Agenzia delle Entrate condannata: cosa faceva con Google Maps

Google Maps ha messo nei guai l'Agenzia delle Entrate: il caso è finito in tribunale e farà giurisprudenza

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Due sentenze di marzo e aprile 2023 avranno nette e immediate conseguenze sull’operato dell’Agenzia delle Entrate, condannata dopo comportamento messo in atto, reputato non legittimo. Analizziamo però con calma la situazione e proviamo a spiegare nel dettaglio cosa centri Google Maps in questa vicenda.

Agenzia delle Entrate: stop Google Maps

La Corte di giustizia tributaria di Lecce ha condannato l’Agenzia delle Entrate, evidenziando i cittadini non siano i soli a commettere errori ed essere destinati a pagare per questi. Il problema di fondo è dato dall’applicazione di una condotta non consona, volta a sfruttare la tecnologia di Google per sostituire l’operato umano e certificato.

Nello specifico è stata dimostrata l’irregolarità di alcuni rilievi effettuati unicamente sfruttando le immagini fornite da Google Maps. Tutto ciò ha portato a una modifica della categoria catastale, senza effettuare i dovuti sopralluoghi. Una manovra tradotta in un netto aumento delle imposte da pagare. Quando però questo processo è stato messo in pratica in maniera del tutto virtuale, si sono aperte le porte per un’accesa discussione in tribunale, che ha infine dato ragione ai contribuenti.

La condanna al Fisco: cosa cambia

Scendiamo nel dettaglio e analizziamo quelli che sono i fatti in oggetto. L’Agenzia delle Entrate ha deciso di modificare la categoria catastale di un immobile basandosi unicamente su rilievi avvenuti al computer, senza lasciare l’ufficio. Le immagini digitali sono state reputate bastevoli per prendere una decisione adeguata.

In questo modo l’abitazione in questione è passata dalla categoria catastale A/3 ad A/7, definendola in pratica un villino. Differenza consistente, se si tiene conto del fatto che con A/3 si indicano le abitazioni di tipo economico, che vantano finiture non particolarmente curate. Ciò lascia intendere come il valore patrimoniale sia ben al di sotto di quello di un villino, così come inferiore sarà la rendita catastale prevista.

Ma cos’è stato a far scattare la modifica di categoria da parte del Fisco? Le abitazioni A/7 devono vantare finiture ben curate, cortili e giardini. In questo caso è stata osservata attraverso Google Maps la presenza di un terreno posto di fianco al fabbricato.

Lo strumento digitale è molto utile nell’individuare eventuali irregolarità ma, in ogni caso, dev’essere affiancato da una verifica effettuata in prima persona. Tutto ciò non è avvenuto nel caso della Direzione provinciale di Lecce, che non ha inviato dipendenti in loco, notificando semplicemente l’avviso di accertamento, comunicando il cambio di categoria catastale, con conseguente rendita più elevata.

La Corte di giustizia tributaria di Lecce ha dato ragione al proprietario, che ha facilmente dimostrato l’inesistenza del fantomatico giardino, così come la mediocrità delle finiture dell’immobile. Nella sentenza si condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese, obbligando alla riattribuzione della precedente categoria A/3.

Non è la prima volta che accade qualcosa del genere e, come detto, sono due le sentenze che si sono espresse su materie simili. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria ha dato ragione ai proprietari nel caso di un vano accessorio di un albergo, apparentemente rientrante nelle categorie speciale D ed E. Anche in questo caso la rendita è stata maggiorata solo grazie all’ausilio di Google Maps. Dopo il primo grado in favore del Fisco, il secondo ha accolto le ragioni del contribuente: le nuove tecnologie non sono vietate ma devono essere sostenute da sopralluoghi in loco.