato un processo per sviluppare un trattato vincolante a livello internazionale per limitare l’inquinamento da plastica.