Cambia volto ancora prima di nascere il concordato preventivo biennale: non ci sarà il voto minimo di affidabilità fiscale. Saranno, inoltre, allentate le tempistiche per potervi aderire. Sostanzialmente queste due voci costituiscono le proposte più importanti che sono state elaborate all’interno della Commissione Finanze al Senato proprio su questo nuovo istituto. Al momento circola anche l’ipotesi di introdurre una forbice di flessibilità del 10% sull’imponibile, che viene concordato direttamente con l’Agenzia delle Entrate.
Ricordiamo che una delle novità introdotte dalla Legge n. 111/2023, meglio nota come Legge Delega di Riforma Fiscale, è quella relativa al concordato preventivo biennale. Il nuovo istituto nasce dall’esigenza di modificare i meccanismi ordinari sui quali vengono regolati i rapporti tra il fisco ed i contribuenti.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso il concordato preventivo biennale, sostanzialmente propone al contribuente un’ipotesi di reddito per due anni. Nel caso in cui la proposta venga considerata plausibile, può essere accettata. In questo modo le imposte verranno calcolate e versate basandosi sull’imponibile concordato, indipendentemente dal fatto che i ricavi previsti siano stati realizzati o meno.
Ma cerchiamo di entrare nel dettaglio e scopriamo cosa è previsto e quali modifiche saranno introdotte.
Indice
Come funziona il concordato preventivo
Alla base del concordato preventivo biennale c’è un accordo tra l’Agenzia delle Entrate e il singolo contribuente. Gli uffici tributari fissano un imponibile presuntivo per i successivi due anni. In questo modo si va a bloccare, per un biennio, il carico fiscale che pesa sulle spalle del soggetto in questione.
L’accordo sottoscritto con l’amministrazione finanziaria coinvolge unicamente l’Irpef. Altro discorso, invece, per l’Iva che dovrà essere versata rispettando le regole ordinarie. Spetterà direttamente all’Agenzia delle Entrate effettuare la proposta al contribuente, che ha diritto di accettare o meno quanto gli viene offerto.
Nel caso in cui dovesse rispondere positivamente, l’imponibile viene fissato per due anni e su questo importo vengono calcolate le tasse. Qualora dovesse guadagnare di più il contribuente ne trarrebbe un vantaggio fiscale; se invece il fatturato dovesse calare pagherà più tasse di quanto realmente dovuto. Una volta terminato il periodo, l’AdE provvede a formulare una nuova ipotesi di concordato preventivo.
L’istituto può coinvolgere anche le partite Iva in regime forfettario. Quanti voglio accedere a questo strumento, comunque vada, devono aver presentato almeno le ultime tre dichiarazioni dei redditi. Ma soprattutto, negli ultimi tre periodi d’imposta non deve avere delle condanne per reati fiscali.
Estensione dei potenziali beneficiari
Il concordato preventivo biennale, almeno stando alla formulazione prevista in questo momento dalla delega fiscale, coinvolge unicamente i titolari di partita Iva. Questi soggetti devono avere un Isa – ossia l’indice di affidabilità fiscale – superiore ad 8. La Commissione del Senato ha proposto di eliminare questo vincolo. L’ipotesi è quella di estendere l’istituto a tutti i contribuenti che siano titolari di una partita Iva.
Ma non solo. Un’ulteriore modifica prevede che i tempi per dare una risposta siano meno stringenti. Il contribuente, infatti, in via ordinaria avrebbe tempo per decidere se aderire o meno al concordato preventivo entro la fine di giugno. Quest’anno (il 2024) che è il primo in cui l’istituto viene applicato, la scadenza per dare la risposta è stata spostata al 31 luglio 2024.
Tempi troppo stretti
Tempi troppo stretti per poter prendere una decisione consapevole. Il contribuente, infatti, deve inviare all’Agenzia delle Entrate i dati utili per elaborare la proposta entro e non oltre il 21 luglio. L’ipotesi di concordato arriverà entro cinque giorni.
Chi dovesse disbrigare tutti gli adempimenti necessari per accedere al concordato preventivo all’ultimo momento, avrebbe un arco di cinque giorni per poter scegliere: tra il 26 ed il 31 luglio. Ad avanzare alcune perplessità su questo calendario sono i commercialisti, che hanno proposto come scadenza per poter aderire il 15 ottobre 2024. Adesso è necessario capire quale possa essere la proposta del Parlamento.
In una memoria presentata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, proprio sul termine previsto dal governo per aderire al concordato preventivo si fa notare che
considerato che si tratta del primo anno di applicazione del nuovo istituto e che i programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per elaborare e determinare le proposte di concordato, alla luce anche dell’ancora non intervenuta approvazione dello schema di decreto in esame, saranno probabilmente messi a disposizione degli studi professionali non prima – nella più rosea della previsioni – del mese di maggio 2024 inoltrato.
La forbice sull’imponibile concordato
Circola, inoltre, l’ipotesi di introdurre una margine di flessibilità sull’imponibile da concordare, in modo da evitare che il concordato preventivo diventi una minimum tax decisa dall’Agenzia delle Entrate. Massimo Garavaglia (Lega), presidente della commissione Finanze del Senato, spiega che si tratta di
una proposta razionale perché una forbice del 10% serve a evitare di introdurre di fatto una minimum tax decisa dall’Agenzia.
Secondo Garavaglia questa si tratterebbe di una forbice propedeutica alla possibilità di andare a prendere in considerazione i dati Isa, che si riferiscono al periodo d’imposta 2022. E che, soprattutto, potrebbe servire a favorire l’accesso al concordato preventivo biennale. Purtroppo su questo nuovo istituto al momento non mancano le criticità e, per poterlo utilizzare da quest’anno per la prima volta, è stato necessario rimandare i termini di almeno trenta giorni, in modo da ampliare il tempo messo a disposizione dei contribuenti per decidere di aderire o meno.
In sintesi
Primo pit stop per il concordato preventivo biennale. Il nuovo istituto necessita, infatti, di alcuni aggiustamenti e revisioni per renderlo più equo e soprattutto per permettere ai contribuenti di aderirvi con più calma. Tra i cambiamenti all’orizzonte, c’è allargamento della platea dei potenziali beneficiari, togliendo il requisito degli indici Isa.
Ma non solo: potrebbe essere introdotta una flessibilità – pari al 10% – sull’imponibile che verrebbe concordato tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate.