Alleanza Antispreco: il progetto di Eco dalle Città per combattere la povertà e lo spreco alimentare a Milano

Abbiamo intervistato Luigi Vendola, giornalista ambientale e coordinatore responsabile delle attività di recupero di Eco dalle Città, capofila dell'iniziativa

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Oggi a Milano, presso Palazzo Marino, in occasione della Giornata nazionale di prevenzione contro lo spreco alimentare, sono state presentate le nuove iniziative di Food Policy che hanno l’obiettivo di potenziare i punti di raccolta e coinvolgere i mercati della città per contrastare la povertà alimentare e lo spreco. Abbiamo chiesto a Luigi Vendola, giornalista ambientale e coordinatore responsabile delle attività di recupero, di raccontarci uno dei progetti che ha vinto il bando della Food Policy di Milano.

Vendola, lei fa parte dell’Associazione Eco dalle Città, che è capofila di uno dei progetti che partiranno a Milano. Ci racconti in cosa consiste il progetto?

Il progetto si chiama Alleanza Antispreco e per l’appunto riunisce tutti i principali soggetti che a Milano si occupano di contrastare lo spreco alimentare. La partnership comprende il Banco Alimentare della Lombardia, Comunità Nuova, Caritas Ambrosiana, Recup, Fondazione Arché e poi ci sarà Magma che con So. De ci aiuterà ad decarbonizzare una parte della logistica per la distribuzione delle eccedenze attraverso le sue cargo bike. Si è scelto di concentrarsi sui prodotti ortofrutticoli perché più importanti dal punto di vista nutrizionale e di più veloce deperimento. In estrema sintesi il progetto si occuperà di recuperare le eccedenze alimentari nei mercati milanesi e all’interno dell’Ortomercato gestito da Sogemi. I prodotti una volta recuperati verranno distribuiti direttamente ai cittadini in difficoltà nei mercati mentre quelli salvati all’Ortomercato andranno agli enti del terzo settore (e non) che si occupano di contrastare la povertà alimentare.

È la prima volta che vi cimentate nel recupero delle eccedenze alimentari?

Fortunatamente no. La nostre esperienza è quasi decennale e si concentra specialmente sull’ortofrutta andando a intercettare gli sprechi su tutta la filiera, dal campo fino alla bancarella nei mercati. Con gli anni siamo riusciti a fare in modo che i nostri progetti potessero essere replicati in altre città italiane come Milano, Roma e Livorno e contemporaneamente abbiamo posto le base per il coordinamento a livello nazionale di tutte le esperienze di recupero delle eccedenze alimentare con Food Pride. Inoltre grazie alla partecipazione alla COP25 di Madrid, la nostra esperienza è stata d’ispirazione per l’avvio di progetti in giro per il mondo. A dare maggior risalto alle attività di recupero è stato il Covid, in quanto in un momento di emergenza e per la prima volta le istituzioni, a vario livello, si sono rese conto dell’importanza di non disperdere derrate alimentari importanti per i cittadini.

Da dove nasce questa passione nel salvare il cibo?

Eco dalle Città è una associazione che da più di vent’anni fa attivismo e sensibilizza i cittadini sul come mettere in pratica le buone pratiche che favoriscono la riduzione dei rifiuti. Dal 2015 anno dell’Expo il focus delle attività si è spostato sul cibo e quindi su come ridurne lo spreco e allo stesso tempo valorizzarlo. Siamo partiti da Torino nel 2016 con il progetto RePoPP (sostenuto nel tempo dalla Città di Torino, Novamont, Amiat Gruppo Iren, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT) all’interno del mercato più grande d’Europa, quello di Porta Palazzo. Un progetto che si basa su tre pilasti. Il primo è la riduzione dello spreco che noi chiamiamo eccedenze alimentari, con attività di recupero e ridistribuzione di queste eccedenze a chi a fine mercato fruga tra i rifiuti per cercare cibo ancora buono. Il secondo pilastro è il miglioramento della raccolta differenziata dell’area mercatale e per ultimo l’integrazione, attraverso il lavoro, di tutti quei cittadini stranieri migranti e richiedenti asilo che arrivano in città alla ricerca di una vita dignitosa.

Dopo otto ani di attività quali sono i risultati?

Partiamo dalla parte più facile, la raccolta differenziata. In questi otto anni siamo passati da uno scarso 40% a uno stabile 80%. Dati importanti se si considera che la raccolta differenziata cittadina è al 55%. Mentre sul fronte del recupero, solo lo scorso anno, sono state recuperate e ridistribuite poco più di 70 tonnellate di frutta, verdura e pane che senza il nostro intervento sarebbero finite nel cassonetto. Cibo tutto buono, forse un po’ ammaccato ma che dal punto di vista nutrizionale non ha nulla da invidiare a quello esposto sui banchi del mercato. Una quantità di cibo che ogni mese alimenta più di 1000 cittadini in difficoltà. Ma il vero successo, a mio avviso, è che negli anni il progetto con modalità differenti si è esteso a quasi tutti i mercati della città. A dare impulso a questa estensione delle attività è stato il Covid, in quanto l’amministrazione cittadina si è trovata in pochissimo tempo, parliamo di gironi, a dover inventare da zero un sistema di sostegno alimentare a poco meno di 30mila cittadini, individuando nel nostro progetto e nella sua facile replicabilità un aiuto concreto e immediato. Così da un mercato siamo passati a sette e poi fino a 20. Questo significa che oggi Torino può vantare un servizio quotidiano di distribuzione di alimenti gratuiti e quotidiani nei mercati perché, e questa è una particolarità tutta torinese, i mercati rionali non sono settimanali ma giornalieri. In totale il progetto nello scorso anno ha redistribuito quasi 160 tonnellate di frutta, verdura e pane a più di 2000 persone in difficoltà.

E non finisce qui. Perché parallelamente è attivo un altro progetto di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari che si chiama Carovana Salvacibo e punta a ridurre gli sprechi all’interno del CAAT (Centro Agro Alimentare Torinese) dove intercettiamo le eccedenze prodotte dai grossisti e le portiamo ai principali enti del terzo settore cittadino che si occupano di contrastare la povertà alimentare. Nel 2023 sono state 130 le tonnellate di ortofrutta recuperate e che sono finite nelle tavole di oltre 3000 cittadini in difficoltà.

La vostra azione si esaurisce nel solo recupero?

Certamente no. Nella città di Torino proviamo a fare di più a mettere in campo pratiche di economia circolare dal basso attraverso il cibo che recuperiamo. Insomma lo trasformiamo in qualcosa di diverso, lo trasformiamo in nuovi prodotti. Un progetto è inserito all’interno del Mercato Centrale dove una brigata di cucina composta da migranti e richiedenti asilo trasforma una parte del cibo recuperato nel mercato di Porta Palazzo in pasti, circa 300 a settimana, che vengono distribuiti ai dormitori e senza fissa dimora della città. Un secondo progetto, grazie alle Officine Ozanam, trasforma una parte del recupero proveniente dal CAAT in marmellate e conserve atte alla commercializzazione. E infine gli scarti provenienti dalla selezione dell’ortofrutta che recuperiamo finisce, grazie a ReteOng, negli orti urbani di Torino per trasformarsi in compost. Insomma quello che prima finiva nel cassonetto oggi viene trasformato generando un nuovo valore, anche economico.