Residenza fiscale all’estero e famiglia in Italia, come funziona

La residenza fiscale all'estero e la famiglia in Italia sono compatibili? Dove si devono pagare le tasse in questo caso?

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quali sono le regole da rispettare per trasferire la residenza fiscale all’estero, mentre la famiglia rimane in Italia? Quali sono le regole da rispettare e da seguire per rispettare la normativa italiana e quella internazionale?

Sono molti i lavoratori che hanno dovuto prendere una residenza fiscale all’ester0. La famiglia invece è rimasta in Italia, perché i figli dovevano andare a scuola o per via dei genitori anziani da seguire. Il trasferimento all’estero è un problema che accomuna sempre più persone: il livello di pressione fiscale che l’Italia ha raggiunto ha portato molti professionisti a riflettere sulla convenienza o meno di trasferirsi all’estero.

È necessario, però, prima di prendere il primo aereo informarsi e conoscere la normativa di riferimento, in modo da effettuare una scelta consapevole e ben ponderata. In alcuni casi, addirittura, sarebbe opportuno affidarsi a dei professionisti che siano in grado di indirizzare negli adempimenti ad assolvere e che spiegassero le regole da rispettare. Ma vediamo nel dettaglio cosa è necessario fare per non sbagliare.

Residenza fiscale all’estero, problematiche principali

Trasferire la residenza fiscale all’estero non deve essere effettuato con leggerezza. Il rischio di scontrarsi con degli inconvenienti di natura fiscale è notevole, anche quando non si hanno intenzioni dolose. Chi lavora all’estero, nella maggior parte dei casi, ritiene di non avere alcun obbligo fiscale nei confronti del nostro Paese. In realtà la questione non è così semplice.

La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, nel corso degli ultimi anni, hanno aumentato la vigilanza sui soggetti che tentano, in maniera fittizia, di trasferire la propria residenza fiscale all’estero. Sono situazioni a volte palesi, perché non ci si ritrova davanti ad un radicale cambiamento di vita: lo scopo di questi contribuenti è solo quello di sottrarre dei redditi alla tassazione italiana.

Questo è il motivo per il quale questa operazione deve essere fatta con la massima cura e precisione. Nulla deve essere lasciato al caso.

La residenza fiscale

Cos’è la residenza fiscale? Per evitare delle possibili contestazioni da parte del fisco italiano è necessario approfondire questo aspetto. Vengono considerati come residenti in Italia, ai fini delle imposte sui redditi, le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni su 365, che salgono a 184 giorni negli anni bisestili composti da 366 giorni) anche non continuamente, vedono verificarsi le seguenti condizioni:

  • sono iscritti all’anagrafe della popolazione residente;
  • hanno il proprio domicilio in Italia;
  • hanno la propria residenza nel nostro paese.

Quando si viene a verificare anche una sola delle condizioni che abbiamo appena elencato, si ritiene che il contribuente abbia la propria residenza fiscale in Italia. E che quindi nel nostro paese debbano anche pagare le imposte.

Il trasferimento

Nel momento in cui il contribuente ha intenzione di trasferire la residenza fiscale all’estero, il primo passo che deve effettuare per avvalorare la propria posizione è provvedere con la cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente. Questo adempimento avviene nel momento in cui il diretto interessato si iscrive all’Anagrafe Italiana Residenti all’Estero (AIRE). Questo è un adempimento necessario, anche se da solo non è sufficiente, per far valere il trasferimento della residenza fiscale all’estero. Al dato formale, costituito dall’iscrizione, deve corrispondere una situazione di fatto accertata: si devono affievolire i legami con l’Italia e il soggetto si deve radicare all’estero.

Possiamo quindi affermare che l’iscrizione all’Aire costituisce unicamente il punto di partenza. Ricordiamo, comunque, che l’iscrizione all’Aire è un diritto e dovere del cittadino. Ma soprattutto costituisce il presupposto per poter usufruire di una serie di servizi forniti dalle rappresentanze consolari all’estero. Oltre che per esercitare alcuni diritti.

Aire: chi non si deve iscrivere

Non dovranno iscriversi all’Aire i seguenti soggetti:

  • quanti si recano all’estero per un periodo di tempo inferiore ad un anno;
  • i lavoratori stagionali;
  • i dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all’estero. Questo ai sensi delle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari rispettivamente del 1961 e del 1963;
  • i militari italiani in servizio presso gli Uffici e le strutture della NATO dislocate all’estero.

Una condizione formale ma non sufficiente

La registrazione all’Aire, da sola, non è sufficiente ad escludere la residenza fiscale in Italia. La circostanza più importante da appurare è che in Italia ci sia o meno il domicilio: come domicilio si intende la sede principale degli affari e degli interessi, oltre che delle proprie relazioni personali.

La nozione di affari ed interessi dev’essere intesa in senso ampio, ossia deve riguardare la generalità dei rapporti del soggetto comprendendo anche gli interessi di carattere familiare, sociale e morale e non solo quelli di carattere patrimoniale. Ove tale individuazione sia impossibile, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali; ciò comporta se un contribuente ha legami familiari in Italia, anche con iscrizione all’Aire, questi sono elementi idonei ad individuare il domicilio in Italia per attrazione e, di conseguenza, tutti i redditi ovunque prodotti dal contribuente, iscritto all’Aire, saranno soggetti a tassazione in Italia sulla base del principio di tassazione del principio mondiale.

In estrema sintesi, il contribuente che si sia cancellato dall’Anagrafe della Popolazione residente e si sia iscritto all’Aire ha fatto un passo molto importante e necessario, ma che non costituisce un elemento per escludere il domicilio o la residenza nello Stato. La residenza fiscale in Italia può essere desunta con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.

È importante, comunque, ricordare che il trasferimento della residenza fiscale all’estero non viene rilevata fino a quando non si effettua la cancellazione dall’anagrafe di un comune italiano. Infatti, il soggetto che ha stabilito la propria dimora abituale all’estero senza aver provveduto, anche per mera dimenticanza, alla cancellazione dall’Anagrafe dei residenti, è considerato per presunzione assoluta residente nel nostro Paese.